C’è stato un momento in cui ho pensato sul serio di recensire Tenet semplicemente con una gigantesca emoji della testa che esplode. Provate a immaginarlo, click sul titolo e appare un fungo atomico che detona dalla scatola cranica di una faccina a tutto schermo. Di impatto, no? Certo, non quanto l’esplosione di un aereo cargo che si schianta contro un hangar a ritroso nel tempo, però siamo lì. Il bello è che con ogni probabilità sarebbe anche stata una scelta più efficace della manciata di paragrafi che farò apparire qui sotto, perchè non è che si possa spiegare più di tanto Tenet, né sono convinto che sia necessario farlo. Ci sono due possibilità: o lo si guarda una volta e si torna a casa incazzati, o lo si guarda una prima volta e ci si rassegna all’idea di riguardarlo sistematicamente nei prossimi anni nella speranza forse vana di mettere insieme i pezzi.
In genere a questo punto della recensione è buona cosa piazzare un riassunto più o meno vago della trama, ma entrare in sala sapendo qualcosa di più del semplice titolo significa rovinarsi un’esperienza tutto sommato unica, prima ancora che apprezzabile o meno. Perciò, se volete restare al riparo dagli spoiler saltate senza esitazione il paragrafo successivo (ma anche la prossima frase). Io, per dire, ho scoperto che il film riguardava in qualche modo i viaggi nel tempo e mi sono accomodato sulla poltroncina già innervosito. Poi io sono fatto così, insomma, fate voi.
D’altra parte, anche della trama è complicato ricavare un riassunto comprensibile senza aver visto il film. Tutto ruota intorno a una tecnologia che consente di invertire la carica temporale di oggetti e persone: ciò che passa attraverso i cosiddetti tornelli non si muove più in avanti nel tempo, secondo lo scorrere che siamo in grado di percepire normalmente, ma a ritroso. A corollario di questa scoperta troviamo fugaci spiegoni di fisica, agenti segreti, combattimenti e un canovaccio palindromo come il titolo, in cui gli eventi vanno osservati in entrambi i sensi di sviluppo per essere compresi fino in fondo (speranza sempre vana, sia chiaro).
Se no ci avete capito molto, poco male: è la stessa sensazione che ci si porta fuori dalla sala, ma non influisce sul senso di stupore. Tenet è il costosissimo giocattolone di un regista che non ha più nulla da dimostrare a nessuno e si lancia nel più azzardato dei progetti. Un po’ come fatto con Scorsese in The Irishman con la differenza che Nolan non si limita a incollare seppur divinamente sequenze di già detto e già visto. Di sicuro Tenet non è un best of della carriera di Nolan (anche se la passione per il tempo la coltiva da un po’), al massimo un reboot di Memento concepito dopo aver visto Primer e realizzato grazie a un budget che consentirebbe di costruire una vera macchina del tempo, utilizzato però per allestire un film a suo modo ecologista in cui il futuro vuole distruggere il passato per averlo distrutto.
Per quanto indecifrabile, quanto meno a una prima visione, Tenet resta una meccanismo cinematografico ammaliante, di cui si possono forse prevedere alcuni passaggi, ma che riesce comunque a spiazzare per la portata del loro sviluppo e la complessità degli incastri. Certo, poi fa un po’ sorridere che la sconfinata fantasia dei Nolan approdi sempre, nel momento clou, dentro un livello di uno sparatutto – se Inception era lo stage innevato, Tenet si sposta sul desertico – ma va bene, se questo è lo scotto da pagare posso accettare senza problemi 20 minuti di Call of Duty in mezzo a questo delirio di idee, questa colonna sonora che sfiora la perfezione, questi costumi impeccabili e quelle spiegazioni da nerd che Nolan mette in bocca ai suoi personaggi per poi stancarsi un attimo dopo e troncare il discorso, perchè è così e basta.
Non saprei davvero ipotizzare se Tenet resterà nella memoria complessiva come un capolavoro di complessità, o se finirà a nutrire solo le colonne di quelli che fanno articoli per spiegarti i film, né se riuscirà da solo a salvare l’intera industria cinematografica occidentale: la sola certezza è che non avrebbe potuto esserci film migliore per riconciliarsi con l’accogliente buio della sala. E se qualcuno vi parla di incongruenze, scappate a gambe levate.
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