the suicide squad

Le premesse, dato il mediocre primo capitolo Suicide Squad (David Ayer, 2016), non erano certo buone, e le ragioni degli spettatori per evitare in sala la nuova missione suicida erano senz’altro ben riposte. Tuttavia, nonostante le ovvie motivazioni che hanno condotto la Warner/DC a lanciarsi in questo ennesimo tentativo concorrenziale nei confronti della Disney/Marvel, non si può non osservare con una punta di orgoglio che il film risponde all’incauta strategia “o la va, o la spacca” che sul medio-lungo periodo potrebbe ripagare bene, quantomeno in termini di affiliazione cinefila e riconoscimenti di nicchia.

Intanto perché a dirigere c’è un outsider d’eccellenza, ossia James Gunn, il regista che si è fatto le ossa alla Troma, che si è distinto con i coraggiosi e dissacranti Slither (2006) e Super (2010) e che, infine, è approdato ai Marvel Studios sfornando il dittico de I Guardiani della Galassia (2014 e 2017) – tra i cinecomic più originali e divertenti realizzati in questi anni – per poi essere cacciato per le stesse ragioni con cui era stato assunto: essere un bambinone brillante e politicamente scorretto. Alla Warner, che non avevano e non hanno più molto da perdere sul fronte cinecomic – soprattutto i pubblici morigerati ed esigenti – hanno assegnato il seguito di quell’insuccesso garantito a Gunn, puntando tutto sulla sua stravagante creatività e un manipolo di interpreti con il colpo in canna – mica come il disarmato e disorientato Will Smith/Deadshot – facendo finalmente centro.

the suicide squad

The Suicide Squad Missione Suicida (James Gunn, 2021) è un prodotto dotato di una peculiare coerenza interna, lontano dai confezionatissimi Marvel movies, privo di fronzoli esplicativi e ricco di trovate visive deliranti e assolutamente godibili che, al netto di una semplicità e prevedibilità narrative, riesce a rovesciare il punto di vista sulla storia trascinando lo spettatore all’interno delle folli menti dei suoi protagonisti – talvolta addirittura cullandovisi, come nella bellissima sequenza di nuoto di Harley Quinn/Margot Robbie – fino a trasfigurare la realtà e offrire un ricercato sense of wonder.

Della trama ci basta sapere che a un gruppo di villain ormai nelle mani della “giustizia” viene offerta una seconda possibilità. In cambio delle loro abilità speciali, messe a servizio di una missione secretata ad alto rischio di morte o fallimento, verrà concessa loro la libertà. A questo The Expendables in salsa fantasy viene aggiunta una buona dose di non-sense e un citazionismo pop che strizza l’occhio agli appassionati del genere e agli orfani della commedia demenziale d’antan. Si potrebbe quasi dire che The Suicide Squad sia un Troma’s War (Lloyd Kaufman e Michael Herz, 1988) riattualizzato e con i superpoteri. Niente di più azzeccato per smarcarsi definitivamente dalla tendenza softdrama e di intrattenimento etico perseguiti in casa Disney.

the suicide squad

Sul fronte del ritmo The Suicide Squad è ineccepibile. Il film scivola via senza intoppi, correndo rapido sulle informazioni già note – sfruttando uno stratagemma che vede mixati riepilogo (del materiale vecchio) e introduzione (del materiale nuovo) in maniera non lineare e piuttosto accattivante – per rallentare sui passaggi dedicati ai singoli antieroi, valorizzandone l’origine e l’identità. Il risultato è un film che, nemmeno per un secondo del suo tempo, osa prendersi sul serio. Il dramma e la violenza sono ben stemperati dalla caratura non solo dei personaggi ma anche degli attori scelti per interpretarli, a cui essi riescono a imprimere un’energia “metatestuale”.

La trinità Idris Elba/ Bloodsport, John Cena/Peacemaker e Joel Kinnaman/Rick Flag è perfetta nell’esporre la complessità della giustizia tradizionale nell’ottica della pace universale e delle libertà individuali, del valore dei diritti e dei doveri; mentre attorno a loro si fanno spazio le subculture e/o gli emarginati, che rappresentano le nuove voci della resistenza incarnate da Margot Robbie/Harley Quinn, Daniela Melchior/Ratcatcher II, David Dastmalchian/Polka-Dot Man e Sylvester Stallone/Nanaue. Il nemico, manco a dirlo, è sempre la solita vecchia forza repressiva, dominante e spersonificante che, a più livelli, tenta di conquistare il potere, alla cui vetta più alta questa volta c’è un pucciosissimo e pericolosissimo kaijū alieno incazzato. Insomma, cosa volere di più?



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