In una piccola e tranquilla cittadina nel nord dell’Islanda, Siglufjörður, sferzata da vento e freddo, la vita scorre placida e noiosa ed il ricordo di una tragedia occorsa anni prima è oramai sepolto dal tempo e della neve. L’idillio si rompe quando, poco dopo l’arrivo di un traghetto dalla Danimarca, in mare viene ritrovato un corpo pugnalato più volte, senza testa e senza arti. Il ritrovamento darà il via ad una serie di eventi sempre più drammatici e cruenti e spetterà al ridotto corpo di polizia locale, formato da sole tre persone, risolvere il caso…

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Trapped, la produzione più importante e costosa della storia della televisione islandese, convince fin dal primo episodio, grazie ad un ritmo serrato, una serie ben calibrata di colpi di scena ed una narrazione fluida e senza fronzoli, esaltata dalla gigantesca prova di tutto il cast, composto da volti per lo più sconosciuti al grande pubblico.

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Le fonti di ispirazione, più o meno dichiarate, sono Twin Peaks (la cittadina apparentemente tranquilla ma in cui ogni abitante nasconde parecchi scheletri nell’armadio), Top of the Lake (l’investigazione gioca un ruolo fondamentale ma la storia presenta una moltitudine di personaggi interessanti, ognuno dei quali protagonista di una sottotrama ben definita) e Fargo (gli scenari perennemente innevati, la presenza della natura ed il fatto che gli underdog locali si dimostrino molto più efficaci e brillanti dei superinvestigatori di città) ma al contributo di questi padri nobili si aggiunge una messa in scena unica e originale.

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Trapped manda dritto nella storia dei mistery drama televisivi uno dei migliori investigatori di sempre, Andri Olafsson, il serafico capo della polizia locale (ma ex poliziotto “vero”, autoesiliatosi dopo un caso finito male), impersonato dal massiccio e barbuto Ólafur Darri Ólafsson (vagamente simile a Bud Spncer, il che lo rende simpatico fin dalla prima inquadratura), punta di diamante di un cast semplicemente eccezionale al servizio di personaggi tanto comuni quanto memorabili.

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Co protagonista della storia, è inevitabilmente anche l’Islanda, il paese “alieno” per definizione (tutti i più recenti film fantasy, sci-fi e di fantascienza sono stati girati qui, da Star Wars a Interstellar) rappresentato stavolta non nella sua versione turistica da cartolina tutta prati, cascate e aurore boreali, ma mostrando la sua faccia più dura, impervia, fredda e inospitale.

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Colpisce, in tempi di magheggi e artifizi narrativi per allungare il brodo e mascherare l’assenza di idee, la grande onestà nei confronti dello spettatore: la trama, avvincente e intricata, si sviluppa aggiungendo puntata dopo puntata qualche nuovo mistero, colpo di scena o indizio e tutti i segreti vengono svelati al momento giusto, in un climax che cresce lento e inesorabile.

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Se la scoperta del “colpevole” è l’elemento di maggior interesse di Trapped però, non minor spazio ed importanza viene dedicato dagli autori, guidati da Baltasar Kormákur, alla lucida e spesso spietata analisi del microcosmo locale tra famiglie sfasciate, vendette incrociate, eventi atmosferici che isolano la città, la distanza siderale esistente tra la metropoli (Reykyavik) e la provincia, lo spettro della criminalità organizzata ed il fresco ricordo della crisi del 2009, che stava per mandare l’intero Paese in bancarotta.

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Trapped conferma indirettamente quanto male possa fare ai registi e agli sceneggiatori europei l’aria americana (portafogli escluso, naturalmente): Baltasar Kormákur, deus ex machina della serie, reduce dagli anonimi blockbuster Cani sciolti ed Everest appena respirata l’aria di casa torna ai fasti di Myrin e Il Mare, che un paio di lustri fa lo avevano accreditato come enfant prodige di un paese tutto da scoprire.

Sostanzialmente priva di difetti, graziata da performance incredibili, uno script perfetto e valori produttivi di assoluta eccellenza, Trapped è senza alcun dubbio la migliore serie televisiva del 2016 ed il fatto che provenga da una cinematografia così lontana dimostra quanto universale possa essere, se sviluppato da persone di talento, il linguaggio del cinema e della televisione.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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4 Comments

  1. La serie mi intriga parecchio. La domanda è: in quali lingue si trova? Non spero nell’italiano, ma magari in inglese…

    1. Sì, si trova in islandese con sub in inglese.

  2. OCCHIO CHE MI FIDO

  3. Vista! Grazie Fulgenzio! Non mi ha deluso minimamente (come non mi aveva deluso Top of the lake)! Emozionante, regia eccellente, fotografia pure. Finale davvero da palpitazioni!
    psst: io l’ho trovata in islandese con sub ita ;)

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