“Non c’è una musica importante senza un grande film che la ispiri”: questa la frase, direi storica oramai, che ha pronunciato il Maestro Ennio Morricone, visibilmente commosso, ringraziando l’Academy per l’Oscar alle migliori musiche consegnatogli questo anno per il film western di Quentin Tarantino The Hateful Eight. Una frase che racchiude tutta la poetica compositiva che da sempre ha contraddistinto il Titano della musica applicata, il Maestro romano già premio Oscar alla carriera nel 2007, il pluripremiato Ennio Morricone, nella sua sterminata carriera (oltre 400 colonne sonore tra cinema, televisione e teatro), uno dei più prolifici autori dell’Ottava Arte – la Settima è il Cinema come voi tutti ben sapete, l’Ottava è la sua controparte importantissima, l’altra faccia della medesima medaglia, la musica applicata alle immagini – , il quale in tutti i generi che ha commentato ha sempre ritenuto di primaria importanza l’aspetto filmico, ciò che avveniva nella pellicola, prima di comporre una singola nota (tranne rare eccezioni, vedi Sergio Leone o Giuseppe Tornatore, due suoi grandi e stimati sodalizi cine-musicali per i quali ha scritto fin dalla sceneggiatura), sempre con un occhio alla sperimentazione, all’uso delle voci e degli strumenti solisti più idonei, guardando sia avanti che indietro con originalità e perspicacia alla musica tout court, alla fine elevando ancor di più film già di per sé ‘Grandi’ e nobilitando altri di poco conto invero. Solo chi studia tanto e continua a farlo, senza fossilizzarsi su di un genere musicale, piuttosto che su di un altro, perseverando e mai improvvisandosi, può raggiungere livelli professionali alti, elevati a tal punto da essere considerato un compositore, un Genio, un vero Titano…in questo caso della Musica mondiale.
E il Titano Ennio Morricone, durante la notte degli Oscar 2016, ha ringraziato un altro Titano della musica per film, candidato per la migliore colonna sonora come lui, il mitico premio Oscar John Williams (le saghe di Indiana Jones, Star Wars ed Harry Potter – i primi tre film -, Superman, Lo squalo, E.T.), in nomination con Star Wars – Il risveglio della forza; Williams ha abbracciato il collega con un affetto profondo, ossequioso, accorato e sincero che solo un Titano può avere nei confronti di un altro Titano, prima che Morricone si recasse sul palco a ritirare il suo meritato Oscar.
Un Premio, a mio avviso, non tanto dato soltanto per la pur meritevole score dell’ottavo film e mezzo di Tarantino, devoto ammiratore della prima ora del Maestro romano, avendolo saccheggiato e usato da Kill Bill in poi nelle sue pellicole, con brani da film western italiani stranoti e non solo, ma come scuse tardive dell’Academy per il grandissimo errore di valutazione e d’intelligenza, in particolar modo, che fecero nel 1987 tributando l’Oscar come migliore colonna sonora originale alla pur eccellente score jazz per Round Midnight di Herbie Hancock (però composta in buona parte di brani preesistenti), per la regia di Bertrand Tavernier, invece che al pluricelebrato e osannato, dato per vincitore certo, Mission di Roland Joffè, che quell’anno si era aggiudicata il Golden Globe, di solito anticamera al Premio Oscar. Perfino l’imbarazzato Hancock salì sul palco in quell’occasione affermando che la statuetta doveva andare a Morricone e non a lui; difatti la vittoria inaspettata di Hancock e la conseguente figuraccia dell’Academy portò quest’ultima a rivedere il regolamento della categoria ‘Miglior musica per film’ così da rendere eleggibile da lì in avanti solo partiture interamente originali: pensate che ancora oggi il Music Branch si riferisce a questa postilla con il nome di “Emendamento Hancock” che non ha comunque impedito negli anni successivi agli Oscar di commettere degli sbagli enormi nella categoria miglior colonna sonora…e non solo in questa, aggiungerei!
Quindi il Premio per The Hateful Eight non è soltanto una semplice vittoria, anche questa annunciata e per fortuna confermata (grazie al cielo!!!), ma una Grande Vittoria che certifica quanto importante e notevole sia questa partitura per il secondo western tarantiniano dopo Django Unchained (per il quale Morricone aveva scritto appositamente la canzone originale “Ancora qui” interpretata da Elisa), partitura “di sconvolgente modernità, di aggressiva, violenta, quasi repellente incandescenza, che ci riporta al Morricone più sperimentale e “agguerrito sul fronte dell’innovazione armonica e timbrica” (dalla recensione di Roberto Pugliese sulla prima ed unica rivista italiana ufficiale di musica per immagini, www.colonnesonore.net), che poco ha a che vedere con il tanto celebrato western scoring morriconiano arcinoto – quello dei tre Sergio, Leone, Corbucci e Sollima, nonché da citare obbligatoriamente quello di Giulio Petroni – bensì rifacendosi ad atmosfere thriller e horror tanto care e presenti nella sua filmografia; d’altronde il film stesso di Tarantino, sondando con attenzione, non è un western classico negli stilemi, più un thriller claustrofobico cerebrale, sporco, violento e intossicato da un biancore asfissiante di una neve candida fino alla non sopportazione, che di candido possiede solo il colore, celando al suo interno storie indicibili, indigeste e sanguinarie oltre ogni dire.
