Era il lontano 2015 quando Joss Whedon, nel pieno del suo periodo di grazia, annunciò il progetto di un comic book intitolato Twist che avrebbe fornito una risposta all’ancestrale domanda: “Why isn’t there a Victorian female Batman?“, perché Joss ha sempre saputo leggere nei nostri cuori. Da allora, però, sono cambiate molte cose. Il progetto da comics è diventato una serie, il titolo è The Nevers e non più Twist, e Joss Whedon si è rivelato essere una persona disprezzabile al punto che HBO fatica a pubblicizzare lo show in modo adeguato, almeno in patria, per via della riprovazione che suscita il nome dell’autore, ormai ex showrunner della serie.
Joss Whedon è infatti passato dall’essere un punto di riferimento per intere generazioni di nerd, campione del femminismo, e autore a cui critica e pubblico hanno conferito le sacre stimmate del genio, all’essere un titolo tossico di cui disfarsi alla velocità della luce: ed entrambe le sue sorti sono più che meritate.
The Nevers per l’autore, dopo aver diretto Avengers ed Age of Ultron, e dopo aver rappezzato Justice League, sarebbe dovuto essere il trionfale ritorno alla serialità, e per di più su HBO che gli aveva garantito tutto quello che si era sempre visto negare dai precedenti network: controllo artistico e soldi. Nel frattempo, però, le accuse di Ray Fisher, e le rivelazioni di Charisma Carpenter – appoggiate e suffragate dalle sue ex colleghe – hanno svelato gli abusi di potere perpetrati da Whedon sul set, dopo che la ex moglie nel 2017 ne aveva già rivelato ipocrisia e disonestà.
Nonostante Whedon abbia lasciato la serie a novembre dello scorso anno, HBO si è dunque ritrovata per le mani la creatura di un autore che fino a qualche mese prima costituiva il principale selling point dell’intera operazione, ma il cui prestigio è ora in piena entropia negativa alla Tenet. E quindi come pubblicizzare uno show femminista, di un autore che del femminismo ha fatto la sua cifra stilistica salvo poi essere smascherato come un bullo, e spesso proprio ai danni delle donne che hanno lavorato con lui? La strada intrapresa è stata quella del basso profilo, evitando di menzionarlo, facendo piuttosto risaltare il nome di Philippa Goslett che è stata promossa a showrunner: è stata lei infatti a subentrare a Whedon, e sarà sempre lei a modellare la seconda parte della serie che andrà in onda a data da destinarsi.
Però a fine pilot arriva il momento della verità, e nero su bianco campeggia: “Scritto, diretto e creato da Joss Whedon”. Più avanti – e sicuramente per la seconda parte della stagione – parleremo del lavoro e dell’impronta della nuova showrunner, ma in questa fase la firma di Whedon salta agli occhi come tracce di sangue al luminol, la sua impronta è dappertutto: dalle tematiche scelte, al modo di metterle in scena e al linguaggio imbevuto di ironia pungente; dalla caratterizzazione della protagonista, all’orchestrare i movimenti della camera come a seguire un balletto.
E tutto questo è un’ottima notizia, anche per chi non è famigliare con i suoi precedenti lavori, perché Whedon sarà anche una persona che si è comportata in modo indegno sul lavoro, ma quando mette mano a una serie gioca in una categoria diversa rispetto a quasi tutti gli altri. Dopo questa doverosa premessa, è finalmente tempo di parlare del pilot. Da qui in avanti SPOILER.
Il 3 agosto del 1896 in una Londra alternativa e steampunk accade qualcosa. Da quel momento un certo numero di persone, in larga parte donne e quasi tutte di modesta estrazione sociale, iniziano a mostrare delle peculiarità fuori dal comune, spesso bizzarre, che vengono stigmatizzate e temute come anomalie e deformità dalla maggior parte delle persone. “Touched” è l’aggettivo per definirle e “turn” il termine per indicare le loro nuove facoltà.
A tre anni di distanza dall’evento, conosciamo la giovane vedova Amalia True (Laura Donnelly). La donna, con l’aiuto dell’inventrice Penance Adair (Ann Skelly), gestisce un istituto che offre riparo a tutte le persone “toccate” e rifiutate dalle rispettive famiglie. Le due giovani donne sono state a loro volta trasformate: il turn di Amelia è vedere scorci del futuro, quello di Penance è riuscire a captare l’energia e il modo in cui si incanala, abilità questa che esalta le sue doti di inventrice. In definitiva Penance, con tutti i suoi gadget, armi e invenzioni steampunk è la Q di Amalia. Quest’ultima, pur inserendosi nel solco delle protagoniste indipendenti, sfaccettate e kickass di Whedon, ha molto più in comune con Malcolm Reynolds che con Buffy. In realtà, a giudicare solo dal pilot, è Firefly il lavoro a cui The Nevers può essere paragonato più di qualsiasi altra creatura di Whedon.
