In qualsiasi altro sito d’informazione italiana (ma non solo, a giudicare dal riassuntone che apre la recensione del Guardian) ci sarebbe bisogno di un lungo cappello introduttivo per spiegare chi sia la pluripremiata autrice di space opera Ann Leckie e perché il suo nuovo romanzo è uno dei titoli più attesi del 2017 nell’intero comparto SFF.

Qui però siamo su Players e Ann Leckie ve l’abbiamo caldamente consigliata quando ancora era un’esordiente 47enne con marito e figli nel Missouri . Non solo: vi ho tenuto aggiornati sull’andamento della prima trilogia da lei pubblicata, la trilogia Imperial Radch, chiudendo la terza e ultima recensione con l’augurio di poter tornare presto ad esplorare il suo futuro sospeso tra alieni e vaghi rimandi all’impero romano.

In Provenance succede esattamente questo: siamo di nuovo nell’universo in cui l’impero radchai si sta frantumando, riflettendo la spaccatura di fazioni che il governo del suo misterioso desposta Anaander Mianaai sta vivendo. Mentre alcune AI si ribellano e chiedono di essere riconosciute come senzienti ed indipendenti, l’umanità aliena e varia è alle prese con un difficile negoziato. L’armistizio già trattato con i terribili alieni mangiaumani Presger sta miracolosamente tenendo e altre razze vogliono partecipare ai negoziati per essere incluse nel concetto di “umanità”, in modo da scampare sia la terribile tecnologia offensiva dei Presger sia le mire espansionistiche radchai.

Temporalmente stiamo quindi esplorando il periodo immediatamente successivo alla conclusione di Ancillary Mercy, ma come spesso accade nei romanzi di Ann Leckie, siamo lontani dal centro dell’azione. Mentre si organizza questo conclave – destinato a protrarsi per anni – ci ritroviamo nel sistema di Hwae, considerato da molti un avamposto secondario e a malapena civilizzato. Non è così per la protagonista, Ingray, che anzi fa parte per adozione di una delle famiglie nobili e che sta tentando un azzardo clamoroso per ottenere il titolo ereditario di Netano dalla madre adottiva. Ingray farebbe di tutto per  umiliare l’arrogante fratello adottivo Danach, incluso spendere tutti i soldi in suo possesso e i suoi guadagni futuri per ottenere la liberazione clandestina di un detenuto di nome Pahlad Budrakim da quella che è definita la rimozione compassionevole. Nei fatti il cittadino diviene ufficialmente morto, spogliato di ogni diritto ed identità e gettato in un complesso carcerario dove regna l’anarchia e manca il cibo.

Budrakim viene liberato, ma il piano di Ingray collassa spettacolarmente tra le lacrime della protagonista. Mentre sullo sfondo continuano i lavori preliminari del conclave, Ingray si ritroverà coinvolta in intrighi diplomatici periferici, un omicidio, il furto di alcune droni ipertecnologici e la scoperta che le preziose vestigia su cui si basa la civiltà Hwae potrebbero essere contraffatte.

Provenance insomma conferma ancor di più (forse troppo) le linee guida della scrittura di Ann Leckie: storie ambientate lontano dal centro nevralgico dell’azione e che si ancorano su piccoli spazi chiusi di pianeti dimenticati. Un crimine misterioso è la molla del racconto, che però verte in larga parte sui rapporti familiari spogliati dalla rigida divisione di ruoli maschile/femminile, processo che porta curiosamente a esaltare ancor di più le dinamiche amorose e genitoriali.

In Provenance viene esplorato in particolare il processo difficile della genitorialità in cui il figlio è in qualche modo letteralmente alieno per il genitore, che compie scelte che ne condizionano irrevocabilmente vocazioni e carattere. Ingray e Danach sono sfiniti dalla competizione che li divide, instaurata dalla madre per scoprire chi di loro sia più adatto ad ereditare il titolo di Netano. Nel romanzo c’è un altro personaggio che deve fare i conti con un genitore alieno per cui è difficile anche fisiologicamente comprendere i suoi bisogni. Sulle vite dei figli regna un costante senso di sacrificio necessario, perché l’onore familiare e la gloria confuciana del proprio clan valgono più del proprio benessere, come testimonia il passato di Pahlad Budrakim.

Ann Leckie si conferma anche una scrittrice delle piccole cose, nel senso che oggetti di poco conto tornano qui ad avere un valore enorme a livello narrativo. Se nella prima trilogia un intero romanzo verteva attorno al mistero di un servizio da tè antichissimo spuntato misteriosamente su un pianeta di periferia, qui Leckie plasma la cultura Hwae attorno a concetto di vestigia, nel senso di memorabilia. Parte del romanzo è ambientata nel museo dove vengono conservati i cimeli più preziosi della civiltà Hwae: si tratta di oggetti quotidiani di poco conto come tegole, inviti a feste, barattoli per sottaceti, che assumono enorme importanza perché legati a momenti chiave della storia del pianeta. L’aspetto più intrigante di Provenance è proprio come Leckie analizzi l’importanza della traccia fisica nel ricordo storico, ma anche la sua estrema manipolabilità e contraffazione.

Peccato però che Ann Leckie prenda chiaramente la via più anticlimatica e periferica possibile, con un romanzo autoconclusivo che è poco più di un filler. Quando esprimevo il desiderio di tornare nell’impero radchai immaginavo un romanzo ambizioso ambientato nella mente frantumata di Anaander Mianaai o agli inizi della costituzione del suo regno, o magari tra i folli interpreti umani coltivati (nel senso stretto del termine) dai Presger per poter comunicare con le razze umanoidi.

Invece bisogna accontentarsi di Ingray, il classico personaggio sciapo in quanto sproporzionatamente sbilanciato in territorio positivo. Piena di virtù e quasi priva di risentimento, ha teoricamente dei difetti, che sono tali solo dal punto di vista squisitamente politico della madre Netano. Lo stesso dicasi per Tic e Phahlad Brudrakim, epigoni degli introversi altamente funzionali che ammorbano la narrativa di genere in epoca social justice. Per contrasto Danach – a cui non viene concesso alcun pregio – risulta terribilmente accattivante e umano.

Provenance è il ritorno senza rischi – ma anche senza verve – di Ann Leckie, che ci conferma quali siano i suoi capisaldi narrativi. Rimane indiscutibile la sua abilità nel tirar fuori grandi storie da piccoli oggetti quotidiani, ma tornerò a raccomandarla anche al di fuori del circolo dei suoi fan quando come autrice tornerà a fare sul serio.

Disclaimer: la casa editrice Orbit ha fornito a titolo gratuito una copia di Ancillary Mercy in cambio di un’onesta recensione, ovvero quella che avete appena letto.

 



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