Ennio Morricone, il Titano dei tre Titani ancora rimasti qui con noi (per fortuna) attivamente nella musica applicata – gli altri due sono il succitato John Williams e il francese Michel Legrand (Il caso Thomas Crown, Yentl, Les parapluis de Cherbourg) – torna al western che non bazzicava dal 1981, dal grottesco Occhio alla penna di Michele Lupo con Bud Spencer, in realtà allontanandosi dallo stile western che lui stesso ha plasmato per Leone e che tanti emuli ha generato nell’Ottava Arte, sfiorandolo in minima parte e a quasi 88 anni raggiungendo nuove vette compositive che non solo l’Oscar ma il Golden Globe, il Bafta e via elencando altri premi prestigiosi sparsi per il globo, certificano essere una score che tutti hanno da subito amato, anche chi non ha apprezzato il film, perché diretta ed efficace, interiorizzata non con facilità, dal tocco morriconiano riconoscibile pur giovanile nel suo aspetto esteriore (sembra scritta da un giovane genio promettente che compone la sua prima colonna sonora che lo renderà celebre!) che l’ottuagenario Maestro romano ha regalato a quel furfante di Tarantino che ha sempre sperato di potergli far comporre una partitura interamente originale per un suo film (Morricone era stato contattato per realizzare le musiche di Bastardi senza gloria ma a causa di un altro suo impegno pregresso non se ne fece nulla!). Certo qui non si parla di vette assolute come le colonne sonore di C’era una volta in America, Nuovo Cinema Paradiso, C’era una volta il West, Mission, Gli intoccabili, e mi limito qui perché di titoli ve ne sarebbero da riempire un dizionario, anche e soprattutto per film di cui non si ha più memoria, ma trattasi di una partitura non cantabile come le succitate e che ti rimane impressa dopo il primo ascolto, in ogni caso un capolavoro che entra piano piano sottopelle, dicendo e mostrando di più e in maniera maggiormente evocativa del visivo, fin troppo parlato, fin troppo lungo, fin troppo esageratamente violento e gratuito a tratti (ma questi sono gli eccessi da sempre del Cinema di Tarantino che si odia o si ama, senza una via di mezzo!).
Una score che ha reso Morricone, alla Notte degli Oscar mentre ritira il suo Premio tanto agognato, un bambino in preda alle lacrime di gioia in presenza della sua prima forte emozione viscerale e candida (è vero che da vecchi si ritorna fanciulli in tutto e per tutto!), portato sul palco sottobraccio dal figlio regista Giovanni che gli fa da traduttore, dedicando, alla fine del suo amorevole e commovente discorso di ringraziamento, il premio alla tanto amata e cara moglie Maria Travia, sua fonte d’ispirazione come da lui sempre affermato, coccolata e circondata dagli altri candidati al premio delle migliori musiche (John Williams, Thomas Newman, Carter Burwell e Jóhann Jóhannsson), emozionati anch’essi davanti a cotanta scena che racchiude in sé un’intensa e vitale essenza di amore per l’Arte da far venire i brividi lungo la schiena. Difatti questa scena ha risvegliato in chi vi scrive una sequela di ricordi vividi legati al Maestro Morricone che mi hanno portato a piangere ininterrottamente durante la sua visione, un’emozione interminabile non solo dovuta alla contentezza per l’Oscar, finalmente datogli per una colonna sonora specifica anche se, torno a ribadire, non la sua migliore seppur pregevole, e non soltanto alla carriera, bensì accomunata a vari momenti nella mia carriera di Direttore della rivista web ColonneSonore.net in cui ho avuto modo di incrociare la forte personalità morriconiana nei suoi molteplici aspetti professionali e non.
