Deflragra fragoroso, Mr.Robot, con uno degli incipit più entusiasmanti e destabilizzanti degli ultimi anni. All’apparenza potrebbe essere scambiato per una serie “sugli hacker che vogliono cambiare il mondo” ma episodio dopo episodio, si trasforma in un pamphlet cinico e spietato sull’uomo e la sua miserabile condizione contemporanea. Creata da Sam Esmail e trasmessa da USA Network, Mr.Robot racconta le vicissitudini di Elliot Alderson, un geniale hacker con problemi di depressione, dipendenza da droghe e ovviamente misantropo e asociale, che viene reclutato da un misterioso personaggio, che si fa chiamare Mr.Robot, per eliminare una multinazionale onnipresente ed instaurare un nuovo ordine mondiale.

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Lascia il segno, Mr.Robot, di gran lunga la migliore serie d’esordio dell’anno, assieme a Daredevil, con la quale condivide una realizzazione tecnica di prim’ordine ed un messaggio (in questo caso ancora più) dichiaratamente pessimista. A brillare e soprendere è l’eccelso livello di scrittura di ogni episodio, che si chiude sempre con un colpo di scena “efficace” (si vedano in particolare gli episodi 2 e 6) ma che per 45 minuti tiene letteralmente incollato lo spettatore allo schermo, grazie ad un efficace mix di dialoghi brillanti, monologhi introspettivi (declamati dal protagonista che si sdoppia, conversando con sè stesso e, indirettamente, col pubblico) e una messa in scena spartana ma efficacissima nel far risaltare gli snodi narrativi e i momenti clou.

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Strepitoso il cast, composto da facce note ma non troppo (il più celebre è Christian Slater, che dimostra ancora una volta un certa personale propensione alla resurrezione artistica), sui cui svetta lo sguardo allucinato ed il viso indimenticabile di Rami Malek (per chi se lo ricorda è il faraone della trilogia di Una notte al museo), che firma una performance incredibile e sorprendente.

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Piace l’assoluta mancanza di manicheismo nella rappresentazione dei personaggi: non estisono buoni e cattivi e lo stesso scalcinato gruppo di hacker che dovrebbe “cambiare il mondo” appare instabile ed inaffidabile, figlio di un idealismo un po’ folle ed ingenuo. La vera carta vincente della serie però, è l’atmosfera mistica e millenarista che permea quasi tutti gli episodi. Nonostante con l’evolversi della storia, al filone principale vadano ad aggiungersi sottotrame figlie di generi diversi (spaziando dal legal al thriller), comun denominator di tutte le puntate è il mood surreale e rarefatto, sospeso e quasi filosofico, esaltato da una colonna sonora mesmerizzante e stordente.

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Mr.Robot è una visione imprescindibile per ogni appassionato di televisione di qualità. Lontana dall’essere una serie “geek” (o “solo questa, almeno) rappresenta un luogo di rilflessione sullo stato della democrazia, il ruolo della tecnologia e la sua pervasività nel mondo moderno. Normalmente siamo soliti aspettare la fine di una stagione prima di segnalare una serie tv, ma Mr.Robot (i cui sequel sono già stati programmati) è troppo entusiasmante per aspettarne la conclusione.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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