Il compositore scozzese, candidato a due Oscar e autore delle musiche di oltre cinquanta film, si racconta a Players. Dalla sua prima avventura cinematografica (la colonna sonora di Enrico V dell’amico Kenneth Branagh) fino a una sua canzone cantata da Michelle Pfeiffer. Passando per la sfida di creare due ore di musica per Hamlet di Branagh, oltre al lavoro sul quarto film di Harry Potter. «Ma una delle imprese più ardue è stata scrivere le musiche di Thor: sentivamo tutti la pressione del franchising. Era come dover ridisegnare la M di McDonald»

 

Le scariche di adrenalina di Thor, gli incantesimi di Harry Potter e il calice di fuoco, le emozioni del disneyano Ribelle: The Brave, persino i sogni son desideri del recente Cenerentola in live action sono anche merito suo. Se conoscete questi film – come molti altri -, conoscete la sua musica.

Patrick Doyle è uno dei maggiori compositori di colonne sonore del cinema contemporaneo. Amico da sempre di Kenneth Branagh, ha lavorato con lui dal primo film, Enrico V, a quello che sta post-producendo, Assassinio sul Nilo (di vederlo se ne parlerà il prossimo autunno).

Spiritoso, arguto, spaventosamente eclettico nel destreggiarsi fra i generi più diversi, Doyle ottiene la prima nomination all’Oscar nel 1996 per Ragione e sentimento di Ang Lee. La seconda arriva poco dopo per il capolavoro (suo per la musica, di Branagh per regia e sceneggiatura) Hamlet, impressionante adattamento della tragedia di Shakespeare: scrive due ore di musica per un film di quattro ore.

Scozzese doc (è di Uddingston, neanche venti chilometri da Glasgow), si è formato alla Royal Scottish Academy of Music, oggi Royal Conservatoire of Scotland. È da lì che partiamo nel ripercorrere le tappe della sua vita artistica e personale, per un dietro le quinte del suo lavoro a oltre cinquanta colonne sonore. Che abbiamo organizzato in una settimana, nonostante il lavoro alla post-produzione di Assassinio sul Nilo. 


Che ricordi ha della Royal Scottish Academy of Music? Era un bravo studente?

Ho un carattere esuberante, per questo credo di aver dato l’impressione di non applicarmi troppo, quando studiavo. Ricordo che arrivavo prestissimo: alle 7:30, quando aprivano le porte dell’Academy, ero già lì, e facevo tutto durante la mattinata, soprattutto il primo anno. Poi, nel pomeriggio, mi divertivo e scherzavo! Sembrava facessi ben poco, in realtà mi impegnavo e ce la mettevo tutta. Durante il primo anno ho studiato pianoforte, ma era troppo stressante: non avevo anni e anni di pianoforte alle spalle, avevo iniziato a studiarlo a dodici anni. Così, anche se avevo superato brillantemente il primo anno e sapevo che avrei potuto continuare per altri tre, decisi di cambiare: sentivo che il piano sarebbe stato troppo stressante, e io volevo una vita fuori dall’Academy! Optai per canto, che scelsi come prima materia. Mi piaceva molto, mi fece sentire meno sotto pressione. In realtà ero stato ammesso alla Royal Scottish Academy per studiare il pianoforte e la tuba, canto doveva essere la mia terza materia. Ma abbandonai presto la tuba: non potevo permettermene una, anche se più tardi scoprii che avrei potuto chiedere una borsa di studio per noleggiarla… queste cose si scoprono sempre in ritardo! Così canto divenne la mia seconda materia il primo anno, e la prima materia il secondo. Iniziai a interessarmi anche alla scuola di recitazione lì accanto, vedevo tutti i loro spettacoli. Vidi recitare Phyllis Logan, che forse voi ricordate nel ruolo della signora Hughes in Downton Abbey, e Gregor Fischer, che invece in Downton Abbey interpreta Rab Nebsitt: diventammo amici. Insomma, le ho dato un’idea dello studente che ero: non credo mi considerassero un modello d’eccellenza, ma ero uno che lavorava e si applicava parecchio.

Una delle sue prime colonne sonore – la prima per un film – è stata quella di Enrico V di Kenneth Branagh. Com’è arrivato a comporla? È stato stressante approcciare il cinema con un adattamento da Shakespeare?

