Nel 2000, l’Universo Ultimate nasceva come risposta da parte di Marvel a un’esigenza ben precisa: intercettare una nuova generazione di lettori, spaventata dall’enorme mole di storie necessarie a comprendere gli eventi quotidiani degli eroi classici. Insomma, all’epoca la continuity rappresentava una barriera all’ingresso, un macigno la cui imponenza avrebbe finito per intimorire chiunque volesse avventurarsi della scoperta. Oggi che la continuity invece è sdoganata alle masse, e non senza ironia è uno dei punti di forza del MCU, Marvel rilancia un nuovo Universo Ultimate il cui fine appare di sicuro più difficile da decifrare. Probabilmente è un’ottima occasione per lasciare mano libera a Hickman per scrivere un nuovo capitolo del sua affresco multiversale, affidandogli al contempo una versione di Spidey finalmente adulta per la gioia dei lettori. L’imminente Ultimate X-Men invece è l’occasione perfetta per andare a caccia di lettori nella sezione manga, approfittando del talento di Peach Momoko. Come si inserisce, dunque, in questo contesto il primo numero di Ultimate Black Panther di Bryan Hill e Stefano Caselli?

Per trovare risposta probabilmente bisognerà aspettare ancora qualche tempo, ma da questa ventina abbondante di pagine del primo numero è già evidente che Hill abbia colto l’occasione per scrivere una storia profondamente politica, anche per gli standard Marvel. La Terra di questo nuovo Universo Ultimate si trova in uno stato di profonda instabilità. La sconfitta del Creatore (raccontata nella mini-serie Ultimate Invasion) ha sconvolto gli equilibri geopolitici del pianeta. Il Wakanda ora è dunque esposto agli occhi del mondo e ha attirato le attenzioni del Consiglio. 

La costruzione di questo nuovo Wakanda da parte di Hill avviene principalmente attraverso i dialoghi, curati, rifiniti e affilati. Bastano pochissime battute per capire gli equilibri di potere, è un sufficiente un “mio re” pronunciato da Okoye, consorte di T’Challa, tra le lenzuola per definire il peso e la rigidità delle tradizioni a cui devono aderire. Altrettanto complesso è lo scenario politico in cui si muove il Wakanda, accerchiato dai soldati di Khonshu e Ra, ovvero Moon Knight, che paiono presagire un imminente attacco.

Sono le parole che modellano la forma del Wakanda: quelle di Tchalla, ponderate per evitare un conflitto che pare comunque inevitabile; quelle subdole e melliflue delle Vodu-Khan (che ricordano tantissimo le Bene Gesserit di Dune); e quelle poche, ma dure e decisamente meno regali di Killmonger, intenzionato a difendere comunque la sua terra con l’aiuto della sua “misteriosa” sposa, signora dei venti e del fulmine. 

Ne bastano poche a Hill per definire i suoi personaggi, perché al resto pensa un solidissimo Stefano Caselli, ormai all’apice della sua evoluzione artistica. Il suo tratto chiaro e deciso delinea volti che trasmettono tutto il non detto del parlato, anche quando si tratta solo di due labbra che sfuggono a un cappuccio, come nel caso della Madre Imala delle Vodu-Khan.

L’azione è centellinata, ma non per questo meno efficace: anzi, nella sequenza in cui facciamo la conoscenza di Killmonger il cambio d’espressione di un bambino, prima in lacrime in attesa del suo destino e subito dopo come risvegliato dagli schizzi di sangue, è la scintilla per le successive quattro tavole adrenaliniche e intrise di una buona dose di epicità che esplode nell’ultima vignetta: Killmonger inquadrato dal basso mentre nel cielo si staglia la silhouette elettrica della sua consorte. 

22 tavole sono troppo poche per capire in che direzione Black Panther porterà l’Universo Ultimate, ma sono abbastanza per rimanere intrigati dalle trame da spy thriller di Hill e dalle marmoree pose di Caselli: l’albo è in edicola e in fumetteria al prezzo promozionale di 1€, mi sembra superfluo a questo punto dire che si tratta di una lettura caldamente consigliata. 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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