Parafrasando un altro grande talento, che tuttavia si esprime in un campo decisamente diverso, puoi togliere Tom King da Batman, ma non Batman da Tom King. Nonostante l’interruzione anticipata del suo ciclo da sceneggiatore durata 85 numeri, lo scrittore newyorkese ex agente CIA non è ancora riuscito a sganciarsi del tutto dal Cavaliere Oscuro. O forse, la colpa è proprio di quella separazione anticipata: nelle maniche di King c’erano ancora diverse storie di Batman, legate soprattutto al suo rapporto con Catwoman, storyline che ai vertici DC pare non andasse troppo a genio. Aggiungiamoci che King è un autore che si ama o si odia, ed ecco spiegato come la testata Batman sia finita in mano ad artisti più “pop”, mentre King ha trovato una sua dimensione nelle mini-serie, dove la sua scrittura appare più efficace e potente rispetto a quando è diluita sul lungo periodo. E tra tutti i suoi numerosi recenti lavori in questo formato, Gotham City: Anno Uno è senza dubbio tra i più convincenti. 

Come ricostruito nell’ottimo editoriale che apre il volume Panini, tutto ha avuto inizio con Batman: Anno Uno di Frank Miller. La rinarrazione milleriana delle origini del Cavaliere Oscuro ha aperto la strada a una serie di nuove interpretazioni del mito estese a un’ampia galleria di personaggi DC Comics, ma finora il protagonista al centro dei riflettori non era mai stato tanto grande quanto una città. E tuttavia, è allo stesso tempo vero che nessun’altra città ha contribuito a definire il mito del proprio eroe quanto Gotham diventando di fatto un comprimario indispensabile alle avventure del pipistrello: più che una metropoli, Gotham è un vero e proprio brodo primordiale tra i cui corrotti flutti è sorto il mito dell’uomo pipistrello. 

Eppure c’è stato un tempo in cui Gotham era la città più sicura degli USA e King inizia da lì la sua origin story fuori dall’ordinario, per raccontare il prezzo che i cittadini di Gotham hanno dovuto pagare per quella tranquillità e quali eventi l’hanno infranta. Le fondamenta di Gotham poggiano però sui cognomi delle famiglie che l’hanno costruita, più che su dei luoghi, e quello dei Wayne è centrale nella storia degli eventi che hanno determinato, e determinano tuttora, il volto della città.

Non era per nulla scontato invece incontrare il nome di Slam Bradley, detective privato nonché originale protagonista di Detective Comics, come suggerisce il titolo, prima dell’arrivo dell’uomo pipistrello. Bradley era già stato recuperato nella storia recente della DC Comics, nella Gotham Central di Brubaker ad esempio, ma King gli ritaglia addosso un ruolo inedito e centrale nella vita di Gotham, degli Wayne e di Batman, trascinandolo nel cuore nero nelle bugie e nei secondi fini che avvolgono il rapimento di Helen, figlia di Richard e Costance Wayne, nonni di Bruce, nonché incarnazione di quel privilegio così strafottente da credersi onnipotente contro cui Batman da sempre conduce la sua lotta. 

In questo pulp moderno che riprende le atmosfere della golden age, splendidamente rese dai colori della superstar Jordie Belaire, solcate brillantemente tratto stilizzato e dinamico di Phil Hester, in cui i cerotti sulla faccia di Slam sono solo la punta dell’iceberg dei rimandi, King si muove su di un terreno che ormai gli è familiare. Si tratta di un limbo nella continuity DC in cui King è ormai abituato (o rassegnato) a muoversi, una realtà quantistica in cui gli eventi raccontati da King possono essere successi come no: finché qualcuno non si deciderà ad affrontare in modo diretto le pesanti ed esplosive conseguenze di ciò che viene raccontato in Gotham City: Anno Uno, le rivelazione che minano le fondamenta di tutto ciò che abbiamo sempre saputo sulla storia di Gotham e degli Wayne rimarranno solo una brillante intuizione letteraria di King.

Per ora, però, King pare non preoccuparsene e si gode il suo kingverse, fatto di mini-serie autoconclusive ed esplorazioni negli angoli più remoti della cosmogonia DC, in cui la sua scrittura trova giovamento da limiti e gabbie (auto?)imposte. Ma in fondo interessa a qualcuno se il candelotto di dinamite posizionato da King sulle fondamenta del mito batmaniano sia davvero colmo di polvere da sparo o solo un trucco di scena? 

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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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