Se il cinema coreano è una presenza globale dai primi anni Duemila e il kpop da poco meno, la letteratura proveniente dalla Corea del Sud finora è stata meno fortunata (in parte anche per la concreta necessità di traduttori competenti per una lingua più di nicchia rispetto ad altri idiomi asiatici).
In Europa, i transalpini Decrescenzo Éditeurs si occupano di letteratura coreana da diversi anni; alcuni romanzi sono finalmente apparsi anche in traduzione inglese, lingua che più di altre può costituire un ponte.
Han Kang è forse il primo nome a beneficiare di questo nascente interesse verso la Corea del Sud e due delle sue opere sono apparse in inglese tradotte da Deborah Smith: The Vegetarian, vincitore dell’International Man Booker Prize, e Human Acts.

han kang

The Vegetarian: la Carne

In Corea del Sud è usuale che uno scrittore inizi la propria carriera tramite dei racconti pubblicati su riviste, e la forma stessa del racconto gode di grande fortuna. The Vegetarian si compone di tre racconti lunghi che seguono tre punti di vista diversi (il primo racconto è narrato dal marito della protagonista, il secondo dal cognato, il terzo dalla sorella), ma tra loro collegati e incentrati sulla decisione di una giovane donna di smettere di mangiare carne.
Moltissime persone decidono di diventare vegetariane per ragioni religiose – un esempio: i monaci buddhisti – o morali, ma nel caso di Yeong-hye la ragione è più esoterica: dopo un sogno brutale e cruento, anche solo l’idea di mangiare carne la ripugna, dunque privarsene è un modo per purificarsi dalla violenza intrinseca del cibarsi di animali.

Across the frozen ravine, a red barn-like bulding. Straw matting flapping limp across the door. Roll it up and I’m inside, it’s inside. A long bamboo stick strung with great blood-red gashesof meat, blood still dripping down. Try to push past but the meat, there’s not end to the meat, and no exit.

Yeong-hye è una figura opaca e quasi inconoscibile, la cui decisione di smettere di mangiare carne si evolve in un desiderio di alienarsi dall’esperienza umana; nonostante sia senza dubbio il personaggio principale del romanzo e il motore di gran parte degli avvenimenti, Han non le assegna mai il ruolo di narratore, a parte qualche breve intermezzo nella prima parte. Spettrale e tormentata, fragile come la Giuliana de Il Deserto Rosso di Michelangelo Antonioni, Yeong-hye esplicita tramite questa rinuncia un disagio interiore le cui origini non sono mai del tutto chiare, per quanto suggerite dall’autrice nell’ultima sezione del romanzo. La cucina coreana apprezza la carne in modo particolare e la scelta del vegetarianesimo rimane minoritaria; né il marito, né la famiglia d’origine della protagonista accettano, capiscono o approvano questa scelta, che finirà per portare il caos nelle vite di tutti.
La brevità del romanzo, il suo simbolismo elegante, l’atmosfera soffusa di violenza che pare diventare via via più distaccata dalla realtà condivisa contribuiscono a rendere The Vegetarian quasi una fiaba d’altri tempi, senza banalizzazioni Disney.

the vegetarian 2

Human Acts: il Sangue

Nel 1980, la città di Gwangju è stata teatro di una rivolta contro il regime dittatoriale di Park Chung-hee, che la represse con ferocia. Han, nata lì nel 1970, ha dedicato a questo episodio sanguinoso il secondo romanzo tradotto in inglese da Deborah Smith, vale a dire Human Acts.
La struttura del romanzo è simile a quella di The Vegetarian: si compone di sette parti, legate tra loro da personaggi ricorrenti e dalle conseguenze della rivolta di Gwangju, ciascuna vista attraverso gli occhi di un personaggio; a differenza del romanzo precedente, tuttavia, Han non usa soltanto la prima persona singolare, incrementando così sia l’efficacia della narrazione, sia il potenziale di identificazione del lettore.
Il titolo originale del romanzo, che in inglese sarebbe uno sfortunato The Boy Comes, fa riferimento al primo segmento della narrazione, The Boy, incentrato su Dong-ho, uno studente che si occupa dello smistamento dei cadaveri rimasti dopo la rivolta. Le altre sei sezioni – che coprono il periodo dal 1980 ai giorni nostri – sono narrate da persone legate in qualche modo a Dong-ho, riproponendo dunque con una variazione sul tema il modello di The Vegetarian.

Some of those who came to slaughter us did so with the memory of the previous times, when committing such actions in wartime had won them a handsome reward. It happened in Gwangju just as it did on Jeju Island, in Kwantung and Nanjing, in Bosnia and all across the American continent when it was still known as the New World, with such a uniform brutality it’s as though it is imprinted in our genetic code.

Il romanzo scarta nell’ultima sezione, intitolata The Writer, in cui Han inserisce se stessa nella propria opera, tuttavia non si tratta di una scialbo stratagemma postmoderno: l’esperienza dell’autrice fa pienamente parte della narrazione, poiché si inserisce nella catena di atti di resistenza e critica contro un sistema politico che, nonostante il ritorno alla democrazia nel 1989, deve ancora fare i conti con l’eredità di sangue della rivolta di Gwangju.

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