Prima di diventare un contrabbandiere, Han Solo (di nome e di fatto) è un ragazzo che sogna di abbandonare assieme alla sua amata il Pianeta Corellia e diventare il miglior pilota della Galassia. La fuga riesce, ma i due sono costretti a separarsi, così, dopo aver incontrato il gigantesco wookie Chewbecca, Han si unisce ad un piccolo gruppo di ladri guidato dal carismatico Tobias Beckett, che vuole mettere a segno un grosso colpo ai danni dell’Impero, ma ovviamente non tutto va come previsto…

Prima, ovvia e logica considerazione: non era il caso. No, davvero non era proprio il caso di realizzare uno spin-off su Han Solo, uno tra i più carismatici personaggi dell’Universo di Guerre Stellari, non tanto perchè questo Solo – A Star Wars Story sia venuto male, anzi, ma proprio perchè dissipa con azioni e spiegoni i tanti misteri che avevano trasformato l’eroe da semplice personaggio a icona senza tempo.

In ogni caso Solo – A Star Wars Story è qui e come film stand alone non è nemmeno il disastro che le interminabili vicissitudini produttive avrebbero fatto pensare potesse venire fuori da un tanto repentino quanto tardivo cambio alla regia ( Phil Lord e Christopher Miller vennero sostituiti a tre settimane dalla fine delle riprese da Ron Howard che poi ne ha girate altre cinque ex novo) e da vari pasticci in fase di preproduzione e svolgimento (con tanto di insegnante di recitazione imposto a Alden Ehrenreich…).

Tirata una riga, il risultato è che Solo – A Star Wars Story è un onesto blockbuster che cerca di mixare diversi generi tra di loro (dal western al fantasy, dal buddy movie al’action-adventure) senza però mai riuscire a convincere pienamente o a regalare momenti epici come invece era riuscito al primo spin-off Starwarsiano, Rogue One.

Gli elementi per portare a casa il risultato in effetti ci sarebbero, anche prescindendo dal fascino e spessore del protagonista: ci sono tutti i riferimenti possibili e immaginabili alla trilogia classica (e non solo…), ottimi effetti speciali, alcune sequenze molto ben dirette (l’assalto al treno, decisamente ludica, che richiama infatti un’epica sequenza di Uncharted 2), un minimo di dramma a far da contrappeso all’atmosfera più ridanciana e rilassata che si conviene ad un titolo del genere ma…manca qualcosa, un guizzo, un’idea, un momento da ricordare e che resti impresso nella mente.

La regia di Howard, che quando vuole sa girare ottimi film, sembra davvero troppo didascalica e poco entusiasta per valorizzare i personaggi e le scene d’azione. Anche lo script di Jon e Lawrence Kasdan scade spesso nel convenzionale, con pochi colpi di scena prevedibili e situazioni sempre di facile lettura e mai sufficientemente intriganti per solleticare l’occhio oramai esausto dell’appassionato del franchise. Purtroppo il cast ci mette del suo: se il povero Alden Ehrenreich è probabilmente il miglior Solo possibile (fatta eccezione per Harrison Ford giovane, chiaro) e Woody Harrelson è immenso come al solito, sia la Clarke che l’atteso Glover deludono parecchio le aspettative.

La prima conferma che televisione e cinema, checchè se ne dica, restano ancora mondi piuttosto distanti: il personaggio di Qi’ra, sulla carta donna misteriosa e complessa, viene troppo spesso appiattito dalla performance banalizzante dell’attrice, Glover invece è un completo, assoluto disastro (e non solo per sua colpa). Carlissian, che da quel poco che si era visto nella trilogia originale, avrebbe potuto essere sviluppato con mano libera e creativa da parte degli sceneggiatori, finisce per essere ridotto ad un baro mitomane e antipatico, sempre assente dall’azione e reso ancora più ridicolo dal “romance” che gli sceneggiatori gli affibbiano con una robot “populista”, probabilmente la peggior idea di scrittura mai vista nella quarantennale storia di Guerre Stellari, seconda solo al famigerato special di Natale dei tempi che furono.

Onestamente non si può parlare di aspettative deluse perchè erano davvero in pochi a nutrire grandi speranze per questo Solo – A Star Wars Story che, pur essendo in definitiva un’opera simpatica e godibile, di certo non lascerà gran traccia nella storia del franchise. Del coraggio produttivo dimostrato da Disney in Rogue One qui non v’è traccia. Peccato, perchè proprio gli spin off avrebbero potuto essere, ben più della trilogia “ufficiale”, un modo per provare a testare nuove e diverse modalità di approccio a questo oramai ingombrante franchise.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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