A cinque anni di distanza dal primo precedente capitolo, il Poirot-verse diretto e interpretato di Kenneth Branagh torna sul grande schermo con Assassinio sul Nilo: qualcuno sarebbe pronto a sostenere che questo lungo iato sia dovuto non solo alle difficoltà connesse alla comparsa del covid, ma anche ai guai di Armie Hammer. Pettegolezzi, questi,  a cui il celebre e baffuto investigatore nato dalla penna di Agatha Christie non presterebbe orecchio, salvo poi citarli quasi distrattamente durante lo scioccante disvelamento finale.

Dopo aver risolto il mistero dell’Orient Express, questa volta Poirot si trova in Egitto all’ombra delle piramidi, ufficialmente in cerca di riposo. L’incontro con l’amico Bouc (Tom Bateman) lo porta a partecipare alla festa di nozze della giovane ereditiera Linnet Ridgeway (Gal Gadot) e di suo marito Simon Doyle (Armie Hammer). La coppia è tormentata da Jacqueline de Bellefort (Emma Mackey), fino a poche settimane prima fidanzata dello sposo e migliore amica della sposa. Questo complicato intreccio sentimentale non stupisce affatto il famoso investigatore belga, testimone casuale qualche tempo prima della nascita del triangolo amoroso, che si ritrova suo malgrado coinvolto in una crociera sul Nilo non programmata, anzi improvvisata proprio per sfuggire alle attenzione di Jacqueline. L’assenza della rivale non rende tuttavia più sicuro il viaggio di nozze: una donna ricca, non sa mai chi le sia davvero amico, è la stessa Linnet ad affermarlo, motivo per cui a Poirot toccherà ben presto cercare di dipanare un intricato caso di omicidio.

Assassinio sul Nilo

Come già evidente dal breve riassunto del paragrafo precedente, anche questa volta Branagh si è preso delle libertà rispetto al materiale di partenza originale di Agatha Christie. Non si tratta di cambiamenti che stravolgono l’opera originale, anzi, in qualche caso aggiungono una buona dose di sorpresa anche per chi arriva in sala conoscendo bene la trama del libro, ma abbastanza da indispettire i più intransigenti, che tuttavia proprio da queste battaglie di intransigenza ricavano piacere, dunque contenti tutti. 

Ancora una volta, però, la distanza principale tra Kenneth Branagh e Agatha Christie si misura attraverso Hercule Poirot, come già sottolineato dalla nostra esperta in Materia Elisa nell’approfondita disanima di Assassinio sull’Orient Express. La versione degli anni 2000 dell’investigatore belga è figlia di altre revisione moderne di celebri detective del millennio scorso, su tutti lo Sherlock mostrato sul piccolo e grande schermo. E se in questa occasione perlomeno alcune delle caratteristiche più macchiettistiche, quelle attraverso cui la Christie amava mettere in ridicolo il suo stesso personaggio, riemergono giusto per qualche istante attraverso lo sfogo di uno dei personaggi a bordo della nave, i tratti misteriosi che invece da sempre lo accompagnano vengono almeno in parte spazzati via da una origin story che apre Assassinio sul Nilo e punta a svelarci il suo rapporto con l’amore e con i peculiari baffi a doppio livello. Un tentativo maldestro e dal risultato poco credibile, quanto meno in relazione ai baffi, devo ammettere. 

Più sottili rispetto al precedente capitolo risultano invece i messaggi legati all’attualità, di sicuro molto cari a Branagh. La presenza di personaggi di colore, con le loro sacrosante rivendicazioni, e l’inserimento di una piccola sotto trama a sfondo LGBT risultano tutto sommato ben legati col contesto del film, per quanto appaia inderogabile il momento in cui un personaggio deve gridare a gran voce la propria emarginazione sociale classista e razzista per spiegarla al pubblico in sala. 

Poche critiche si possono invece avanzare al film dal punto di vista tecnico. Girato ancora una volta in 65mm per essere proiettato in 70mm, la regia di Branagh si concede spesso suggestive panoramiche aeree del paesaggio egiziano, scorci crepuscolari e movimenti di macchina subacquei, accompagnati da occasionali comparsate dalla fauna locale. Notevoli e suggestivi anche i costumi, importanti tanto quanto la fotografia in un film di questo genere. 

Solide, infine, le prove attoriali di un cast affollato di nomi e talenti (oltre ai già citati, figurano Annette Bening, Russell Brand, Ali Fazal, Dawn French, Rose Leslie, Sophie Okonedo, Jennifer Saunders e Letitia Wright), tutti perfettamente a loro agio in un mix molto più equilibrato, forse per l’assenza di star ingombranti, come era avvenuto sull’Orient Express. 

Forse Assassinio sul Nilo paga un’uscita un po’ fuori stagione: la sensazione è che sarebbe stato un film perfetto per riportare al cinema le famiglie sotto le feste natalizie, la classica pellicola da pomeriggio post pranzo in sala. A dirla tutto il Poirot-verse di Branagh sconta anche la sua duplice natura di classico e moderno, in un epoca in cui il genere ha trovato reinterpretazioni che riesco a soddisfare maggiormente i palati più giovani, mentre gli scarti dai romanzi originali rischiano di infastidire i puristi.

Nel complesso però Assassinio sul Nilo si rivela un film particolarmente solido, ben girato, per quanto non lo si possa definire certo sottile nelle scelte, graziato da una fotografia suggestiva, da costumi affascinanti e da buone prove attoriali. Difficile in questi casi uscire dalla sala davvero delusi. 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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