Tutte liste sono incomplete e variano in base ai criteri utilizzati, e la presente non fa eccezione. In questo caso ho tentato di creare una lista di dieci lungometraggi d’animazione che sono considerati per vari motivi classici, evitando però al tempo stesso i nomi più celebri presso il grande pubblico occidentale. Le opere sono in ogni caso quasi tutte europee, vista purtroppo l’impossibilità di reperire facilmente alcune pellicole e la preferenza di molti autori internazionali per i cortometraggi. Ma quest’ultimi li teniamo per un’altra occasione…

Le Avventure del Principe Achmed, 1926, Lotte Reiniger
Die Abenteuer des Prinzen Achmed non è solo il primo lungometraggio d’animazione tuttora esistente, ma è anche e soprattutto uno degli esponenti del genere più straordinari che siano mai stati creati. Ci sono voluti infatti tre lunghi anni per realizzare i 96.000 fotogrammi che compongono il lavoro di Lottle Reinger. Il risultato e’ un piccolo teatro di marionette di carta, le cui intricate movenze e metamorfosi rievocano un oriente simbolico e misterioso.

Il Romanzo di Renart, 1930, Wladyslaw Starewicz
Le Roman de Renard, uno dei primissimi lungometraggi in stop-motion, narra dei tentativi sempre più singolari delle autorità di fermare i crudeli raggiri di una furbissima volpe. L’archetipo dell’imbroglione permette al regista Starewicz di raffigurare un medioevo estremamente grottesco, dove le relazioni sociali vengono rappresentate da animali  che cercano di ingannarsi e di divorarsi a vicenda, tanto da obbligare il Re, in una sequenza particolarmente ironica del film, a far diventare i propri sudditi vegetariani.

La Regina delle Nevi, 1957, Lev Atamanov
Kay e Gerda sono due amici inseparabili. Un giorno però uno dei ragazzini provoca l’ira delle regina delle nevi, la quale rapisce Kay. Gerda si mette cosi in viaggio per salvarlo. La semplicità con cui Lev Atamanov adatta l’omonima favola di Andersen è ben lontana dalla ricercatezza drammatica dei classici Disney: Il regista russo preferisce invece concentrarsi nel riprodurre visivamente la spietata maestosità dell’inverno siberiano, narrare piccole parabole sulla libertà che riflettono la storia principale, ritrarre metaforicamente, tramite la conoscenza e il viaggio, il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta.

Sogno di una Notte di Mezza Estate, 1959, Jiri Trnka
Sen noci svatojanske è probabilmente la commedia più fantastica che sia mai stata scritta dal Bardo, in quanto essa ha luogo quasi interamente in una foresta incantata ed esseri soprannaturali influenzano continuamente le azioni dei personaggi. Ma nell’adattamento in stop-motion di Jiri Trnka l’immaginazione ha una ruolo ancora maggiore; eliminati completamente i dialoghi e sostituitoli con una voce narrante, l’autore cecoslovacco realizza scenografie dalla straordinaria complessità, all’interno delle quali, con gestualità tra il balletto e la pantomina, si muovono marionette dai costumi riccamente lavorati.

Monkey King: Uproar in Heaven, 1965, Wan Laiming
Da nao tian ong, uscito in due parti nel 1962 e nel 1965, è un film tratto dai primissimi capitoli di Avventura Verso il West, uno dei lavori chiave della letteratura cinese. Il protagonista, il Re delle scimmie, è un essere semplice, interessato unicamente al suo piccolo e idilliaco regno. Tuttavia la sua insofferenza verso l’autorità spinge gli dei a dargli un incarico in paradiso, nella speranza che cosi l’ordine possa essere ristabilito. Inutile aggiungere che tali accorgimenti porteranno solamente al caos generale. Oltre ad essere una stupefacente riproduzione animata delle figure al centro della mitologia cinese, The Monkey King può essere letto come una satira della rigida organizzazione sociale non solo della Cina antica ma anche di quella moderna, considerato che il lungometraggio è stato ideato in epoca maoista.

