Desmond T. Doss si arruola all’età di 23 anni, seguendo le orme del padre e del fratello e parte per combattere la Seconda Guerra Mondiale. Non volendo però toccare alcun tipo di arma, scelta derivante dalla sua fede religiosa e dal ricordo di un litigo occorso col fratello, accidentalmente ferito quasi a morte quand’era un bambino, Desmond viene irriso e disprezzato dai suoi compagni di addestramento. Sarà il suo comportamento come soccorritore militare durante la sanguinosa battaglia di Okinawa a trasformarlo in un eroe…

Guarda chi si rivede. Dopo avergli fatto la guerra (metaforica ma non troppo) per due lustri, Hollywood accoglie nuovamente nel suo grembo il figliol prodigo Mel Gibson, passato nell’ arco di pochi anni dalle stelle di Braveheart, La Passione di Cristo e Apocalypto, alle stalle di comparsate in film di terz’ordine, nessuna regia e tante critiche per i (peraltro ampiamente discutibili) atteggiamenti tenuti fuori dal set. Già, Hollywood quando vuole sa come farla pagare cara a chi non rispetta le regole non scritte dello star system, ma è anche generosa e offre sempre una seconda possibilità. La notizia è che Gibson la sfrutta appieno e firma uno dei migliori film bellici degli ultimi anni e forse il migliore di sempre per quanto concerne la rappresentazione scenica di una battaglia.

La sorpresa è notevole, perchè a leggere la trama, si potrebbe pensare che Hacksaw Ridge sia la versione allungata a film della celebre sequenza di Forrest Gump che vede l’inconsapevole eroe salvare tutti i suoi commilitoni prima di recuperare il morente amico Bubba…ed effettivamente il candore con cui viene presentato nella prima parte del film il protagonista Desmond T. Doss, gli conferisce un’aura di ingenua innocenza che nulla fa presagire della caparbietà e forza d’animo che dimostrerà al campo di addestramento e al fronte. Sono invece la determinazione e la resilienza a trasformarlo prima in soldato prima e poi in un eroe per caso ma nemmeno troppo: un bel personaggio che dev’essere piaciuto parecchio a Mel Gibson, che in Hacksaw Ridge parla di violenza e di fede, di cameratismo e di amore, dimostrando di non aver perso il tocco magico che vent’anni fa lo portò alla vittoria di un Oscar.

L’ultima sezione, quella della battaglia, la più lunga e cruenta, rappresenta una pagina memorabile per la storia dei film di guerra. Mai (solo i primi minuti di Salvate il Soldato Ryan sono forse paragonabili) si era vista sullo schermo una carneficina così realistica. Gibson, nel corso degli anni, ci aveva abituato ad una rappresentazione molto verosimile e talvolta persino eccessiva e “compiaciuta” della violenza tra e sugli uomini (il calvario di Cristo, gli scontri all’arma bianca di Braveheart e Apocalypto), ma stavolta pare aver trovato il perfetto equilibrio tra realismo e linguaggio cinematografico, tra capacità di raccontare e necessità di stupire.

A conferire ulteriore smalto ad un film senza evidenti punti deboli è poi la clamorosa prova attoriale di tutto il cast. Per Andrew Garfield è la prova della maturità, superata a pieni voti, ma grandi applausi vanno anche al dolente padre e veterano Hugo Weaving e all’incredibile addestratore Vince Vaughn, che negli ultimi anni pare aver deciso di nobilitare la propria carriera settando l’asticella a livelli molto più alti di quanto non avesse fatto in passato.

Hacksaw Ridge è quindi più film in uno. Se la storia principale narrata è tutto sommato banale e un po’ retorica, pur nella sua evidente unicità, il lavoro di cesello effettuato sui personaggi e la clamorosa ora finale trascorsa sul campo di battaglia, elevano il film a visione imprescindibile per gli appassionati del genere bellico e rendono la sua nomination agli Oscar come miglior film, credibile e meritata. Bentornato Mel.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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