Sì! La pressione era enorme, anche perché ero al mio primo film: avevo lavorato solo in teatro e nessuno mi aveva insegnato a creare per il cinema. Così ho seguito il mio istinto. Non avevo un editor musicale ed ero talmente inesperto da non sapere che avrei potuto chiederne uno. Mi sono trovato a dover imparare non solo come creare una colonna sonora cinematografica, ma anche come tracciare e pianificare in anticipo sul manoscritto tutti i tempi… L’ho fatto usando le indicazioni del Caroll Knudson Click Track Book [ancora oggi considerato uno dei più validi aiuti tecnici per un compositore, ndr]. All’inizio non sapevo fosse necessario un timing così preciso, mi fu spiegato solo a metà del processo di scrittura della colonna sonora. Anche se alla fine Simon Rattle [direttore d’orchestra britannico, ndr] finì per dirigere la mia musica semplicemente sul film: credeva che il mio lavoro si abbinasse così bene alla pellicola da non aver bisogno d’altro. Un risultato straordinario per un compositore alla prima esperienza, per un direttore d’orchestra alla prima esperienza e per un produttore alla prima esperienza. Pensi che David Putnam [produttore cinematografico britannico, ndr] aveva scritto una lettera a Ken Branagh per dirgli che il film non aveva chance di essere prodotto. Si sbagliava! Quindi sì: tanta pressione ma per fortuna, grazie a tanto duro lavoro, riuscii a farcela.

Immagino le abbiano chiesto tante volte del suo rapporto professionale con Kenneth Branagh: come lavorate insieme? E come si è evoluta la vostra partnership artistica?

L’industria cambia molto velocemente, diventa sempre più tecnica, ma il mio modo di lavorare con Ken Branagh non è cambiato. È sempre stato incredibilmente protettivo con me ed è fantastico discutere con lui di quello che cerca per un film, anche perché è molto aperto ai suggerimenti. Il processo della creazione della colonna sonora cambia in base alle necessità del film. Di norma inizio a comporre abbastanza presto, all’inizio del processo produttivo del film, anche se capita che mi prenda il mio tempo e che aspetti. Leggo la sceneggiatura, iniziamo a parlarne, poi Ken mi manda frammenti del film, e di norma ricevo anche il suo first cut. Visito spesso il set: mi piace immergermi nella sua atmosfera. Quando Casa Shakespeare era in lavorazione, ad esempio, ricevevo i girati praticamente ogni giorno perché il calendario delle riprese cambiava in continuazione, ma la lavorazione di ogni film è diversa. Mi fido molto di Ken, siamo buoni amici, l’ho sempre supportato come supporto ogni regista con cui lavoro. Spesso leggiamo uno nei pensieri dell’altro.

© Matthew Andrews

Inizia a lavorare su una colonna sonora partendo dal tema principale? Ha già un’idea dell’effetto che deve avere il risultato, quando comincia a scrivere?

Di norma inizio guardando il film, leggendo la sceneggiatura e parlandone col regista. Poi penso agli strumenti musicali da usare, ai colori della musica, e naturalmente alle dimensioni di una potenziale orchestra. Solo allora mi siedo al pianoforte e lavoro sui temi principali. Tengo quei temi creati al pianoforte come punto di riferimento nella creazione e nello sviluppo della colonna sonora.

Nel 1995 ha composto uno dei suoi capolavori, la colonna sonora di Ragione e sentimento di Ang Lee. Qual è stata la sfida più grande del lavorare su un adattamento da Jane Austen? E posso chiederle se Mozart è stato in qualche modo un’ispirazione nel comporre temi come My Father’s Favourite?

Ho cercato nuovi stimoli ascoltando parecchio Mozart, Beethoven, Schubert e Brahms. Li conosco bene, ho sempre ascoltato questi grandi, soprattutto i concerti per pianoforte di Mozart e di Beethoven, oltre a molti Lieder di Schubert. Ho lavorato molto su Schubert all’Academy in Scozia. Ragione e sentimento ha una sceneggiatura meravigliosa: ciò che si vede sullo schermo è tutto scritto nella sceneggiatura. Se non hai una sceneggiatura solida, non avrai mai un film forte e riuscito. Sapevo che il film avrebbe avuto grande successo dal giorno in cui lessi per la prima volta lo script, così delicato, così perfetto. Ho un buon istinto nel prevedere se un film andrà bene o no. Quel film richiedeva grande delicatezza. Ho lavorato duramente su due canzoni per il film, ho sempre adorato farlo. Sia Weep You No More, Sad Fountains sia The Dream hanno rappresentato una sfida per diverse ragioni, ci sono volute dalle due alle tre settimane per comporle… è insolito per me, che di norma compongo una canzone più velocemente. Ma volevo davvero che queste due canzoni andassero più in profondità possibile.

