Nota:Nonostante si cerchi di essere sempre “sul pezzo”, capita che alcune chicche vadano perse. Utopia è stata inopinatamente cancellata dopo sole due stagioni, ma data la sua qualità non potevamo non coprirla, seppur in ritardo.
Utopia è sempre stata un oggetto curioso e difficilmente identificabile, una mosca bianca e una mina impazzita, unica nel suo genere, ma anche e soprattutto di gran lunga la perdita più vergognosa e scandalosa dell’universo seriale lo scorso anno.
Un corpo proteiforme e compulsivamente schizzato, “mind-blowing” e “head-fucking”, noir sballatissimo vomitato su un cromatismo ipersaturo e sopra le righe, che pittura una storia nerissima di cospirazionismo, pessimismo cosmico, umanità emarginata e thriller politico, ma pure storia d’amore intimista e genesi di un disastrato microuniverso familiare formato da superstiti riluttanti.
Lo stile schizofrenico e destabilizzante del creatore Dennis Kelly appare costantemente in via di decomposizione, ma nonostante ciò poggia su un baricentro compositivo, formale e tematico assolutamente incedibile. Che pare quasi improbabile se devi narrare la storia di un gruppo di nerd che s’incontrano per discutere di un manoscritto introvabile e finiscono in un vortice di segreti governativi e complotti politici, braccati da due killer parodici a vedersi ma sconvolgenti nella loro pratica. E questo è solo l’input iniziale.
Poi c’è lei, Jessica Hyde (Fiona O’Shaughnessy nel ruolo di una vita e una carriera), tormentone della serie, tra la follia abissale e il genio fatale, né damigella da salvare né dark lady, outcast nel sangue, vendicatrice sofferta di esasperante imprevedibilità, esperimento da laboratorio, distruttrice sregolata di schemi narrativi e survivor anti-eroica nonché protagonista di alcune delle sequenze più d’antologia della serie.
Organismo malato, frastagliato e spiazzante in cui pullulano cellule spurie di evocazioni, Utopia naviga all’impazzata in un acquitrino di violenza stilizzata e brutalissima che ricorda la mano di Quentin Tarantino ma sciolto nell’acido; fa sfilare figure che alla raffigurazione apparentemente sfocata nel funzionale caratterismo uniscono un disagio comune e isterico come fossero propagazioni caoticamente e orgogliosamente difettose dell’atmosfera generale che impregna la vicenda (un bambino sveglio, orfano e traumatizzato; una strana ragazza sovrappeso che fa il doppiogioco; un informatico imbranato e innamorato; un geek cupo e manipolatorio; un rappresentante governativo con uno sporco segreto: topoi che dalla seconda puntata in poi vengono manomessi dall’ordigno strutturalmente demistificante della sceneggiatura).
Cancellata dopo due stagioni, probabilmente per far spazio al fagocitante remake USA che sarà firmato da grossi nomi come David Fincher e Gillian Flynn (garanzia di super coppia vincente dopo L’amore bugiardo – Gone Girl), dispiace enormemente ed è un peccato infernale non poter ammirare la conclusione dello show più radicalmente innovativo e senza precedenti della tv (una rivoluzione, la sua, pari solo all’enorme Black Mirror).
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Grazie!
Belissima serie veramente.