Shoshone National Forest, Wyoming, 1989. Henry cerca di rifarsi una vita dopo essere stato costretto ad abbandonare l’amata moglie Julia, vittima di una forma precocissima di Morbo di Alzheimer. Per ripartire da zero decide di trascorrere l’estate completamente isolato, lavorando come guardia forestale in un grande parco naturale americano. Il suo unico contatto con l’umanità è rappresentato dal suo supervisore, la gioviale 40enne Delilah. I due passano le giornate a chiacchierare tramite walkie-talkie ed il loro rapporto si fa giorno dopo giorno più intimo e personale. La scomparsa di due ragazze, che campeggiavano abusivamente nel parco e la scoperta da parte di Henry che qualcuno lo sta spiando, costringeranno Henry e Delilha a trasformarsi in investigatori per capire chi o cosa sta misteriosamente tramando contro di loro…

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Firewatch è il primo titolo della neonata Campo Santo, software house che può vantare nel suo team nomi noti del panorama videoludico mondiale (nei curricula dei game designer ci sono The Walking Dead e Mark of the Ninja). Nella squadra il vero nome di spicco è però quello di Olly Moss, enfant prodige del mondo dell’illustrazione e già da anni affermato artista, nonostante la sua giovane età. Firewatch, a detta degli stessi autori, nasce da un’idea e da un set di immagini (un po’ come Star Wars, a pensarci bene), realizzate da Moss per rendere tangibile e realistica la location in cui si svolgono le vicende narrate.

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Acquisita da subito un’identità visiva precisa e mozzafiato, Firewatch può concentrarsi sulla narrazione, con risultati altrettanto eccelsi. Dopo qualche giorno tranquillo infatti ad Henry (e parallelamente a Delilha, che ascoltiamo solo come voce proveniente da un luogo remoto) iniziano a capitare bizzarri imprevisti la cui gravità aumenta giorno dopo giorno. La tensione diventa sempre più palpabile e, nonostante la placida colonna sonora con venature country di Chris Remo, già dopo le prime settimane le escursioni nella foresta diventano tese e inquietanti. Senza fare spoiler, che in questo caso sarebbero davvero criminali, posso confermare che svolgimento ed epilogo della storia sono assolutamente soddisfacenti, anche se il vero “core” del gioco sta nel rapporto tra i due protagonisti che imparano a conoscersi ed apprezzarsi giorno dopo giorno.

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Se l’aspetto esperienziale è promosso a pieni voti, qualche dubbio potrebbe suscitare, come spesso capita con questo genere di giochi, l’ambito ludico tout court. Contrariamente a quanto si potrebbe credere per esempio, la foresta di Firewatch non è liberamente esplorabile e anzi, il 100% dell’azione si svolge andando da un punto A ad uno B e avendo spesso solo un unico itinerario che li collega. Firewatch non è un sandbox, nè tantomeno un gioco di esplorazione, visto che non ci sono nè enigmi da risolvere, nè è possibile perdere per strada qualche oggetto necessario per finire il gioco. La stessa struttura con risposte multiple offerta al giocatore durante le chiacchierate con Delilha, non cambia il finale, che è unico, ma solo il rapporto che intercorre tra i due protagonisti (che non è comunque cosa da poco, visto la pazzesca qualità dei dialoghi, che peraltro il giocatore può anche rifiutarsi di sostenere, ignorando le chiamate di Delilah).

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Mai come in Firewatch la dicotomia tra aspetto artistico e tecnico è netta. Il gioco, da vedere, è meraviglioso: lo stile unico di Moss, unito ad una palette di colori incredibile, trasforma ogni momento in un’esperienza visiva piena ed appagante (ed il finale da questo punto di vista è semplicemente strepitoso, davvero fuori parametro). Paradossalmente però, Firewatch è più bello da fermo che in movimento: il motore grafico è spesso incerto e la fluidità del gioco pessima. Mai a livelli impeditivi, chiaro, ma visto il non eccessivo carico computazionale richiesto, da questo punto di vista si potevano ottenere risultati migliori. Perfetto invece il doppiaggio di Rich Sommer e Cissy Jones, che conferiscono un fascino ed una personalità unici ai due protagonisti della storia.

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Il prezzo di Firewatch, circa 20 euro, non potrà non riaprire la perenne polemica (recentemente divampata con The Witness, di cui parleremo a brevissimo) sul valore di un gioco ed il suo “giusto prezzo”. Firewatch ha una durata di 6-8 ore e si può terminare anche in un’unica, lunga run. Il gioco ha una discreta replay value, nella misura in cui effettuare scelte diametralmente opposte durante le innumerevoli sessioni di dialogo, può effettivamente portare a variazioni tangibili nel rapporto tra Henry e Delilha, ma la storia, bellissima, non cambia.

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Gli autori hanno paragonato Firewatch ad una miniserie televisiva di alto livello: avendo praticato un binge watching ludico, posso confermarlo: atmosfera, colori, direzione artistica, scrittura rendono Firewatch un’esperienza breve ma intensa. Non premiarla sarebbe davvero un peccato.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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