Prone to fits of narcissism, mania and power failure

Non era facile trasporre un testo come quello di J.G. Ballard e di fatti questo di Ben Wheathley non è il primo tentativo ma è l’unico ad essere andato a buon fine risultando una traduzione fedele ma non pedissequa del materiale di partenza. La lotta di classe e la promessa disattesa, o forse fraintesa, di un futuro tecnologico in grado di liberare gli uomini dalla necessità vengono infatti tradotti in un ricco fluire di sequenze: a passo di danza, festino dopo festino, lo spettatore assiste all’esplicita metafora del collasso della società rappresentata dal microcosmo del futuristico condominio, un’entità silenziosa ma percepibile a cui è sufficiente esistere per poter attrarre e fagocitare le vite dei suoi inquilini.

Highrise

Tanto poteva andare male in quella che più che una storia narrata è un’esposizione, spesso disturbante, del degrado della condizione umana fino alla completa regressione allo stadio primitivo, eppure il film regge, affascina addirittura, nonostante non serva aver letto il testo per capire esattamente a cosa si va incontro, qual è il volto sgradevole dietro la maschera del lusso. Ecco, la mancanza di sorpresa viene in parte sopperita dal modo in cui si arriva all’epilogo grazie anche alle perfette scelte di casting e alla colonna sonora (Clint Mansell) che può vantare come bonus la cover di SOS degli Abba realizzata dai Portishead.

high rise lift

Regia, costumi, design e scelte di cast particolarmente ispirate concorrono al confezionamento di un film sgradevole nella sostanza del messaggio ma accattivante per l’occhio di chi guarda. Peccato per l’orgia che non aggiunge nulla alla ferale regressione dei condomini, al contrario di quanto avvenuto negli altri due party che avevano illustrato la spaccatura in atto tra i ceti più bassi, inquilini dei primi piani, e le elite dei piani alti: una contiguità a cui non basta il cuscinetto del ceto medio, incarnato dal dottor Laing (Tom Hiddleston), per non cedere al desiderio di una aperta lotta innescata dall’assecondamento, via via sempre più violento, degli istinti più bassi.

In ultima analisi è proprio Laing il condomino che meglio riesce a incanalare la forza primitiva del palazzo: non l’architetto-demiurgo (Jeremy Irons) signore del piano più alto e lussuoso, non Wilder (Luke Evans) il più brutale e feroce tra quelli che tentano la vendetta sociale, ma un medico che evita il conflitto con gli altri per abbracciare compiutamente il suo personale abbruttimento verso la più completa, compiaciuta,trivialità.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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