Comè stato musicare un Harry Potter? Le colonne sonore dei precedenti film sono state un’ispirazione o una sorta di vincolo, di limite?

Quanto ho creato le musiche per Harry Potter e il calice di fuoco ovviamente conoscevo i primi tre film e avevo ascoltato le musiche di John Williams. Ma questo franchise, oggi famosissimo, era una sfida in sé. Sapevo che avrei lavorato con Mike Newell, per cui avevo già musicato Carlito’s’ Way e Tir-na-nog: non avevo dubbi che il suo approccio alla storia sarebbe stato tanto diverso quanto efficace. E quando ci siamo incontrati per la prima volta ne ho avuto conferma. I tre protagonisti ormai erano cresciuti, erano dei teenager. Harry matura, trova l’amore, Voldemort acquista potere… la storia era molto più dark, aveva bisogno di nuovi temi. È stato davvero divertente lavorare con Jarvis Cocker, che adoro, e con i Weird Sisters. Sono stato contento di riprendere il famoso Hedwig’s Theme di John Williams nel film, ma volevo trovare una voce mia, qualcosa di nuovo: ho aggiunto delle armonie più cupe, come del resto è più cupa questa quarta puntata. John Williams è un musicista incredibile, sapevo quanto sarebbe stato arduo raccoglierne l’eredità… ma pare sia andato tutto bene, le reazioni sono state tutte positive. Sono orgoglioso di aver fatto parte di questo gigantesco fenomeno mediatico.

La colonna sonora che ha composto per Hamlet di Kenneth Branagh è una delle mie preferite di sempre, mi ha accompagnato spesso nel corso degli anni… Come l’ha creata? Ha voluto seguire il mood e la visione della storia che ha il pubblico, oppure i sentimenti dei personaggi?

Conoscevo bene l’Amleto di Shakespeare ancor prima di entrare a far parte della Kenneth Branagh Theatre Company come direttore musicale… e anche come attore. Ho girato l’Inghilterra e l’Irlanda del Nord con quell’opera diretta da Derek Jacobi [che nel film è Claudio, ndr] e interpretata da Kenneth. Sono stato in tour per mesi e ho anche interpretato Osric in scena. Ricordo anche la produzione con Kenneth e la Royal Shakespeare Company a Stafford. La metrica, i versi, i ritmi di quell’incredibile pezzo di letteratura inglese mi sono sempre stati familiari. Ecco perché, quando abbiamo iniziato a lavorare all’adattamento cinematografico, ne conoscevo la storia in modo intimo, molto dettagliato. Per la colonna sonora ho deciso di usare un quartetto d’archi che esplodesse poi nell’orchestra. Questo piccolo complesso da camera era un modo per entrare nelle menti dei personaggi, in modo particolare in quelle di Amleto e di Claudio. Uno schema, un meccanismo che ho usato lungo tutta la colonna sonora… immagino ci avrà fatto caso: uso un quartetto o un ottetto, e poi l’intera orchestra. Una sfida vera e propria: mi era stato chiesto di comporre due ore di musica per un film la cui versione estesa dura quattro ore. Incredibilmente impegnativo, ma sono davvero soddisfatto del risultato.

Ha lavorato anche a blockbuster come L’alba del pianeta delle scimmie e a thriller come Jack Ryan – L’iniziazione. Il passaggio a sonorità più moderne l’ha messa in qualche modo alla prova?

