Pochi mesi fa celebravamo Daredevil come uno degli esordi televisivi più convincenti degli ultimi anni (sicuramente il migliore del 2015, assieme a Mr.Robot) ed ecco che le nostre apparentemente granitiche certezze rischiano di sbriciolarsi di fronte ad una serie altrettanto valida. Diversa, atipica, molto originale e di ottima fattura.

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Jessica Jones (Kirsten Ritter) coi supereroi ha davvero poco in comune: è una grezzona semi alcolizzata, che cerca di sbarcare il lunario facendo l’investigatrice privata per qualsiasi cliente sia in grado di pagarla (tra cui l’ avvocatessa senza scrupoli Jeri Hogarth (Carrie-Anne Moss) e riesce ad avere rapporti decenti solo con l’amica d’infanzia, Trish “Patsy” Walker (Rachel Taylor), conduttrice di un talk show di grande successo alla radio. L’inaspettato ritorno di un pericoloso personaggio del suo passato, Kilgrave (David Tennant), mette Jessica in un sacco di guai e la costringe a dover decidere se continuare la sua vita o trasformarsi nel più improbabile degli eroi.

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Supereroi con superproblemi, si dice spesso. Non è questo il caso di Jessica Jones, che, ancora più del Matt Murdock di Daredevil, è totalmente immersa in una squallida ordinarietà fatta di lavori precari, appartamenti fatiscenti, quartieri malfamati, bottiglie sul tavolo e bollette da pagare. L’antieroe per eccellenza, cui il valido script di Melissa Rosenberg (Dexter e l’adattamento per il cinema di Twilight) contrappone un villain elegante e sofisticato, pazzo il giusto e dotato di uno degli migliori “poteri” della storia dei comics.

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Jessica Jones permette nuovamente a Marvel di smarcarsi dai frizzi e i lazzi dei suoi action movie e provare approcci più sperimentali e meditativi per raccontare le storie di Hell’s Kitchen.

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Tutto è donna in Jessica Jones e non solo per il fatto che più di metà dei protagonisti è di sesso femminile. I dialoghi esaltano sentimenti e relazioni che mai prima d’ora si erano visti in un simile contesto, basti pensare al rapporto osmotico che intercorre tra Jessica e l’amica Trish, due facce della stessa medaglia, donne diverse in tutto ma sempre capaci di trovare la frase o il gesto corretto per provare a salvarsi a vicenda dalle insidie del mondo o al tagliente e spietato triangolo sentimentale che caratterizza la side story di Jeri Hogarth.

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Jessica Jones tocca temi atipici nell’oramai super-saturo scenario superoistico: l’importanza del libero arbitrio, in primis, le dinamiche ed i rapporti uomo/donna (interessante la strana liason tra Jessica e Luke Cage, che serve anche per introdurre il protagonista della prossima serie Marvel/Netflix). E’, a suo modo, un noir contemporaneo sardonico e pessimista, in cui l’umorismo è sempre amaro, il presente pericoloso ed il futuro quasi del tutto privo di speranza.

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E l’azione? Beh, a dirla tutta se ne vede ben poca e le scintillanti coreografie di Daredevil sono un lontano ricordo. Troppo diverso il contesto, il linguaggio, il mezzo e gli scopi. Buona parte della serie si basa sull’antitesi tra Jessica e la sua nemesi Killgrave che nel corso delle 13 puntate si cercano e trovano in un susseguirsi (talvolta un po’ pasticciato, specie nelle puntate conclusive) di rivelazioni, sorprese e colpi di scena.

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Il vero valore aggiunto della serie è dato dai due interpreti principali, assolutamente straordinari. La scelta di Kirsten Ritter è vincente: la stronza dell’interno 23 è perfetta nel trasformare il suo personaggio in un caleidoscopio di sentimenti ed emozioni (ed effettivamente c’è molta Chloe in Jessica…per chi se la ricorda). Ancora più efficace, se possibile, è David “Ehi, ma io sarei il Dr.Who!” Tennant che trasforma il suo Killgrave in un sofisticato e folle lord inglese che è contemporaneamente Jekill e Hyde.

Marvel ha imparato alla perfezione a cucinare la ricetta e presentare il piatto, aggiungendo sempre ingredienti nuovi. L’attenzione certosina alla continuity (esemplare in questo senso l’ultimo episodio), le scelte felici di casting, regia (il ruolo dei colori) e sceneggiatura, permettono a Jessica Jones di mantenere altissima l’asticella ed emergere in un panorama che ha raggiunto livelli qualitativi impensabili fin ad un paio di lustri fa. E adesso raccontateci la prossima storia…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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