Honneamise No Tsubasa ha influenzato molte pellicole dal successo strepitoso, riscrivendo le regole auree dell’animazione; tuttavia viene ancora oggi ricordato per il disastroso fallimento commerciale al botteghino. Le incongruenze con i canoni classici, il realismo del mecha-design, la poesia degli sfondi color pastello e il ritmo naturale della narrazione lo incoronarono come prima pellicola d’animazione seriamente sperimentale, in grado di osare senza annoiare.

Honneamise è un regno decadente e tribale, una dittatura serrata in se stessa e in continuo conflitto su scala globale con la Repubblica, acerrimo nemico dall’idioma posticcio. È un universo alternativo verosimile, soffocato da un infinito ciclo bellico e popolato da un’umanità sfiduciata, immersa nella prostituzione del consumismo come unica fede spirituale. Una società sfocata, in bilico tra la mortale ambizione insita nell’intelligenza umana e la rassicurante superstizione, terrore ancestrale dettato dall’istinto di sopravvivenza.

Le ali di Honneamise

La pellicola narra le disavventure personali di Shirotsugh Lhaddat, primo astronauta al mondo intento a entrare nell’orbita terrestre grazie a un razzo spaziale dalle improbabili velleità militari. Lo spettatore vivrà il duro allenamento cui verrà sottoposto il protagonista da un’attempata squadra di ingegneri aerospaziali, la sua infatuazione per una fanciulla pura e dalla fede incrollabile ed esplorerà i conflitti interiori di Shirotsugh di fronte alle implicazioni morali e spirituali della missione. Il tutto è narrato in una forma documentaristica deliziosa, capace di esaltare l’investimento emotivo di tutti i personaggi coinvolti in questa storica impresa.

La raffinatezza di Sadamoto acquisisce nell’animazione una forma tangibile. Delinea un’atmosfera Steam-Punk, satura nei colori indiani delle pompose divise militari vittoriane, ossidata nelle elaborate architetture elettriche. La struggente illustrazione del visino in lacrime di Manna, una bimba innocente e silenziosa, traumatizzata da un passato di violenze familiari, eleva il disegnatore nello striminzito olimpo dei veri maestri della caratterizzazione. Ovviamente anche gli svogliati camerati di Shirotsugh hanno ricevuto un trattamento simile, presentando un ampio grado di differenziazione che diventerà poi parte della cifra stilistica di Yoshiyuki.

Le ali di Honneamise è pioniere nell’utilizzo di una cognizione reale degli spazi ambientali attraverso la ricerca minuziosa dell’angolazione di ripresa perfetta: una telecamera posticcia e invisibile è tanto naturale da passare del tutto inosservata all’occhio dello spettatore. Le sterili tecniche digitali sono relegate ai pochi effetti speciali mentre le complesse strutture tridimensionali sono state animate completamente a mano, ottenendo un risultato francamente indimenticabile. Le truppe aeree e tutte le unità militari di terra appaiono puramente solide ma caratterizzate da un dinamismo analogico raro e prezioso. Il commovente shuttle pronto al decollo cesellato da Anno ne è l’esempio più lampante. Epigono di questa complessa visione sarà poi Porco Rosso, canto del cigno dell’animazione tradizionale meccanica.

Le ali di Honneamise
Ryuichi Sakamoto propone una colonna sonora ritmata, costruita su marcette militari sfiatate, addolcite sonorità industriali, scheletriche litanie orientali ed evocativi brani d’organo preposti a descrivere la progressiva emancipazione umana dal viscerale destino terreno. Grande cura è stata infusa anche nella scelta dei plausibili suoni meccanici, ipnotici nella loro sorda risonanza.

Le ali di Honneamise è un’opera seria e concisa, ma dotata di una vis comica in grado di alleggerire il tono della pellicola con stile, eliminando preventivamente i melodrammi tendenziosi del depresso Anno. Solo lo storico finale rivelerà la profondità delle tematiche trattate, consentendo allo spettatore un’interpretazione personale, aperta a ripensamenti e modellabile in base alla propria sensibilità.



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