Sarà vero che al pubblico piace sentirsi raccontare sempre le stesse storie?
A giudicare dagli incassi de Il Re Leone, che in questo momento hanno abbondantemente superato il miliardo di dollari (con prevista chiusura a uno e mezzo) si direbbe di sì. In un anno a dir poco memorabile per Disney, che al 31 dicembre avrà incassato oltre 10 miliardi di dollari in soli biglietti cinematografici, Il Re Leone, brilla, sì, ma solo di luce riflessa. A differenza di tutti gli altri blockbuster sfornati recentemente dalla casa di produzione, pare infatti essere l’unico davvero derivativo e del tutto privo di un’anima propria. Certo, il classico del 1994 è forse il film animato più famoso di sempre e, a quel tempo, risultò davvero innovativo sia quanto a forma che per contenuti. Oggi, quella stessa storia appare decisamente meno appassionante ed emozionante, vuoi perchè, appunto, già vista e stravista in mille declinazioni diverse, vuoi perchè in questa versione, molto prosaicamente, non rende tanto bene quanto fece 25 anni fa.

Il Re Leone 2019 è identico alla versione ’94. Non “simile”, proprio identico. Calcolando in termini percentuali, credo che, a star larghi, ci sia l’1% di sequenze e inquadrature diverse rispetto alla versione animata. Se Il Libro della Giungla poteva contare su un approccio decisamente più creativo e lo stesso Aladdin, seppur in modo minore (ma comunque efficace) ha provato a smarcarsi dalla “vecchia” versione, Il Re Leone è semplicemente lo stesso film di 25 anni fa ma realizzato con una tecnica diversa. Essendo uguale si potrebbe quindi pensare che funzioni altrettanto bene, ma non è così: il fotorealismo raggiunto e ostentato, è indubbiamente un traguardo tecnico rimarchevole, ma sull’piano dell’empatia non funziona altrettanto bene. L’esempio più evidente è rappresentato dalla coppia formata da Timon & Pumba, due dei personaggi più esilaranti mai creati nell’universo Disney che qui però faticano a suscitare la stessa simpatia ed empatia.

Tutte le sequenze più iconiche del film (la morte di Mufasa, la sua “apparizione” a Simba, la folle corsa della mandria di gnu, la “battaglia finale”) risultano, per quanto spettacolari, emotivamente depotenziate: la CG appiattisce e svilisce l’eccezionale lavoro svolto dagli animatori e disegnatori della versione originale, tutto è perfetto ma asettico, impeccabile ma prevedibile. Insomma, considerando che le nuove versioni delle canzoni storiche, unico reale elemento “innovativo” non rappresentano chissà quale quantum leap migliorativo rispetto alla prima edizione, questo nuovo Il Re Leone è bellissimo ma inutile. D’altra parte, se al pubblico piace sentirsi raccontare sempre la stessa storia…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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