Dopo avere trascorso due anni in una bizzarra e inquietante comune, guidata da un uomo apparentemente mite ma in realtà borderline e poco raccomandabile, la giovane Martha decide di scappare e chiedere ospitalità alla sorella, che vive col marito; ma scrollarsi di dosso gli abusi subiti e il condizionamento psicologico ricevuto non sarà facile.

Vincitore del premio per la regia al Sundance 2011, il film di Sean Durkin (anche sceneggiatore) è un’opera difficilmente inquadrabile, a metà fra il thriller e il dramma esistenziale. Quel che è certo è che rappresenta uno degli esordi più clamorosi da molto tempo a questa parte.

La storia è raccontata splendidamente, grazie a un montaggio eccezionale, che permette allo spettatore di visualizzare due piani temporali differenti (il periodo trascorso nella comune e quello a casa della sorella) e comprendere l’abisso in cui Martha viene progressivamente risucchiata.

Se lo stile scelto non è dissimile da quello di molte pellicole del cinema indipendente americano, l’approccio stupisce quanto a rigore ed essenzialità. Un film sobrio, senza scene madri, che suggerisce invece di spiegare, non offre facili soluzioni (anche la vita “perfetta” della sorella di Martha è ben lontana dall’esserlo veramente) e dimostra che l’orrore può avere mille facce.

Negli occhi del pubblico resterà scolpita la sbalorditiva performance di Elizabeth Olsen: se il cognome vi dice qualcosa, non state sbagliando, visto che è la sorella minore delle due pseudocelebri sorelline ed ex starlette della tv. Evidentemente tutto il talento di famiglia si è concentrato nella sola Elisabeth, perfetta nel mettersi a nudo e mostrare tutta la sofferenza e le angosce provate dal personaggio che interpreta.

Notevole anche Sarah Paulson, la sorella di Martha, che si trova tra le mani una bomba a orologeria pronta a scoppiare in ogni momento. L’ennesima prova dell’ottimo stato di salute del cinema indie americano.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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