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I ragazzi terribili — Jean Cocteau

Rizzoli; traduzione di Giovanni Fattorini.


Il cortile del prestigioso liceo Condorcet si è trasformato in un teatro bellico: gli studenti giocano a una battaglia di palle di neve. Paul cerca Dargelos, che ama, chiedendo sue notizie ai primi feriti; lo troverà poco dopo, quando sarà proprio Dargelos a lanciargli una palla in pieno petto, provocandogli uno svenimento. Perdere i sensi per così poco? Gérard, che soccorre Paul, rivela al vicepreside il segreto letale dell’arma: un cuore di pietra.

«Ho ricevuto una palla di neve in pieno petto.»
«Non ci si sente male per questo.»
«Non ho ricevuto nient’altro.»
«Il suo compagno sostiene che quella palla nascondeva una pietra.»
Il ferito vide che Dargelos alzava le spalle.
«Gérard è matto» disse. «Tu sei matto. Quella palla di neve era una palla di neve. Stavo correndo, devo aver avuto una congestione.»

Dargelos piace agli insegnanti (“i privilegi della bellezza sono immensi”, ci ricorda il narratore, “essa agisce anche su coloro che non la constatano”) e, in più, la sua vittima lo difende: il giovane teppista viene lasciato andare. Paul, troppo debole, verrà riportato a casa in automobile da Gérard, ed è in quel lugubre appartamento che conosciamo Élisabeth, la sorella di Paul, il terzo dei personaggi principali di questo breve romanzo scritto da Jean Cocteau tra il 1928 e il 1929 in soli diciassette giorni, mentre si disintossicava dall’oppio. 

I due fratelli sono accomunati da una grande somiglianza fisica, accentuata dall’età: Paul ha quattordici anni ed Élisabeth sedici. Nel film diretto dal grande Jean-Pierre Melville, hanno i volti di Édouard Dermit e Nicole Stéphane: la dolcezza dei tratti di Paul e l’austerità dell’architettura ossea di Élisabeth sottolineano la loro androginia, uno dei temi fondamentali del romanzo. La fotografia di Dargelos che Paul conserva rappresenta il ragazzo en travesti, mentre interpreta la protagonista del dramma Atalia di Jean Racine, l’ultimo scritto dal grande tragediografo francese per le ragazze del pensionato di Saint-Cyr, che accoglieva le figlie della nobiltà impoverita. Così come la precedente Esther, anche Atalia, che comprende personaggi maschili e femminili, era interpretata da un cast composto per intero da educande.

I ragazzi terribili

Paul viene considerato troppo fragile per poter proseguire la scuola, uno sviluppo che Élisabeth accoglie con gioia; Gérard, affascinato tanto dal fratello quanto dalla sorella, si lascia trascinare nel loro mondo. E il loro mondo è la loro stanza, un giardino di pigrizia circondato da un fiume di oblio, dove ogni volta viene accolto da scherzi manipolatori, litigi, disordine. Paul ed Élisabeth hanno perfino inventato il “gioco”, termine con il quale descrivono la loro capacità di estraniarsi dalla situazione circostante in modo da raggiungere un completo distacco dalla realtà.
L’esterno non riesce a penetrare nella stanza in modo serio e durevole: nemmeno la morte della madre inferma, il loro unico genitore, scalfisce a lungo i due angeli tremendi, che continuano a condividere la stessa camera, accuditi da una vecchia cameriera bretone, dal medico che aveva curato la madre e da Gérard.

Un giudice probo avrebbe trovato complicati Élisabeth e Paul, avrebbe messo in causa l’eredità di una zia demente e di un padre alcoolizzato. Complicati lo erano senza dubbio, al pari di una rosa, e, agli occhi di un tal giudice, come la stessa complicazione.

Durante una vacanza al mare (finanziata dallo zio di Gérard, orfano e dunque unico amatissimo nipote), la stupidità adolescenziale dei loro giochi si intensifica: la sfida è rubare oggetti inutili, per esempio un annaffiatoio. Più che terribles, les enfants in questa fase sono proprio insopportabili.

Con il tempo, la stabilità esemplare del numero tre entra in crisi. Élisabeth, ormai vicina alla maggiore età, decide di trovare un lavoro e inizia a lavorare come modella in un negozio di abiti femminili. Questa sortita nel mondo le permette di conoscere due persone: Agathe, che contribuisce alla rottura definitiva dell’equilibrio — a raccomandarla, la sua perturbante similarità fisica con Dargelos vestito da fanciulla; Michael, invece, è un ricco americano, che rimane sulla scena il tempo sufficiente a sposare Élisabeth e ad assicurare un futuro finanziariamente solido a lei e a suo fratello.

La magia della stanza si trasferisce nella villa della giovane e ricca vedova, ma sono passati gli anni. La vitalità sregolata e la sensazione di infinite possibilità hanno fatto il loro tempo: è necessario vivere, entrare nella società, forse addirittura fare come tutti gli altri. Bisogna agire in fretta, bilanciare le personalità, ingannare tutti per non dover perdere nessuno.
Non c’è ombra di stupefacenti nell’intero romanzo. Tuttavia Cocteau scrive, anticipando un celebre aforisma di Salvador Dalí:

Niente la preoccupava e mai ebbe timore che i suoi amici si dessero alle droghe, perché essi agivano sotto l’influenza di una droga naturale, gelosa, e prendere delle droghe, per loro, sarebbe stato come mettere bianco su bianco, nero su nero.
Tuttavia, capitava loro di essere in preda al delirio; una febbre rivestiva la camera di specchi deformanti. Allora Agathe si rabbuiava, si domandava se, pur essendo naturale, la droga misteriosa non sarebbe stata esigente quanto le altre, e se ogni droga non conducesse infine ad asfissiarsi con il gas.
Una riduzione di zavorra, una ripresa di equilibrio, scacciavano i suoi dubbi, la rassicuravano.
Ma la droga esisteva. Élisabeth e Paul portavano nel sangue fin dalla nascita questa sostanza favolosa.

L’inizio immacolato de I ragazzi terribili, una guerra di ragazzini combattuta con la neve, si dipana in atmosfere eteree perfette per occultare la melodia sinistra di un duo ammaliante che, con mezzi da adulti, finirà per condannarsi da solo al silenzio.

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