We tolerate everything, but we know that liberal values are designed to make us passive […] We’re obsessed with sex, but fear the sexual imagination and have to be protected by huge taboos.  We believe in equality but hate the underclass.”

Questo scrive Ballard in Millennium people (2003) ma in High-Rise(1975)aveva già descritto un possibile percorso di liberazione dalla narcotizzante passività indotta dalle convenzioni della società civile e civilizzata.

L’imminente trasposizione cinematografica ad opera di Ben Wheatley è un’ottima occasione per leggere (o rileggere) il romanzo distopico di Ballard che descrive la dinamica attraverso cui si passa da un condominio di lusso a un luogo di regressione primitiva, da una tecnologica città verticale costruita per nutrire l’ego di una comunità di privilegiati, a una terra governata dall’irrazionale e dal ferino.

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Un grattacielo di vetro e cemento in una zona residenziale di Londra. 40 piani, 1000 appartamenti, una struttura concepita per accogliere i cittadini dei ceti medi e privilegiati. I primi piani destinati a tecnici, hostess, maestre e via via a salire in altezza sull’edificio, e in importanza sulla scala sociale, con i piani centrali abitati da medici, avvocati, liberi professionisti, fino ad arrivare agli ultimi piani, residenze dell’élite intellettuale e finanziaria con l’attico più lussuoso, dominante sul resto dell’edificio, posseduto dall’architetto progettatore di questo gioiello edile, e teorizzatore dello stile di vita che avrebbe dovuto accogliere e incentivare. I tre protagonisti sono l’incarnazione di questa suddivisione: Richard Wilder, secondo piano, dott. Robert Laing (nel film interpretato da Tom Hiddleston), venticinquesimo piano e Anthony Royal, l’architetto del quarantesimo piano.

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Una città verticale dotata di negozi, palestra, locali, centro commerciale, piscine e ogni sorta di comfort per coccolare i propri abitanti e fornire loro libero accesso a tutto e subito: l’annullamento del desiderio tramite la soddisfazione immediata dello stesso. Ma un episodio in sé insignificante, un blackout elettrico di pochi minuti, detona una situazione già intrinsecamente instabile: da quel momento i fastidi, le piccole irritazioni, le recriminazioni fintamente diplomatiche tra condomini diventano giusta causa per quella che prenderà la forma di una guerra tra bande per la conquista e la difesa del territorio, una evidente metafora del desiderio di scalata sociale incarnato da Wilder il cui obbiettivo è l’ascesa verso l’eden del mitologico quarantesimo piano.

Le feste chiassose, continue e itineranti diventano raduni selvaggi e sfrenati, gli spazi comuni e i servizi per la cui manutenzione i condomini si erano prodigati in modo meticoloso e insistente diventano zone occupate, sedi di fortini e barricate, l’appartenenza a un piano e i relativi benefit vengono rimessi brutalmente in discussione in un clima di festosa barbarie. La famiglia, unità fondamentale di ogni nucleo abitativo come della società stessa, si disgrega cedendo alla formazione di nuove coppie e nuovi legami a seconda dell’opportunità, della pulsione immediata o della mera sopraffazione fisica.

High-Rise Trailer

In High-Rise, e contrariamente a quanto accade di solito nella fiction, non esiste un evento esterno ad azzerare la civiltà, una catastrofe naturale, un’epidemia su scala mondiale, una guerra, a spazzare via le comodità della vita derivanti da un benessere diffuso. I personaggi del romanzo non devono sopravvivere in un luogo diventato loro malgrado ostile, non c’è coercizione in quello che i condomini un po’ alla volta, senza realizzarlo compiutamente, hanno accettato e accolto nella loro vita: ovvero la possibilità di recuperare lo stato bestiale e primitivo, di vivere senza freni inibitori.

Il lusso del condominio viene oltraggiato da distese di spazzatura, i rapporti sociali involuti a uno stato tribale all’interno del quale le donne sono prede sessuali, surrogati di maternità o novelle vestali. I locali di lusso, una volta ambiti, sono saccheggiati e vandalizzati per il puro piacere di generare ulteriore degrado in cui crogiolarsi. La realtà esterna viene rifiutata e l’unico modo accettabile di vivere, per i condomini rimasti, sembra essere un possesso animalesco della dimensione fisica e psicologica rappresentata dal grattacielo. Solo la telecamera di Wilder, impugnata come un’arma, costituisce un occhio esterno, una testimonianza diretta e l’ultimo lascito di una società tecnologica rifiutata irrazionalmente nella sua interezza proprio da coloro che avrebbero dovuto esserne i destinatari privilegiati.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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