Quando nel lontano 2003 fondai la prima vera rivista cartacea italica sulla musica per immagini, insieme ad un gruppo di folli appassionati come me di musica per film che tutt’oggi mi accompagnano nel tortuoso, ma colmo di gratificazioni, percorso editoriale del succitato magazine, il primo abbonato illustre che ci ha così incoraggiato ad andare avanti e combattere contro chi ci riteneva dei pazzi e incoscenti a mettere in piedi una tale rivista troppo di nicchia, è stato Ennio Morricone. Quest’ultimo mi chiamò sul cellulare da casa sua, senza passare dal suo agente, per chiedermi gentilmente, mentre ero in vacanza a Venezia con mia moglie e prendendomi alla sprovvista (quasi incredulo che fosse lui e convinto di uno scherzo telefonico, gli chiusi il telefono in faccia…oddiomio!), di abbonarsi alla rivista, a differenza di molti suoi colleghi blasonati italiani che essendo dei compositori volevano la rivista gratis di diritto. Quando capii che effettivamente era lui (la sua voce in verità inconfondibile per chi come me lo segue dagli 8 anni di età!), lo ringraziai di cuore e gli spiegai come abbonarsi, tutto questo mentre prendevo il traghetto a Venezia immerso in un rumore infernale ma desideroso di non perdere quella chiamata importante e tanto agognata nella mia vita di collezionista di colonne sonore.
Nel 2006 la mia rivista organizzò una serie di incontri gratuiti a Roma presso La Casa del Cinema in Villa Borghese tra compositori e registi italiani che avevano creato un forte sodalizio nella Settima e Ottava Arte; riuscii ad avere con grande determinazione sia Ennio Morricone che il grande Giuseppe Tornatore e proiettare come film del loro connubio straordinario Una pura formalità che ritengo essere la loro vetta cine-musicale, ancor prima della meravigliosa e commovente pellicola da Oscar Nuovo Cinema Paradiso, alla presenza di un pubblico attento, numeroso e bramoso di sentire cosa avrebbero raccontato i due Maestri. Alla fine del film, nella sala gremita si accesero le luci e Morricone entusiasta, con il suo caro Peppuccio vicino, si prodigò in parole nel raccontare il loro sodalizio davvero importante e fruttuoso nel Cinema; sia il regista che il compositore furono generosi nelle risposte e con i loro fan presenti, tra autografi e foto. Subito dopo, un po’ defilati dalla folle esaltata dall’incontro appena avvenuto, io e il mio socio redattore Giuliano Tomassacci avemmo il grande onore di discorrere con Tornatore e Morricone più tranquillamente del più e del meno, ed io mi feci autografare da entrambi il DVD di Nuovo Cinema Paradiso, da buon siciliano per me un caposaldo nella mia vita cinefila, che serbo gelosamente.
Nel 2007 incontrai una seconda volta vis a vis Morricone in occasione della festa esclusiva messa in piedi dalla mia testata, con la collaborazione di Felice Laudadio che tutt’ora ringrazio enormemente, per omaggiare e festeggiare il Maestro prima del suo viaggio in America per ritirare l’Oscar alla carriera: un evento incredibile ed unico all’epoca che raccolse in un’unica serata alla summenzionata Casa del Cinema di Roma molteplici ospiti famosi e non vicini a Morricone, dal mondo discografico, editoriale e cinematografico, tra produttori, registi, attori, compositori, editori, giornalisti, amici e parenti, con la mia redazione a proiettare e commentare col Maestro stesso scene e musiche dei suoi cinque film nominati all’Oscar negli anni, I giorni del cielo di Terrence Malick del 1978, il citato Mission, Gli intoccabili di Brian De Palma del 1987, Bugsy di Barry Levinson del 1991 e Malena di Giuseppe Tornatore del 2000. Ennio molto commosso, più di una volta ha versato qualche lacrima nel guardare e ringraziare sua moglie Maria in prima fila dinnanzi a lui, tutti gli amici convenuti, ed io a battergli affettuosamente e teneramente la spalla come se fosse mio nonno che non vedevo da tempo e che desideravo ringraziare e abbracciare per tutte le belle emozioni donatemi in una vita.
Un ricordo strappalacrime che mi batte dentro indelebilmente e che ho avuto la fortuna e l’immenso onore di condividere con il Titano che mi ha fatto scoprire per primo la Musica per Film e che mi ha portato ad essere oggi il giornalista che ne scrive con passione, ammirazione e determinazione (la mia rivista lo ha anche onorato del suo Premio dei Lettori per lo score de La migliore offerta e come autore di musica applicata dell’anno), combattendo sempre contro i mulini a vento dell’ignoranza, del pregiudizio infondato e del mal costume nel pensare erroneamente che la musica applicata fuori dal girato non possa vivere di vita propria. Invece sì, eccome! Ed Ennio Morricone lo ha dimostrato ancora di più il 28 febbraio ritirando il premio Oscar per il western non western The Hateful Eight scuotendo vigorosamente gli animi assopiti di coloro che non sanno tutt’oggi cosa significhi Ottava Arte e di coloro i quali amano il Cinema e la sua Musica da tanto, molto tempo, uniti tutti a gran voce, felici e orgogliosi di vivere nel Paese di un tale Genio, per applaudire il Titano romano che in un italiano commosso ha detto al mondo che “Non c’è una musica importante senza un grande film che la ispiri”. Punto e basta!
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