La Grande Avventura del Piccolo Principe Valiant, 1968, Isao Takahata
Taiyo no Oji – Horusu no Daibouken è il primo lungometraggio animato diretto da Isao Takahata, fondatore, per chi non lo sapesse, dello Studio Ghibli insieme a Miyazaki. E non e’ certamente difficile intravedere in quest’opera i prodromi dei futuri capolavori dell’autore nipponico. Oltre ad un caratteristico senso dell’avventura, abbiamo infatti una storia che enfatizza maggiormente la cultura locale rispetto allo scontro tra i due antagonisti. Quest’ultimi risultano anzi messi in ombra rispetto ai dilemmi morali di Hilda, vera protagonista  del film e antenata ideale delle classiche eroine Miyazakiane.

The Tragedy of Belladonna, 1973, Eiichi Yamamoto
Kanashimi no Belladonna e’ un anime sperimentale che riassume bene i primi anni settanta in Giappone, un periodo fortemente turbolento dal punto di vista ideologico e creativo. La sottile vicenda del film mette insieme il mito del Faust, Il destino di Giovanna D’arco e  le cacce alle streghe medievali  per denunciare la condizione sociale  della donna nella storia, seppure la vera ragion d’essere del film sia la propria inusuale estetica, inspirata in egual misura alla visione perversa della sessualità e della violenza dei pittori Art Noveau più estremi e all’elegante staticità del simbolismo europeo di fine ottocento. Senza dimenticare naturalmente l’immancabile colonna sonora pop anni sessanta.

L’apprendista stregone, 1978, Karel Zeman
Karen Zeman è stato uno dei maestri cecoslovacchi dell’animazione, celebre soprattutto per i suoi adattamenti di Giulio Verne che sovrapponevano mirabolanti disegni e trucchi scenici artigianali a pellicole con attori veri. Ciononostante nella sua semplicità folcloristica l’opera migliore del regista rimane  forse il qui presente Krabat. Ciclico e onirico nella forma, come i migliori esempi di narrativa popolare inizia con il descrivere una situazione reale, in questo caso la dura esistenza quotidiana nelle campagne del diciassettesimo secolo, per poi trasfigurarla in una lotta spietata  contro un mago che incarna l’eternità stessa del potere, visto che per i suoi apprendisti è impossibile ereditarne il posto.

Il Re e l’Uccello, 1980, Paul Grimault
Un re estremamente vanesio e malvagio vive nel maniero soddisfando quotidianamente i suoi assurdi capricci. Un giorno però magicamente un quadro inspirato a una favola di Andersen prende vita e ne escono un pastorello e una pastorella, con quest’ultima che diventa subito oggetto del desiderio da parte del re. Alla base del lungometraggio c’e una satira della monarchia tipicamente francese, ma i veri bersagli del film sembrano essere la debordante estetizzazione e meccanizzazione dell’eccentrico mondo dove è ambientata la storia, da esorcizzare con la dimensione umana e idilliaca dei semplici personaggi di Andersen.

Heroic Times, 1983, Jozsef Gemes
Dalias Idok, tratto da una trilogia di poemi ungheresi, è un lungometraggio d’animazione che racconta le gesta del cavaliere Miklos Toldi. Considerata l’altissima qualità che contraddistingue l’opera di Gemes, sia da un punto di vista meramente tecnico, essendo interamente composto da quadri ad olio dipinti su lastre di vetro, che narrativo, in quanto la tragica vicenda narrata possiede il medesimo respiro epico della migliore troubadorica medievale, si può facilmente affermare che Dalias Idok sia pressochè sconosciuto a pubblico e critica solo per problemi di distribuzione. Si spera che una riedizione in futuro permetta la visione di questo classico dimenticato a tutti.



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Alberto Li Vigni

Appassionato di videogiochi da oltre 20 anni, ha scritto nel settore per alternative-reality e multiplayer. E' attualmente uno degli editors di unseen64, un sito dedicato alla conservazione di beta e di titoli mai rilasciati.

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