Odd Taxi è ambientato in una metropoli popolata da animali antropomorfi, Odokawa, un tassista-tricheco di 31 anni, si trova suo malgrado coinvolto un intricato intreccio di violenza, rapimenti, minacce ed estorsioni. Attorno a lui si muove un bestiario variegato e accomunato da infiniti problemi personali.
Odd Taxi è un capolavoro.
Meglio dirlo subito, così da permettere ai (temo tanti) che non hanno mai sentito parlare di questa serie animata di correre su Crunchyroll e iniziare il bing-watching, che durerà per 13 episodi, alla fine dei quali, probabilmente, in molti concorderanno con me.
Per lasciare un segno indelebile nella storia dell’animazione nipponica, ci sono due strade: diventare un kolossal, più o meno scientemente (di recente è capitato all’eccelso Attack on Titan o a quella macchina da soldi polverizza-incassi chiamata Demon Slayer, per la quale ogni giudizio critico non può che essere sospeso indefinitamente, perché travolto dal fiume di yen che anime e film hanno generato, contribuendo alla salvezza delle sale cinematografiche e al rilancio del mercato animato interno e internazionale), oppure essere una piccola storia con un grande cuore, personaggi ricchi di empatia, dialoghi memorabili e un finale epocale. Ecco, Odd Taxi è questo.
Difficile non amare il protagonista, il suo essere pirandelliano e malinconico, un essere anonimo, solo e solitario, ma proprio per questo capace di amare e animato da un profondo senso di giustizia. Attorno a lui gravita un universo di personaggi secondari, sì, ma così finemente cesellati e così meravigliosamente diversi tra di loro, da risultare memorabili tanto quanto il buon Odokawa (vogliamo parlare del boss yakuza che parla in rima? O del game designer ossessionato da un item raro di un gioco? E del duo comico sfigato? Sono uno meglio dell’altro).
Baku Kinoshita e Kazuya Konomoto, regista e sceneggiatore, hanno creato uno strepitoso mix tra thriller, mystery, noir e commedia, caratterizzato da un umorismo nero tagliente, sardonico, spietato, brillante e da un delizioso non sense che alleggerisce l’atmosfera quando si fa troppo pesante.
Una serie adulta, finalmente, che utilizza linguaggio, segni, significati e grammatica delle migliori serie tv e dei migliori noir e pulp. L’ultimo episodio, che chiude mirabilmente tutte le side-story, oltre a quella principale, con una precisione chirurgica (ma terminando con un colpo di scena impensabile) non può non essere considerato uno dei migliori “singoli” episodi della storia dell’animazione giapponese (quanto a empatia, spessore drammaturgico e regia, di simili mi sovvengono solo Happy family planning/Paranoia Agent, Hero/Attack on Titan, Silence/Death Note, Necrosi metafisica/Steins Gate, Ballad of Fallen Angels/Cowboy Bebop e pochissimi altri).
Considerando la qualità dell’opening e dell’ending, lo stile particolarissimo e sempre funzionale alla narrazione, il climax che trascina lo spettatore da un episodio iniziale, nemmeno particolarmente trascendentale, a un finale pazzesco e palpitante, la scelta di raccontare la stessa storia da diversi punti di vista (in alcune puntate “monotematiche” impeccabili) , non c’è ragione, da oggi, per non considerare Odd Taxi un classico o, appunto, il capolavoro di cui non sapevamo di avere bisogno.
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