Spoiler Alert: non avventuratevi nella lettura se non siete in pari con almeno tutta la sesta stagione di The Good Wife
Curioso destino quello di Kalinda Sharma: essere amata dal pubblico a tal punto da far desiderare di non vederla più in The Good Wife piuttosto che assistere alla trivializzazione del suo personaggio. Anzi, Robert e Michelle King, mentre erano impegnati a scrivere uno dei migliori personaggi femminili di una delle migliori serie televisive, non si sono accorti di aver creato più che un personaggio una vera e propria categoria: la categoria “Kalinda”, appunto, proprio di fianco a quella “Badass“. Gli autori avrebbero dovuto dunque lasciare agli epigoni il compito di approfondire, fornire di un background, o sondare le motivazioni di un personaggio tipo Kalinda perché Kalinda non andava spiegata, ma andava semplicemente messa in scena.
Archie Panjabi, indossando gli stivali con tacco a stiletto e la giacca di pelle ormai iconici, ha contribuito a creare un personaggio enigmatico ed intrigante la cui sessualità, prima della quarta stagione, era così naturalmente fusa nell’insieme del personaggio che quasi non ci siamo accorti che uno show della CBS non solo rappresentava in un ruolo chiave una donna appartenente a una minoranza etnica, bisessuale, con una morale elastica e la propensione a oltrepassare la linea di confine legale/illegale, ma oltre tutto la rappresentava come l’eroina dalla parte dei buoni. Non che la serie sia lontanamente votata a una grossolana distinzione buoni e cattivi, ma Kalinda è senz’altro quanto di più vicino un legal/political drama possa permettersi senza sconfinare apertamente nel genere supereroistico perché Kalinda, come del resto Diane ed Alicia, è entrata nella nostra vita seriale ben prima delle varie Jessica Jones, Supergirl oppure, al cinema, Black Widow.
La bravura di Archie Panjabi è stata soprattutto nel riuscire a far muovere fluidamente Kalinda in un contesto in cui facilmente avrebbe causato stridore: quello di una Firm composta prevalentemente da maschi bianchi provenienti dall’Ivy league con l’eccezione di alcune donne bianche, socialmente privilegiate. Eppure è proprio all’interno della Lockhart&Gardner che sono nati i legami che hanno valorizzato e arricchito di sfumature la natura di Kalinda. L’amicizia e l’istinto di protezione nei confronti di Alicia, il rispetto per Diane e l’assoluta fedeltà a Will fino ad arrivare, stagione dopo stagione, al rapporto che insospettatamente, date le premesse, si dimostrerà il più disinteressato, intenso e struggente: quello con Cary.
La sfida inizialmente vinta con il personaggio di Kalinda è stata riuscire a tenere insieme la necessità di effetti divergenti. La nostra investigatrice, nel corso delle indagini, doveva risultare spiazzante grazie a un aspetto non convenzionale, mettere a disagio con le sue manovre seduttive ma, all’occorrenza, doveva anche riuscire a farsi sottostimare proprio per il suo aspetto e per l’essere solo una donna. In questo contesto la capacità seduttiva è sempre stata un ferro del mestiere insieme alla mazza da baseball, l’arguzia e la giusta dose di sfacciataggine. Che una donna del genere, disincantata sulla natura umana, potesse provare sincera amicizia e attaccamento verso altre persone era il qualcosa in più che conferiva calore umano a un personaggio altrimenti troppo insondabile.
A un certo punto, però, i King hanno deciso che tutti i riferimenti al passato misterioso di Kalinda non dovessero essere più competenza esclusiva della nostra immaginazione, ma dovessero portare a qualcosa di concreto. Purtroppo, come accade quando si rilancia troppo spesso e con forza l’esistenza di un mistero da svelare, si finisce per stringersi in un angolo dal quale poi è difficile uscire.
C’è stato un momento in cui per esigenze narrative – e per dispute personali – Julianna Margulies e Archie Panjabi per qualche motivo non hanno più voluto continuare a recitare fianco a fianco. Gli autori si sono trovati così a staccare Kalinda dalle storyline che coinvolgevano Alicia. La decisione è stata quella di puntare sui trascorsi taciuti, ma fino ad allora intuibili, dell’investigatrice. Abbiamo così fatto la conoscenza dell’ex marito, un cavernicolo interpretato da Mark Warren, l’unico caso di palese miscasting della serie che fino a quel momento eccelleva nel rendere memorabili personaggi minori grazie anche alle scelte di casting particolarmente ispirate. Le scene di sesso tra i due sono state talmente ridicole, l’arco narrativo talmente detestabile, inconcludente e urlato per una serie che potrebbe salire in cattedra per lezioni di raffinatezza e precisione di scrittura, che Robert e Michelle King hanno chiuso la storia anzitempo, in tutta fretta, quasi come fosse stato tutto un brutto sogno da dimenticare il prima possibile.
Da quel momento, però, per Kalinda si sono aperte altre sottotrame che hanno portato il personaggio invariabilmente sotto le lenzuola dell’amante di turno, che fosse l’agente dell’FBI in uno dei numerosi ritorni di fiamma, o un’altra delle sue colleghe.
Si narra che nel 1944 un book club dedicato ai libri d’infanzia abbia inviato un volume sui pinguini a una bimba. Con il testo era allegato un biglietto da rispedire all’editore unitamente a una valutazione personale. La bambina in questione scrisse quello che un diplomatico americano giudicò il migliore brano di critica letteraria mai letto: “Questo libro mi dà più informazioni sui pinguini di quanto mi interessi avere”. Ecco, questo è esattamente quello che è accaduto con il personaggio di Kalinda Sharma: gli autori ci hanno dato più informazioni su di lei di quanto ci importasse avere.
Kalinda ha salutato la serie la scorsa stagione, ma non è escluso un eventuale ritorno in prossimità del finale di serie. Nel frattempo la sua mancanza, nonostante tutto, si avverte proprio ora, in una settima stagione che vede in un terreno prossimo all’anonimato i due attori che avrebbero dovuto idealmente sostituirla: Cush Jumbo sul versante “diversità raziale” e Jeffrey Dean Morgan in qualità di nuovo investigatore. I due nuovi acquisti, per quanto adeguati al livello a cui la serie ci ha abituati, non presentano alcuna peculiarità, inseriti per di più in una stagione che fatica a trovare la strada maestra da percorrere.
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