Il cinema italiano sta messo peggio di un cetaceo spiaggiato e agonizzante.
Da agosto a oggi, tra tutti i film nostrani usciti al cinema, nessuno ha superato i 3 milioni di euro d’incasso e solo uno (La ragazza nella nebbia) è attualmente presente nella top ten degli migliori incassi di stagione. Se si analizzano i dati del box office con maggior attenzione, si scopre che degli oltre 30 film battenti bandiera liberiana italiana distribuiti negli ultimi quattro mesi, solo una manciata ha superato il milione di euro.

In tutto questo, quale sarebbe la trovata dei produttori per rilanciare il cinema nostrano? Fare i film con gli YouTubers, cioè proprio con quelli che il cinema l’hanno ammazzato, levandogli quella fetta di pubblico (i millenials…) che magari prima una volta al mese in sala ci andava pure ma che ora se ne sta in camera a guardarsi i filmati sullo smartphone.

La prima riflessione che dovrebbe saltare in mente a chiunque è: se li vedi gratis su You Tube, che senso ha pagare per farlo al cinema? Voglio dire, è talmente ovvio e cristallino che anche se uno Youtuber ha qualche milione di fan, il suo zoccolo duro di seguaci sarà effettivamente composto da una percentuale nettamente inferiore di followers attivi e che il numero di persone disposte a PAGARE per vederlo fare le stesse identiche cose che fa su Youtube al cinema sarà ancora più ridotto. E invece niente, i produttori non lo capiscono. E insistono, nonostante il mercato abbia già dato risposte inequivocabili e tutte negative.

Così, dopo il risibile flop dell’anno scorso, quello di Game Therapy (il film con gli youtubers videoludici) di cui non si ricorda nessuno, anche perchè appunto l’han visto in quattro gatti, che è costato 2 milioni di euro e ne ha incassati poco più della metà, sono arrivati in sala Sempre meglio che lavorare (nomen omen) dei Pills, scomparso in fretta con poco più di mezzo milione di euro incassato e spernacchiato da tutti, molti film con “apparizioni” di Youtubers (tutte commediole di serie b quali Classe Z, Un Natale al Sud, 10 Regole per farla innamorare, etc.), Addio Fottuti Musi Verdi del collettivo The Jackal (che commercialmente è l’ennesimo flop) ed è in fase di ultimazione il lungometraggio del Terzo Segreto di Satira, forse l’unico sul quale è lecito avere qualche particellare aspettativa, visto che la qualità media delle loro produzioni è leggermente sopra gli standard (infimi, a dirla tutta) della media degli Youtubers nostrani.

Verrebbe quindi da chiedersi quale sia il valore aggiunto offerto da questi soggetti al già moribondo cinema italiano. A conti fatti, zero. In linea teorica qualche vantaggio potrebbe grazie al buzz che gli stessi “attori” creano durante la promozione del film, ma dal momento che il target di riferimento poi in sala non ci va e che il pubblico occasionale, specie in Italia, ha un’età sensibilmente più alta del fruitore medio dei social, ecco quindi che l’unico a trarne vantaggio è lo youtuber stesso, che ha una scusa ulteriore per postare i suoi “contenuti” e le sue foto sui social.

Per anni ci siamo lamentati dei cinepanettoni, che peraltro (almeno) incassavano sfracelli, poi siamo passati ad una breve fase in cui a dominare le classifiche erano comici di mezza tacca, di matrice televisiva o peggio (ricordate I Soliti Idioti? No, meglio non rivangare) e adesso questi. I prossimi film a chi li facciamo fare? Si accettano proposte.

Umile consiglio, davvero scevro da ogni contaminazione ideologica: lasciamo gli Youtubers là dove sono nati e dove devono stare, cioè confinati (si fa per dire) nei social, che sono più che sufficienti per garantire loro fama e denaro, e per il grande schermo proviamo ad investire meglio e di più su veri autori, storie interessanti e non il solito collage di gag e citazioni e formazione tecnica (i registi italiani che sanno (far) muovere una cinepresa si contano sulle dita di una mano, per non parlare delle capacità recitative di attori e attrici, oramai ai minimi storici). Un paio d’anni sembrava che la lezione fosse stata compresa, sarebbe il caso di tornare sulla retta via.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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