Seppur poco noto alle nostre latitudini, quello di Xuan-Yuan Sword è in realtà un franchise ben più che consolidato in oriente, con un primo debutto sul mercato taiwanese nel 1990. Nel corso degli ultimi decenni la serie si è arricchita enormemente, arrivando ad annoverare un volume di pubblicazioni, fra spin-off e capitoli principali, davvero impressionante. Tuttavia è soltanto con The Gate of Firmament che nel 2016 Xuan-Yuan Sword diventa significativamente internazionale; complice una prima e storica localizzazione in lingua inglese.

La somma stilistica che caratterizza l’opera di Softstar Entertainment e DOMO Studio è chiaramente di stampo fantasy, benché le vicende raccontate dalla saga si inseriscano di fatto nel tessuto storico cinese. L’ultimo ritrovato della serie, Xuan-Yuan Sword 7, non fa eccezione: la vicenda prenderà vita nella sensibile transizione di potere fra la Dinastia Han (206 a.C 9 a.C – 25 d.C 220 d.C) e quella Xin (9 a.C 25 d.C). Un’epoca contraddistinta da costanti lotte interne e intrighi di palazzo, ma anche da virtuose e fiorenti scoperte.

In questa cornice, vestiremo i panni di Taishi Zhao, un giovane e talentuoso spadaccino che anni prima vide perire la sua famiglia (a eccezione della sorella minore) in un bizzarro incendio. Al centro di questa vicenda sembrerebbe però esserci un misterioso manufatto: una singolare pergamena in bambù rinvenuta nella tomba di un dignitario. L’oggetto tuttavia tornerà a infestare la vita del giovane Zhao, dando vita a un’epopea colma di elementi marcatamente sovrannaturali; e quindi, ecco il fantasy.

Xuan-Yuan Sword

Xuan-Yuan Sword 7 replica la sostanza ludica del precedente capitolo [che quasi nessuno ha giocato in occidente, quindi poco male. NdClod], adattando alla componente ruolistica un combat system in terza persona indubbiamente più contemporaneo. In tal senso, è notevole infatti come il gioco riesca nell’intento di proporre una forma mentis tecnica assai distante dalle origini, quando il franchise gravitava attorno alle filosofie di Dragon Quest e Final Fantasy.

Xuan-Yuan Sword: Botte da orbi

Restando in tema combat system, questo settimo capitolo si mostra in maniera convincente, pur non riuscendo tuttavia a disturbare i vertici del genere. I combattimenti all’arma bianca appaiono fluidi, ispirati, e spesso appaganti, supportati da abilità parallele capaci di innescare combo decisamente cinetiche. Fra queste figurano combinazioni prese di peso dal calderone delle arti marziali, una scelta che contribuisce senz’altro ad alimentare l’immaginario culturale cinese per il giocatore occidentale. Non solo, ma ad affiancare fendenti e pugni avremo degli artefatti, come l’Elysium, nonché una pergamena che ci consentirà di attingere a differenti abilità magiche, come quella che consente di arrestare brevemente il tempo, dandoci così la possibilità di attaccare più efficacemente o di curarci; o persino assorbire, letteralmente, i mob che stiamo affrontando.

Naturalmente disporremo di tutti i moveset del caso, quali schivate e parate, che però rappresentano il lato meno gradevole di un combat system di buona concezione. Ad arricchire ulteriormente l’offerta, troveremo dei quick time event che si manifesteranno, talvolta, alla fine di alcuni combattimenti, come per esempio le boss fight. Il feedback legato alla difficoltà è stato in larga parte fin troppo edulcorato; ciò nonostante è doveroso ricordare come il gioco proponga fino a tre livelli di difficoltà opzionabili. Molto semplicemente: facile, medio e difficile.

Xuan-Yuan Sword 7 offre ai giocatori una buona capacità di personalizzazione, con una vasta gamma di oggetti opzionabili fra armi, armature e gioielli. Questi andranno a modificare le statistiche di base del nostro protagonista e dei nostri alleati, sottolineando ulteriormente l’animo rpg del titolo. Notevole anche la varietà di consumabili e materiali, quest’ultimi indispensabili per le sezioni di crafting.

Peccato per tutto il resto

È proprio sul piano visivo che emergono i grandi limiti della produzione. Seppur esteticamente gradevoli, i modelli e le animazioni dei personaggi appaiono vetusti e grossolani persino per la vecchia generazione di console. Inoltre l’environmental design risulta piacevole allo sguardo fintanto che non lo osserviamo più da vicino. Texture talvolta grezze e assai poco rifinite. Buoni invece gli hud di gioco: semplici e intuitivi.

La componente free roaming si concretizza attraverso macro-aree spesso sterili e ridondanti, la cui scarsa interazione ambientale è superata unicamente dalla scarsità dei mob che le popolano. Piuttosto piatti e poco curati sono anche gli npg che abitano i vari villaggi: ai limiti dell’anonimato e privi di una routine comportamentale sufficiente. Questo aspetto, coadiuvato all’eccessiva verbosità dei dialoghi, finisce per rendere tediosi numerosi segmenti di gioco, con una voglia sempre maggiore di saltare gli intermezzi dialogati.

Xuan-Yuan Sword

Ma va bene così

Eppure, nonostante tutto, faccio fatica a non apprezzare Xuan-Yuan Sword 7. E la ragione è molto semplice: il titolo taiwanese riesce perfettamente nell’intento di rappresentare, alla stregua di altre industrie, quello spaccato epico di cui la cultura cinese è pregna. Nel corso degli ultimi vent’anni abbiamo saggiato ogni immaginario folkloristico possibile e immaginale: dalle scorribande vichinghe fino ai virtuosismi dei samurai. Eppure, dall’annuncio di Black Myth: WuKong, abbiamo capito quanto, in termini strettamente estetici, l’immaginario cinese possa tenere testa, se non addirittura superare, i vertici epici raggiunti sinora da altre culture.

Laddove sono evidenti i limiti dettati dal know-how di sviluppo, va altrettanto detto come Xuan-Yuan Sword 7 rappresenti un coraggioso tentativo da parte di un’industria da sempre legata ai propri mercati regionali. Un banco di prova superato a mio avviso con dignità. Si spera vivamente che in futuro possa essere ragionato un rinnovamento sia tecnico che contenutistico; espandendo l’offerta ludica, e magari, includendo una localizzazione in italiano.



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