Da subito è chiaro che sul destino delle persone toccate incombe una doppia minaccia. Da una parte il pericolo è decisamente mondano ed è rappresentato dall’establishment inglese – classista e imperialista – che sente il proprio status quo minato nelle fondamenta: donne, appartenenti alle classi meno abbienti e persone di etnia diversa che improvvisamente diventato incontrollabili rappresentato un pericolo per l’ordine prestabilito, quell’ordine che assicura il privilegio della classe dominante. Dall’altra c’è la minaccia di una touched completamente folle il cui piano non è ancora ben chiaro.
Nel cold open di quindici minuti Whedon sfoggia grazia e dono della sintesi nell’introdurre tutti i protagonisti e nello stabilire tono e intento della serie. Amalia True si appropria della scena nel giro di un paio di battute e la sua amicizia con Penance risulta da subito profonda, scanzonata e votata alla complementarità. La naturalezza con cui le due donne vengono introdotte è un piccolo saggio su quanto poco tempo, in realtà, sia necessario per pennellare adeguatamente un personaggio e farlo scivolare con grazia nei favori del pubblico.
Il pilot presenta e accumula storyline che presumibilmente verranno sviscerate in modo narrativamente appropriato più avanti. Alcuni subplot sono meno interessanti di altri, la storia del pagan sex club, per esempio, sembra più che altro un elemento messo per finire ad arricchire la galleria di bordelli made in HBO.
Nel complesso, l’intera ora è un piacere interrotto purtroppo proprio nella parte centrale. La sequenza all’opera rivela una villain manieristica e gravata da tutti i cliché che ci si aspetta da una persona fuori di testa: gridolini, saltelli, nonsense e repentini cambi di umore. L’impatto della voce di Mary, altra touched, è reso poi con un effetto speciale un po’ pedestre, ma forse è colpa mia perché l’associo alla pubblicità dell’umidificatore Dyson. Whedon, però, si fa subito perdonare chiudendo l’episodio in modo da renderlo circolare rispetto al cold open e mettendo in scena una sequenza lirica e suggestiva. Fino a quel momento gli alti valori produttivi – costumi, musica, fotografia – erano esattamente quelli che ci si aspetta da una produzione HBO, ma è nell’apparizione dell’oggetto alieno, un ibrido tra un’arca, un angelo e un’astronave, che assistiamo a un elemento che spicca creativamente.
Whedon è anche conosciuto per i suoi dialoghi brillanti e la precisione chirurgica della loro esecuzione. Queste caratteristiche vengono spesso annoverate tra i suoi marchi di fabbrica in un modo, però, che spesso li fa apparire dei tricks, piuttosto che abilità con dignità e spessore. Non a caso l’episodio muto di Buffy – Hush – è nato proprio perché Whedon era stanco di sentirsi ripetere che il successo di Buffy era dovuto ai dialoghi veloci e divertenti, come se la serie fosse poco più di una comedy.
Il linguaggio in Whedon è sempre un elemento fondante della narrazione stessa, mai un vezzo – se non nella sua manifestazione più superficiale – ma sempre una forza creatrice. Di questo abbiamo un piccolo assaggio in una delle scene più riuscite del pilot. Prima di assistere allo spettacolo, Amalia interviene per dirimere una questione linguistica spiegando perché employee è preferibile a the employed.
The singular. One may refer to a single employee, whereas “the employed” can only be used to describe a mass of people. It doesn’t allow for the idea that a single worker may be a whole and meaningful being.
A fine episodio è difficile dire esattamente quale strada prenderà la serie, visto che la storia ne ha imboccate diverse, ed è possibile che più avanti si renderà necessaria una potatura, ma se l’impronta è questa, al peggio avremo due protagoniste da amare e dei gadget su cui sognare. L’ombrellino-teaser con manico tirapugni su tutti.
Note
In Italia The Nevers è su Sky a partire dal 12 aprile
Qui su Players commenteremo settimanalmente i sei episodi che costituiscono la prima parte di stagione. La seconda è attualmente in fase di lavorazione e non ha ancora una data di uscita.
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