Ci vuole una certa sicurezza nei propri mezzi per sceneggiare la propria prima storia nella cabina di camion, stringendo per quasi l’intero racconto i due protagonisti tra le portiere del veicolo, con tutte le conseguenze narrative e visive che ciò comporta, ma evidentemente a Rita Petruccioli l’auto-consapevolezza non manca.

Parte con un appuntamento sul raccordo Ti chiamo domani, l’esordio come autrice a tuttotondo di Rita Petruccioli, già artefice dei disegni di Frantumi, pubblicato con Bao nel 2017, nonchè apprezzata illustratrice per libri, magazine e advertising. Chiara e Daniele sono due sconosciuti. Chiara sta partendo (o scappando?) da Tolosa, vuole farlo subito, e suo padre ha un’amico con una ditta di consegne. Daniele guida un camion e il suo percorso di rientro passa poco lontano da Chiara. Ad unirli è una telefonata. I mondi di Chiara e Daniele non potrebbero essere più distanti. Lei ha una ventina d’anni e sente di dover colmare il silenzio raccontando. Lui ha occhi ha una decina di anni in più, calvo e barbuto, risponde a monosillabi.

Due giorni di viaggio però demoliscono ogni distanza e Ti chiamo domani diventa presto il racconto di come sia possibile aprirsi all’altro, anche ad un altro che ci è ignoto, sfruttando anzi l’assenza di impalcature e pregiudizi per aprire scomparti scomodi e intimi, senza la necessità di rendere tutto esplicito. In quei pochi metri quadri di spazio, ciascuno ha un suo fardello da portare verso casa, inconsapevole dell’altro.

È Chiara a scardinare piano piano il burbero silenzio sostenuto di Daniele attraverso un fiume in piena di parole, intervallati da flashback del suo Erasmus a Tolosa che aiutano il lettore a ricostruire i motivi che la stanno spingendo a ripiegare verso casa. Daniele invece per lungo tempo oppone un muro di occhiali scuri e risposte secche finchè una sosta in autogrill apre una breccia.

Quello che i due protagonisti sono pronti a raccontarsi, e a raccontare al lettore, al rientro sul camion è un uno-due di cazzotti alla bocca dello stomaco che tolgono il fiato. Un apice climatico a cui la graphic novel di Rita Petruccioli arriva però con una naturalezza leggera, fatta di dialoghi ben costruiti in cui le parole di Chiara e Daniele suonano come quelle che due ragazzi della loro età scambierebbero in un contesto simile: prima un po’ impacciate e generiche, poi via via che la confidenza si diffonde nell’abitacolo i discorsi sempre più intrise di significati personali.

A questo punto, un po’ a sorpresa, i ruoli si invertono. Chiara non riesce descrivere apertamente ciò da cui fugge. I segni lasciati dal tradimento della fiducia con si ritrova quotidianamente a fare i conti sono ancora troppo forti. Quello che può offrire sono accenni, frase vaghe dietro cui tuttavia Daniele riesce ugualmente a cogliere qualcosa di più di quella notte che al lettore è invece proposta attraverso un duro flashblack, giocato sulla raffigurazione al negativo che esplode in una splash page in bianco di estrema efficacia.

L’apertura del camionista è invece totale, cristallina, spiazzante per l’onestà e il distaccocon cui è raccontata, frutto forse degli anni passati a raccontarsela da solo seduto al volante, nonostante l’impossibilità umana di farsene una ragione.

Come Drogo, il protagonista del Deserto dei tartari che Chiara sta leggendo la sera in cui decide di abbandonare Tolosa, entrambi i personaggi di Ti chiamo domani vivono in una loro fortezza in attesa di qualcosa che sanno non succederà mai: nella vita di ciascuno di noi ci sono eventi con cui non si arriva mai a fare i conti davvero, perchè finiscono per sbriciolare componenti così intime di noi stessi che l’unica reazione possibile diventa erigere un muro difensivo. Il viaggio compiuto insieme, ovvia quanto potente metafora del loro percorso personale, è infine il primo passo oltre quella barriera difensiva, finalmente incrinata dalla riscoperta della possibilità di affidarsi a qaulcuno che è altro da sè, in grado di accettare e ascoltare.

Cavalcando la metafora, Ti chiamo domani è un passo importantissimo anche per Rita Petruccioli, sia perchè immagino sia servito per incanalare ed esorcizzare emozioni che covava in sé da tempo, sia perchè dal punto di vista professionale conferma il suo talento grafico, già ben noto, ma ne mette in luce anche un’abilità nella scrittura per nulla scontata, soprattutto nei dialoghi, naturali sia quando raccontano feste sia quando approfondiscono le esperienze con le droghe. Abbandonata la fortyezza, speriamo ci siano tante altre storie da raccontare.



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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