Ci voleva un film spettacolare e memorabile, da parte di Disney, per cancellare dalla mente e dagli occhi l’indegna operazione commerciale chiamata Planes (e, voler essere severi, anche il pessimo The Lone Ranger. A riuscire nel miracolo, assenti gli uomini Pixar, in fondo persi nei loro guai, accorrono gli autori di Tangled/Rapunzel: la vittoria arriva in zona Cesarini.

Frozen, molto simile “graficamente” al film che aveva ridato lustro al reparto di animazione “classica” (per modo di dire) della Disney, riesce al tempo stesso a percorrere la rassicurante strada della tradizione, ma stupisce per alcuni cambi di direzione inaspettati. Un film molto femminile, in cui le protagoniste (sì, stavolta sono due e parimenti importanti), compiono un deciso passo in avanti rispetto anche alle più emancipate tra le “principesse” della casa di animazione americana.

Tecnicamente ineccepibile, Frozen è un film diviso in due: una prima parte più lenta e molto musicale, durante la quale i brani, alcuni dei quali molto orecchiabili, si susseguono quasi senza soluzione di continuità ed una seconda decisamente più votata all’azione e all’avventura. Come in Tangled/Rapunzel non mancano i momenti comici (qui il 90% delle gag è affidato al pupazzo di neve Olaf, un vero spasso), gli animali super espressivi, personaggi maschili di minor spessore e eroine che si trovano ad dover affrontare un percorso di crescita e maturazione.

A pesare molto sulla credibilità del film potrebbe essere l’assenza di un vero e proprio villain, che si svela solo nel prefinale con un colpo di scena non del tutto inaspettato, ma la sceneggiatura, concentrandosi sul rapporto tra le due sorelle, riesce abilmente a mascherare questa assenza, altrimenti fondamentale in un film animato della Disney, che ha costruito il suo successo (anche) grazie a “cattivi” epocali.

Proprio la costruzione e descrizione del rapporto simbiotico tra Elga ed Anna (la prima, più grande, condannata all’isolamento forzato per colpa di un potere ingestibile che le fa trasformare in ghiaccio ogni cosa o persona che tocca; la seconda sbarazzina e socievole ma al tempo stesso coraggiosa e desiderosa di “salvare” la sorella) è uno spunto narrativo interessante, che finalmente permette di relegare in secondo piano il principe azzurro ed annesso salvataggio.

A piccoli passi, lo “spirito Disney” si sta evolvendo: supportato da una tecnica prodigiosa e da valori produttivi di altissimo livello, lo storytelling resta ancora il punto di forza della casa del topastro, stavolta presente “di persona” in un simpatico corto che precede il film, in cui 2D e 3D si mescolano, tra rimandi ai classici degli anni ’30 ed (inquietanti) versioni 3D di Minnie, Gambadilegno & company. E anche questo Natale è servito…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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