Da quando la trilogia di Hunger Games ha cominciato ad entrare nel radar del grande pubblico, molti appassionati hanno urlato al plagio. L’idea di base dei romanzi di Suzanne Collins è quella di un futuro nel quale un governo autoritario organizza ogni anno un inquietante “torneo” che vede un gruppo di adolescenti impegnati in una lotta per la morte in un’arena piena di trappole, armi e ostacoli.

Una premessa che ricorda con forza la trama di Battle Royale, romanzo del 1999 scritto dal giapponese Koushun Takami, e portato al cinema nel 2000 da Kinji Fukasaku, in un film molto popolare e controverso, uno dei maggiori successi della storia del cinema nipponico. Negli ultimi mesi, grazie all’arrivo al cinema dell’ottimo adattamento adattamento del primo libro della serie Hunger Games, a cura di Gary Ross, la polemica sulle similarità delle due opere è esplosa, coinvolgendo molti siti, anche nostrani. Ma i due racconti, per quanto condividano un’idea importante, sono radicalmente diversi, ed esplorano idee altrettanto interessanti.

Nota: questo articolo non contiene grossi spoiler per nessuna delle due opere. E l’autore crede che entrambe meritino di essere viste (o lette). Ma nel caso vogliate evitare qualunque tipo di anticipazione, è meglio leggere questo articolo dopo aver letto/visto le opere in questione.

Sia Hunger Games che Battle Royale sono fortemente influenzati da una tradizione molto lunga di storie che si concentrano su un governo dispotico che sopprime i suoi cittadini con mezzi sadici e contorti. Da Logan’s Run a The Long Walk passando per The Running Man, questo “genere” ha una storia lunga.

La trilogia della Collins è in tutto e per tutto parte di questa tradizione: la sua storia si concentra sul governo di Panem, uno stato repressivo, elitario e chiuso, e i suoi cittadini. Quello degli Hunger Games è un mezzo per dare il senso della forza brutale di un governo senza molti scrupoli, e della capacità dei cittadini di guardare l’orrore senza fare nulla, anestetizzati dall’abitudine. Ma i giochi sono solo una parte del romanzo della Collins, e non la più importante. Sono piuttosto un “gancio” narrativo per scoprire un mondo più ampio e complesso.

In Battle Royale, invece, quasi tutta la narrativa prende luogo all’interno della competizione da cui l’opera prende il suo titolo. Sappiamo pochissimo del mondo che esiste fuori dall’isola dove gli adolescenti si massacrano, le motivazioni date dall’insegnante che coordina la competizione (Takeshi Kitano) sono assurde e infantili. Per quanto sia stata descritta da molti come una satira della società giapponese e del suo sistema scolastico, Battle Royale sembra relativamente poco interessato ad esplorare la politica della situazione che racconta.

Battle Royale è piuttosto la versione moderna del Signore delle Mosche. Come nel classico di Golding, il nostro interesse va soprattutto alla curiosità e all’orrore di vedere dei giovani alle prese con decisioni agghiaccianti: l’isola diventa un esperimento sociale dove vediamo il meglio e il peggio della nostra specie. Battle Royale si distingue dal suo predecessore soprattutto per l’uso che fa del personaggio di Kitano, e dell’influenza degli adulti in generale. Il racconto sembra una riflessione sulla difficoltà di diventare adulti, e di come il fallimento del raggiungere questo obiettivo porti ad un enorme risentimento verso i giovani. Un tema sempre presente nella storia dell’umanità, particolarmente importante oggi, anche nel nostro paese per vecchi.

Battle Royale racconta questa storia con una brutalità assoluta, che provoca dolore fisico. È un film difficile da guardare, soprattutto nei primi, terribili momenti in cui vediamo gli studenti alle prese con la trappola mortale in cui sono caduti. Il fatto che funzioni sino alla fine è prova della straordinaria qualità della regia, che riesce a bilanciare la violenza con uno straordinario lirismo nelle immagini e nei temi.

L’autore stesso ha ammesso che è una fiaba moderna. Molti hanno visto The Hunger Games come una versione “per bambini” di Battle Royale, vista l’assenza di violenza esplicita su schermo. Questo è un giudizio miope e distratto. L’obiettivo della trilogia della Collins è molto diverso da quello di Battle Royale: la lotta nell’arena è una metafora di una società in cui i media plasmano la realtà e la deformano, e una parte dei cittadini, quella che prevale, ha capito come giocare questo gioco.

La competizione di Battle Royale avviene lontana dagli occhi del grande pubblico. Gli Hunger Games sono in diretta nazionale, è vista da tutti. In Battle Royale la sopravvivenza è assicurata solo dalla brutalità e dalla bravura dei contendenti. In The Hunger Games dipende soprattutto dalla capacità di piacere al pubblico a casa. E metà del racconto è dedicato a questo meccanismo, al modo in cui un governo può tenere sotto scacco una popolazione con un misto di repressione e spettacolo, il Panem et Circensem che dà il nome all’universo della serie. La Collins ha scritto una storia che punta a raccontare questa realtà ad un pubblico più ampio possibile. Ha ambizioni pedagogiche simili a quelle di Battle Royale, ma adattate ad una diversa cultura. Mano a mano che la trilogia si avvicina alla conclusione, è sempre più chiaro che The Hunger Games è una storia di dimensioni molto diverse da quelle di Battle Royale.

The Hunger Games è un buon film, e per chi ha letto i libri, è potenzialmente il primo tassello di una trilogia di straordinario potenziale, già ottima nella sua versione letteraria. Battle Royale è un capolavoro, uno dei migliori film dello scorso decennio. Entrambi meritano di essere visti con attenzione, entrambi hanno molto da dire, qualcosa in comune, e molte cose diverse.

Per concludere, merita sottolineare che paradossalmente, per quanto Battle Royale sia molto più violento di The Hunger Games, tra i due è anche quello con la conclusione più solare. Entrambe le opere hanno finali che si possono interpretare in più modi, ma mentre Battle Royale apre ad un messaggio vitale e aperto, la conclusione della trilogia della Collins è uno dei finali più cupi della storia della narrativa per giovani. Molti fan di Katniss si sono lamentati di un finale tutto tranne che consolatorio o solare. Se i film riusciranno a mantenere lo stesso tono dei libri (risultato raggiunto con successo nel caso del primo capitolo), le sale di tutto il mondo potrebbero ospitare una delle più intelligenti ed agghiaccianti metafore del potere che siano state raccontate in decenni.



Players è un progetto gratuito.

Se ti piace quello che facciamo, puoi supportarci (o offrirci una birra) comprando musica, giochi, libri e film tramite i link Amazon che trovi negli articoli, senza nessun costo aggiuntivo.

Grazie!
, , , , ,
Emilio Bellu

Scrittore, cineasta, giornalista, fotografo, musicista e organizzatore di cose. In pratica è come Prince, solo leggermente più alto e sardo. Al momento è di base a Praga, Repubblica Ceca, tra le altre cose perché gli piace l'Europa.

Similar Posts
Latest Posts from Players