Da qualche parte, in una località non meglio specificata, esiste un luogo attorno al quale è nata una leggenda. Si tratta di una zona costiera dove si dice che, tanti anni prima, sia atterrata una astronave aliena. Da quel momento il “posto” (come viene chiamato) ha assunto proprietà miracolose. Alcune persone raccontano di essere guarite dalle proprie malattie dopo aver fatto visita al “posto”. Tuttavia, le autorità sostengono che il “posto” sia stato contaminato da scorie radioattive e ne impediscono l’accesso al pubblico. Ma c’è chi sa come raggiungerlo, e ha una storia differente da raccontare…

Nicole è una giovane donna malata di cancro allo stadio terminale. Il suo compagno Nicholas, durante una sbronza, incontra un uomo taciturno e gli racconta la malattia della ragazza. L’uomo rivela a Nicholas di conoscere l’ubicazione del “posto” e di poterli accompagnare, per dare a Nicole una possibilità di guarire. Nicholas è scettico ma accetta l’invito. I tre partono alla volta del “posto”. Giunti a destinazione, qualcosa di inatteso accadrà a Nicholas e alla sua compagna… qualcosa che cambierà per sempre le loro vite.

Qualche tempo fa, Players ospitò la raccolta fondi per un mediometraggio diretto da Federico Rescaldani, che per anni è stato il grafico della versione cartacea del nostro magazine. Siccome gutta cavat lapidem, il progetto è andato a buon fine, tra tutte le difficoltà del caso, e The Engine è da qualche tempo visibile qui

Bene, ma il film com’è? Difficile e per molti motivi. La durata, poco più di un’ora, lo avvicina più all’oramai desueto format dei mediometraggi che a quello di un film “normale”. Il tema scelto, declinato con un taglio criptico e con pochi, secchi, dialoghi. Il ritmo, sempre sincopato e nervoso. Colpisce l’abbondanza di effetti speciali, a riprova che oggi bastano anche budget ridotti per ottenere ottimi risultati, ma il dato finale avvicina The Engine più ad una pellicola sperimentale “da festival” che a un classico blockbuster. Un approccio umano e umanista, con una regia che si prende il tempo che ritiene opportuno per mostrare, raccontare e, spesso, sottintendere. Operazione da promuovere, ovvio, visto anche il contesto in cui si trova ad esistere.

Nonostante una tradizione di notevole importanza nel panorama cinematografico mondiale, risalente agli oramai lontani anni ’60, il cinema italiano pare aver completamente abbandonato la fantascienza (e suoi derivati o ibridi). Dev’essere una questione di DNA. Qualche tempo fa, il magazine Screenweek ha realizzato un sondaggio relativo al successo delle pellicole sci-fi in Italia dai risultati impietosi. Dai dati emerge infatti che un film appartenente a questo genere va in media sempre peggio rispetto al suo rendimento commerciale negli altri grandi mercati mondiali (non solo anglosassoni, ovviamente, si pensi a Spagna, Francia e Germania). Del resto, l’Italia è uno dei pochi paesi al mondo che non è mai impazzito nemmeno per fenomeni come Star Wars (che ok, non è fantascienza ma ci si avvicina come tipologia di spettatore potenziale), quindi non stupisce che i registi nostrani che vogliano provare a cimentarcisi siano solo esordienti o quasi (si pensi al bel L’ultimo terrestre del 2011 di Gipi, rimasto per l’appunto un caso isolato). Onore a loro, quindi!



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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