Carino. Se vi sembra un aggettivo stonato per un episodio di Black Mirror è perché la serie è nata per compiere un’indagine sul rapporto tra uomo e tecnologia che ci mettesse a disagio lasciandoci post visione con un viscoso senso di inquietudine addosso. L’obiettivo della serie è sempre stato quello di smantellare certezze e ipocrisie socialmente accettate per mostrarci l’altra faccia della luna, quella in cui il progresso, tecnologico in particolare, migliora apparentemente la vita del genere umano incassando come contropartita la rinuncia all’intimità individuale e alla nozione filosofica che ogni persona sia nella sua essenza unica e irripetibile.

È sempre più difficile, però, rintracciare in Black Mirror elementi di rottura. Sarà perché altre serie hanno raccolto il testimone, come ad esempio Years and Years ealcuni episodi particolarmente riusciti di  The Orville , o semplicemente perché la realtà sta compiendo un lavoro notevole con il mettersi sulla scia di inseguimento delle peggiori distopie. Il punto è che Black Mirror, da riflessione destabilizzante su un futuro verosimilmente allarmante, si avvia a essere una registrazione della realtà come si sta già dipanando davanti ai nostri occhi. [Da qui in avanti SPOILER]

Tre anni fa San Junipero mostrò un futuro in cui la tecnologia permetteva l’evasione della coscienza quando intrappolata in un corpo in declino. L’episodio si era fatto notare per aver trattato l’omosessualità e l’amore in modo delicato e profondo, e al contempo aveva sorpreso per il suo essere particolarmente positivo, per quanto si voglia considerare un lieto fine due coscienze scaricate per l’eternità su un server. Striking Vipers si colloca nello stesso solco tracciato da San Junipero, con cui per altro ha in comune il regista: Owen Harris.  Harris torna dunque a esplorare la realtà virtuale come mezzo per avere accesso a quella parte di noi che viene negata nella realtà quotidiana, ma l’operazione si ferma in superficie.

Striking Vipers è la storia di due amici i cui percorsi, a un certo punto, si separano. Danny (Anthony Mackie) ha sposato la fidanzata di gioventù con la quale condivide ora una vita comoda e agiata, anche se all’insegna della routine. Karl (Yahya Abdul-Mateen II) ha continuato a cambiare fidanzata inseguendo ragazze sempre più giovani. I due si ritrovano per la festa di compleanno di Danny a cui Karl regala la versione in realtà virtuale di Striking Vipers, ai tempi il loro videogioco preferito.

L’avveniristico dispositivo di cui è dotata la nuova versione permette una totale immersione grazie alla quale il giocatore si fonde con il personaggio fino a provare emozioni e sensazioni reali, sulla propria pelle. Karl sceglie come sempre di interpretare Roxette (Pom Klementieff), Danny è Lance (Ludi Lin). Ma inaspettatamente, dopo i primi colpi, Karl-Roxette bacia appassionatamente Danny-Lance. Superato l’imbarazzo iniziale, gli incontri videoludici riprendono e procedono regolarmente passando da calci e pugni a baci e amplessi all’insegna di un’appagante passione tra i due personaggi virtuali.

black mirror striking vipers

Le implicazioni di una situazione simile sono evidenti, ma l’indagine sulla propria identità sessuale viene risolta in modo superficiale e insoddisfacente. L’intero arco narrativo incentrato sul rapporto tra sessualità, realtà virtuale e il comportamento della psiche maschile all’interno di un corpo femminile, si trasforma in un mezzo per parlare di un matrimonio alle prese con una crisi latente. L’appiattimento del desiderio, conseguenza di una mancanza di stimoli eccitanti, ha portato i coniugi a una situazione stagnante mai affrontata.

Quando Danny e Karl capiscono che la loro trascinante passione è circoscritta alla sola dinamica virtuale, e una volta che Theo (Nicole Beharie) conosciuta la situazione concede al marito una notte di passione una volta l’anno su Striking Vipers, ecco che ogni possibile ulteriore esplorazione del materiale messo in scena fino a quel momento viene eliminato lasciando posto a una situazione normalizzata.

L’intesa sessuale tra i due giocatori, attraverso i loro rispettivi personaggi, non può essere semplicemente spiegato attraverso la libertà concessa dal role playing: quando Karl cerca di ritrovare la stessa esperienza con altri giocatori, in innumerevoli scenari e declinazioni, scopre che l’intesa creatasi con l’amico è unica e non replicabile. Non è ben chiaro dunque se l’episodio voglia parlare di affinità elettive anche nella realtà virtuale, di omosessualità latente, di un terzo genere sessuale che nasce dalla fusione di una persona con il proprio personaggio, o della realtà virtuale come mezzo potenzialmente alienante dalla vira reale. Per quanto ognuno di questi elementi venga toccato, l’affondo non arriva mai.

Alla fine della fiera Striking Vipers finge di voler parlare di identità sessuale e realtà virtuale, ma a conti fatti è la storia di un matrimonio logoro che viene rimesso in carreggiata nel momento in cui moglie e marito si concedono vicendevolmente, una volta l’anno, una serata da single, ciascuno solo con la propria fantasia da realizzare.

In ogni caso, Striking Vipers lascia una delle migliori battute della serie “I fucked a polar bear and I still couldn’t get you out of my mind.” 



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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