Avevo già creato la colonna sonora di Thor, uscito nel 2011. La sfida era stata quella: lavorare a quell’enorme franchise. Ken Branagh paragonò quell’impresa produttiva a dover ridisegnare la “M” per il logo di McDonald senza cambiarla troppo! Lavorando alle musiche di Thor ho imparato a prendere parecchi appunti… mi sentivo parte di una macchina produttiva gigantesca, ho cercato di mantenere la mia individualità pur dando al franchising quello che il franchising si aspettava. Lavorare a Thor mi ha insegnato una nuova forma di disciplina, in qualche modo: ho imparato a non fare il prezioso, a non essere geloso della mia musica. Mi ha fatto davvero piacere scoprire che la colonna sonora di quel film aveva sorpreso molte persone, che l’avevano trovata diversa da tutti i miei lavori del passato. Credo fosse il mio obiettivo, in fondo: volevo dimostrare a me stesso e agli altri che potevo comporre anche per quel genere di film. Volevo che la colonna sonora di Thor fosse un rock and roll sinfonico. Così, quando mi sono trovato a lavorare a L’alba del pianeta delle scimmie, sapevo già come gestire un franchising. Quel film è stato problematico, siamo andati fuori rotta per un po’ e per i motivi più diversi. Dopo mesi di lavoro, durante le ultime due settimane ho dovuto re-immaginare l’intera colonna sonora e riscrivere quasi il 50% della musica. Sono partito per l’America per lavorare nello studio della 20th Century – penso fosse la prima volta che un compositore andava a lavorare in studio dai tempi di Alfred Newman! Abbiamo composto in uno studio attaccato al set, basandoci su un trailer speciale che ci avevano fornito. E alla fine tutti hanno apprezzato la colonna sonora e il film è stato un successo. Jack Ryan ha portato con sé sfide simili, ma doveva avere una colonna sonora più melodica, a Ken piace così. In post-produzione ho composto un concept piece di venti minuti per un pezzo di film che mi avevano mandato e che ho usato come guida per creare una colonna sonora provvisoria. Ho voluto che quella musica, pur essendo solo una prova, non perdesse le sue sonorità e le sue caratteristiche… sapevo che a Ken sarebbero piaciute. Quando siamo arrivati alla prima proiezione test del film, i produttori esecutivi hanno apprezzato soprattutto la parte del film che usava la mia sequenza musicale iniziale, quei venti minuti che avevano rappresentato la prima bozza della colonna sonora. Ovviamente mi ha fatto molto piacere! Jack Ryan è un film di successo, funziona ancora bene, lo passano spesso alla tv. L’altro giorno ho cambiato canale, mi sono imbattuto nei titoli di coda di Jack Ryan senza saperlo e ho pensato: “Bella musica. Chi l’avrà scritta?”. E dopo un attimo: “Io!”.

Come ha lavorato su canzoni con parole scritte da altri? Può dirmi qualcosa sulla creazione di Never Forget, creata per Assassinio sull’Orient Express, scritta da Branagh e cantata da Michelle Pfeiffer?

Avevo già composto un motivo che era piaciuto molto a Ken: ne aveva cantato un pezzetto, poche battute… e aveva detto “Potrebbe essere una bellissima canzone”. Poi ho composto il resto della musica, l’ho data a Kenneth e lui ha scritto le parole. Volevamo una canzone che facesse parte della storia in modo naturale, non volevamo appiccicarne una qualsiasi ai titoli di coda per ragioni commerciali. È stato Ken ad avere l’idea di chiedere a Michelle Pfeiffer di cantare Never Forget. Lavorare con lei è stata una gioia e un piacere. Il brano doveva essere pronto in fretta, così le abbiamo mandato la musica e lei ha iniziato a lavorarci con un insegnante di canto. Poi ho preso un volo per San Francisco e l’ho raggiunta per lavorare con lei: sono venuti a prendermi in aeroporto e mi hanno portato direttamente a casa di Michelle, un’ora o poco più fuori a nord. Il giorno dopo siamo andati in studio di registrazione e, appena abbiamo iniziato a lavorare, ho notato come la canzone fosse stata scritta leggermente troppo bassa per lei: la prendeva un po’ troppo di petto, così ho chiesto se potevamo alzarla di un tono. Per Michelle non è stato un problema, appena l’abbiamo alzata si è sentita subito più a suo agio. Una professionista, una persona meravigliosa. Abbiamo lavorato benissimo.

Cosa ascolta quando non lavora?

Soprattutto musica classica, direi. A volte accendo la radio e la lascio andare. La vita e il lavoro oggi mi impediscono di ascoltare la musica quanto facevo anni fa… ma posso dirle che mi piace ascoltare un po’ di musica classica quando sono al volante.



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