Si conclude, dopo aver viaggiato a velocità alterne (è colpa della chiusura della frontiera campana, Clod deve farmi arrivare la roba come se vivessi in Corea del Nord; ndr), la disanima delle nuove serie lanciate da Awa Studios. La giovanissima realtà statunitense, di cui ricostruivo brevemente la storia editoriale nel primo post della rassegna, che ha esordito lanciando alcune serie sul mercato fisico e digitale (disponibili anche su ComiXology EU), purtroppo in un momento molto complicato per il fumetto USA, come raccontavamo nel precedente articolo. In questo ultimo articolo vi parlerò di The Resistance, di cui potete anche leggere il primo numero gratuitamente sul sito ufficiale dell’editore, e di Zero Hour.

THE RESISTANCE

Sfogliare le pagine del primo numero del fumetto di J. Michael Straczynski e Mike Deodato, coppia che non ha certo bisogno di presentazioni, è affascinante. Il duo immagina che un virus sconosciuto, più letale del vaiolo, dell’ebola o dell’arcinoto COVID-19, colpisca l’umanità e ne lasci in vita solo il 5% (circa 390 milioni di esseri umani). La ricostruzione è efficace e affascinante, riuscendo a equilibrare correttamente la coralità di eventi e differenti punti di vista. Ma è soprattutto un modo per introdurre una serie di variabili che concedono maggiori libertà agli autori, in una pratica che mi ha ricordato vagamente il modo in cui, descrivendo il cosiddetto “risveglio”, si introducono i giocatori al mondo di gioco di Shadowrun. Una parte dei sopravvissuti alla “grande morte”, infatti, sviluppa una serie di abilità fisiche e psichiche sovraumane per un breve periodo di tempo.

Purtroppo, nonostante i due numeri che AWA ci ha inviato e la promessa di allontanarsi dagli stereotipi del genere supereroistico, Straczynski ha deciso di centellinare le informazioni e dedicarsi soprattutto alla costruzione dell’ambientazione. Così, dopo un primo numero incentrato sull’epidemia e sul suo decorso, il secondo preferisce occuparsi della “fase 2” e del salvataggio di uno di un personaggio, il probabile “Nick Fury” della situazione. Una scelta forse determinata dal fatto che, al di là della durata della serie (sono sei i volumi che andranno a comporre The Resistance), l’intenzione di Awa è di inaugurare un universo supereroistico condiviso. Un indizio, in tal senso, potrebbe essere la scelta di ricorrere al bianco e nero: che il guadagno di poteri sia legato a una perdita specifica, comune a tutti/e coloro che subiscono questi effetti? Nota a margine per Mike Deodato, che opta per un tratto realistico impeccabile. Anche in assenza di colori, infatti, il disegnatore spagnolo ci consegna dei volumi che sembrano interpretati da attori e attrici reali. Aspettiamo di capire come si sviluppi l’opera.

YEAR ZERO

Zombie. Nel 2020. La fortuna del mostro per antonomasia del XX secolo non accenna ad attenuarsi. Se Capcom ci propone una nuova rilettura di un suo classico, con un Resident Evil 3 che spinge sull’azione, mentre The Walking Dead si concentrava sulle relazioni di potere tra vivi nel post-apocalisse, Benjamin Percy e Ramon Rosanas optano per una scelta che definirei “umanistica”. Zero Hour, infatti, racconta da cinque punti di vista – profondamente eterogenei – il momento del crollo.

Un sicario giapponese, un bambino povero messicano, una mediatrice militare afgana, una ricercatrice che lavora al Polo, un ragazzo paranoico del Midwest americano: sono questi i cinque punti di vista che si alternano in ogni numero. Una scelta certamente rischiosa, poiché espone l’opera al rischio di una forte frammentazione e a una certa confusione, ma allo stesso tempo affascinante. Soprattutto si tiene conto della complessità del nostro presente – una complessità che, spesso, ci sfugge ma che, come l’attuale segregazione mostra, influenza in maniera macroscopica le nostre vite e i sistemi in cui viviamo. Probabilmente il tentativo di coralità di Zero Hour ne costituisce la principale debolezza, soprattutto nel lungo termine, ma, per quanto riguarda questi primi due numeri, ne è anche il principale punto di forza. Nei prossimi mesi scopriremo come si evolvono le singole linee narrative, se alcune di esse si incroceranno e se altre si interromperanno: difficile prevedere l’esito, ma essere originali parlando di zombie mi sembra già un punto a favore.


Fondata nel novembre 2018 da Axel Alonso e Bill Jemas, ex scuderia Marvel, e Jonathan Miller, tra gli sviluppatori di Wikia (il servizio di web hosting, noto anche come Fandom, che colleziona guide su specifiche serie, opere, ecc.), AWA Studios è una delle piccole case editrici indipendenti che, negli ultimi anni, sono nate negli Stati Uniti. Il nome della società è una dichiarazione d’intenti, poiché è un acronimo dei termini artisanwriterartist: i tre fondatori hanno cercato di costituire un’azienda nella quale l’orizzontalità e la discussione prevalgono sulla verticalità e sul mercato. Un tentativo che, in un mercato schizofrenico come quello dell’editoria fumettistica statunitense, assume un valore maggiore. Una proposta che ha suscitato l’interesse di numerosi/e autori e autrici che, nel corso degli ultimi due anni, hanno scelto di unirsi alla casa editrice. È così che, nell’agosto 2019, la AWA ha annunciato la costruzione di un universo condiviso tra le sue opere.

Qui potete leggere la prima e la seconda parte della nostra analisi: AWA Studios, il volto nuovo del fumetto indie USA – Parte 1 & Parte 2.



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Dario Oropallo

Ho cominciato a leggere da bambino e, da allora, non ho mai smesso.

Anzi, sono diventato un appassionato anche di fumetti, videogiochi e cinema: tra i miei autori preferiti citerei M. Foucault, I. Calvino, S. Spielberg, T. Browning, Gipi, G. Delisle, M. Fior e S. Zizek.

Vivo a Napoli, studio filosofia e adoro scrivere. Inseguo il mio sogno: scrivere.

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