Il fenomeno dell’emigrazione è profondamente radicato nella cultura, nella storia, nell’essenza dell’essere umano. Che siano indotte da cause esogene o endogene, le migrazioni costituiscono un elemento imprescindibile dell’umanità e ne determinano numerosi eventi storici. In Drinking at the movies. Un anno a New York, Julia Wertz racconta un episodio migratorio semplice che, almeno parzialmente, può essere avvicinato a fenomeni che conosciamo: il lasciare la propria città per vivere in un altro luogo.

Sebbene la scelta dell’autrice presenti degli importanti elementi peculiari, è altrettanto importante sottolineare come le sue esperienze siano caratterizzati da eventi, riflessioni e situazioni ricorrenti in qualsiasi forma di trasferimento da un luogo all’altro. È in particolare quello psicologico l’aspetto che Julia Wertz riesce a descrivere meglio, in una forma più ampia e riconoscibile per chiunque abbia mai effettuato un cambiamento così radicale nella sua vita – o sia stato al fianco di persone che lo abbiano realizzato.

Gli aspetti peculiari, di cui tener costantemente conto nella lettura dell’opera, sono il fatto che l’autrice abbia origini borghesi e abbia studi superiori compiuti; che l’intera vicenda si svolga a cavallo del 2008, cioè prima dell’inizio della crisi economica e finanziaria ancora in corso. Questi due elementi si riassumono in un semplice assunto: Julia Wertz ha potuto scegliere di spostarsi da San Francisco a New York, accettando (più o meno consciamente) le sfide che un tale spostamento richiede.

La facoltà di scegliere è un elemento che, alle condizioni attuali, è appannaggio di una piccola e ricca parte della popolazione mondiale che decide di migrare. La maggioranza dei nostri connazionali (e dei miei coetanei) emigra perché non ha alternative e, spesso, è costretta a partire da zero come l’autrice. Questo è un elemento che aggrava ulteriormente quei problemi che Julia  comunque vive, descrive e racconta efficacemente in Drinking at the movies.

I problemi descritti dall’autrice sono sostanzialmente di due tipi: i primi, che definirei “amministrativi”, sono legati alla sensazione di estraneità che si prova in un’altra città. Questa estraneità, familiare a coloro che viaggiano e trascorrono solo brevi periodi all’estero, assume la definizione di perturbante per la persona che, invece, resterà nel nuovo luogo in cui si trova. I rapporti con le persone comuni, le sottili differenze di costumi e abitudini, le modifiche alla propria quotidianità dovute a nuovi ritmi di vita che devono tener conto anche di spese, pulizie e così via sono tutti elementi che costituiscono questa prima categoria di problemi e si affiancano a quelli squisitamente burocratici – che, oggi più di ieri, sono perfettamente descritti nella letteratura kafkiana e nell’eccezionale presa in giro dell’amministrazione francese che permea alcuni albi di Asterix & Obelix (in particolare ne Le 12 fatiche di Asterix).

Il secondo genere di problemi, invece, afferisce alle questioni psicologiche. A dispetto di una vulgata che vede solo in un’ottica festaiola e di divertimento il concetto di viaggio e di esperienza in un paese straniero, il trasferirsi in un’altra città è un’esperienza innegabilmente traumatica. Julia Wertz ha l’indiscutibile merito di riuscire a far sorridere leggendo dei piccoli drammi quotidiani e di far riflettere assistendo a cosa significhi non poter essere presenti in quelli che sono i grandi drammi eccezionali della vita.

Per questi motivi, pur considerando le debite differenze, ritengo che l’uscita italiana di Drinking at the movies sia una lettura che possa essere di grande aiuto, soprattutto per quei giovani che desiderino provare un’esperienza di vita e per i loro cari (amici e amiche, fidanzati e fidanzate, parenti a vario titolo). Per gli altri, resta un fumetto particolarmente interessante, la cui lettura strapperà qualche sorriso e offre uno spaccato di vita newyorkese alla fine degli anni ’10 del XXI secolo. Menzione d’onore per la gallery conclusiva, che dimostra come la “Grande Mela” sia e resti una delle città più europee presenti negli Stati Uniti.

Potete leggere un estratto dell’opera sul sito ufficiale di Eris edizioni.



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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