Alle volte le cose vanno diversamente da come previsto, eppure funzionano lo stesso. Nelle scorse ore, mentre rielaboravo il finale di WandaVision, mi sono ritrovato a realizzare quanto di impatto questa prima serie originale Disney/Marvel sia stata all’interno della mia bolla, riaccendendo un’interesse per Disney+ un po’ scemato nei mesi, dopo l’effetto catartico avuto con l’attivazione a inizio lockdown.
In qualche modo c’entra la fortuna, perché la prima serie Marvel prevista per la piattaforma sarebbe dovuta essere, in origine, The Falcon & The Winter Soldier. Dico in qualche modo perché il valore di questo nuova produzione lo scopriremo a partire dal prossimo 19 marzo, quando il primo episodio sarà trasmesso su Disney+, ma già dal materiale promozionale diffuso finora è possibile intuire come la produzione faccia riferimento al canone più classico del MCU. WandaVision, di contro, con i suoi primi tre episodi, del tutto imprevedibili e quasi completamente fuori dalle logiche dell’universo cinematografico Marvel, hanno funzionato da elemento di rottura.
Per quanto il caso giochi sempre la sua parte, sarebbe ingenuo ridurre tutto a una questione di fortuna. Il successo di WandaVision è frutto di un lungo elenco di fattori, tra cui la qualità produttiva e la bontà delle scelte compiute da chi ha realizzato la serie restano i più importanti. Se la prima serie Disney+ è riuscita a raccogliere lo scettro reso vacante da Game of Thrones (e prima ancora da Lost) di serie-evento, superando i confini meramente televisivi del piccolo schermo (ormai per altro resi obsoleti dalle nuove modalità di fruizione) per sfondare la parete del quotidiano e imporre all’attenzione dei social e dei portali d’intrattenimento una conversazione settimanale fatta di teorie, speculazioni, analisi e riflessioni, il merito va senza dubbio alla sua creatrice Jac Schaeffer.
L’intuizione di sottrarre WandaVision dal meccanismo bulimico del bingewatching per centellinarla con appuntamenti settimanali è il primo, fondamentale, tassello, di uno struttura che si è evoluta di episodio in episodio. Un ritorno al passato nemmeno troppo passato, che da qualcuno è stato persino percepito come una rivoluzione, il che la dice lunga su quanto rapidamente ci abituiamo ai cambiamenti, ma potrebbe anche essere un segnale di come il pubblico seriale odierno sia in buona parte composto da una nuova generazione di spettatori che, per età o per gusti, non guardava serie fino a qualche anno fa. Netflix e il suo modello potrebbe in effetti aver modificato il panorama più di quanto immaginabile.
L’intuizione davvero geniale, tuttavia, è stata quella di sottrarre la serie per i primi tre episodi del meccanismo cannibalizzante del Marvel Cinematic Universe, regalandole per tre settimane il semplice ruolo di giocattolo celebrativo della prima serialità televisiva a stelle e strisce. Certo la riuscita dell’esperimento si deve ai valori produttivi che i Marvel Studios possono mettere in campo, che poi rappresentano lo stesso motivo per cui la serie dal quarto episodio in poi ha dovuto tornare in careggiata e riallinearsi sempre di più alle necessità e alle trame dell’Universo Marvel di celluloide, ma è stato bello finchè è durato.
Per quanto, alla fine, WandaVision sia stato una sorta di lungometraggio Marvel spezzettato in 9 episodi, di cui quello finale rappresenta un ritorno chiaro e netto al canone narrativo del franchise, negli 8 precedenti fa qualcosa che nel MCU non era mai stato fatto: approfondisce il lutto.
Anche se nella versione cinematografica dell’universo Marvel la quota di morti&ritorni non ha ancora raggiunto le vette della controparte cartacea, la dipartita di un eroe sul grande schermo è comunque avvertita come qualcosa di temporaneo, o transitorio: siete davvero convinti di non vedere più il Cap di Chris Evans? WandaVision è un’eccezione a questo approccio, un viaggio nel dolore e nel lutto di Wanda per la perdita di Visione, riletti quasi alla perfezione in chiave supereroistica.
WandaVision funziona così tanto in questo senso che viene da chiedersi perchè non sia stata incastrata prima nel grande mosaico narrativo, perchè il pubblico abbia dovuto aspettare così tanto per assistere agli effetti dello snap e delle morti che hanno rappresentato il tributo da pagare nella lotta con Thanos. Funziona così bene che solo ora la relazione sentimentale tra Wanda e Visione appare tale: prima delle serie era solo un’imposizione narrativa, qualcosa che ci era stato detto, ma mai mostrato, una strizzata d’occhio ai fan del fumetto. (Non che WandaVision si sia risparmiata il fanservice, eh, dal recasting di Pietro alle decine di easter egg sparsi in ogni episodio).
Al termine della serie, Wanda e Visione sono davvero un copia spezzata: quell’ultima scena del saluto prima che l’illusione crolli portando con sé il sintetizoide e i figli arriva, finalmente, allo spettatore con una forza che non ha precedenti nel MCU. Per ottenere questo risultato, però, anche la serie ci ha messo un po’ e solo con gli ultimi episodi ci è riuscita, mostrando dei retroscena dei film che finalmente danno valore a quel amore che appariva evidente solo al personaggio di Darcy a metà stagione.
WandaVision è riuscita a incastrare questo passaggio, fondamentale nella decifrazione del MCU e di cui mi piacerebbe non si facesse più a meno nelle produzioni futuri, all’interno di una serie che era anche tanto altro. Intanto una celebrazione della serialità televisiva, ironicamente quel medium che il MCU finora ha sempre snobbato e forse persino un po’ sminuito (si veda l’importanza marginale ricoperta da Agents of S.H.I.EL.D. o dalle serie urbane Netflix), ma di cui ha assorbito alla perfezione canoni e grammatica, traslandoli dal piccolo al grande schermo: cosa sono i film Marvel se non lunghissimi episodi dell’infinita serie cinematografica del MCU?
Così, in una sorta di chiusura del cerchio, questi elementi fondativi delle pellicole Marvel, ovvero la necessità di essere anello di congiunzione tra ciò che viene prima e dopo, la risoluzione del conflitto a colpi di superpoteri e la figura del villain spesso poco spessa, rientrano a reclamare sempre più spazio, relegando ai margini le sezioni in cui lo show replicava i format televisivi del passato fino a un epilogo che è al 100% MCU.
Il motivo del successo di WandaVision, probabilmente, risiede però nella volontà da parte dei Marvel Studios di non limitare la componente celebrativa a una mera gimmick, rendendola invece un parte fondativa dello show, realizzata con attenzione filologica (il formato video, il pubblico in studio) e legandola a tutte le altri parti, sia narrative che tecniche. E per un po’ stato bello credere che la serie potesse essere solo quello, o prevalentemente quello, senza che il grande mosaico collettivo esigesse il suo obolo. Tirando le somme, il risultato finale è comunque andato ben oltre le aspettative, già altine per altro: ora il peso è tutto sulle spalle The Falcon & the Winter Soldier.
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