Chenrobylite

 Anche se i videogiochi ci erano arrivati per primi, con S.T.A.L.K.E.R. che recuperava le atmosfere di Andrej Tarkovskij e le declinava in chiave sparatutto, è stata la serialità (ha ancora senso chiamarla televisiva?!) a riportare Chernobyl sull’agenda dell’attualità con l’omonima serie tv del 2019. Oggi con Chernobylite del team polacco The Farm 51 idealmente il cerchio si chiude.  

CHERNOBYLITE E LA DISTINZIONE DI GENERE

Igor Khymynuk è uno scienziato. Trent’anni fa il suo posto di lavoro era all’interno della centrale nucleare in cui ha avuto luogo l’incidente che ha condannato l’intera regione circostante a diventare per decenni una zona inaccessibile e mortale. Trent’anni fa, Igor aveva anche una una compagna, Tatyana, ufficialmente morta nel disastro secondo le ricostruzioni ufficiali, ma mai ritrovata. Una delle tante contraddizioni che spingono Igor ad avventurarsi fino a Pripyat all’interno  della zona di alienazione in cerca di risposte. 

Chernobylite è, tra le tante cose, il racconto dell’avventura di Igor, ma è anche una ricostruzione documentaristica, un horror, uno sparatutto in prima persona, un gioco di ruolo, un gestionale e, per tirare una riga, un piccolo miracolo. Perché è raro trovare un titolo in cui così tanti elementi funzionino insieme, in contemporanea a o in concerto: spesso c’è da essere soddisfatti se un paio di componenti riescono a suonare in armonia. E considerando le dimensioni del team, anche la grafica di alto livello andrebbe messa nel novero delle meraviglie, nonostante i problemi di performance che affliggono le edizioni console next-gen, tra cui quella per Series X da me testata. 

Chernobylite

DESOLANTE BELLEZZA

Lavorando sottotraccia, a differenza di quel che capita ad altri studi più blasonati, The Farm 51 è riuscito nell’impresa rara di realizzare un gioco che vuole fare tante cose e alla resa dei conti le fa quasi tutto bene. Il punto di partenza, la vetta di eccellenza di Cernobylite è la resa dell’atmosfera della Zona, quantomeno per come è concesso immaginarla. C’è da fidarsi però, perchè la ricostruzione parte dai rilievi satellitari, fotografici e tridemensionali svolti dagli artisti del team polacco, entrati nella zona di esclusione per poi riportare in studio il materiale raccolto e rialaborarlo con la sensibilità di chi di sicuro si è trovato nei pressi di una sindrome di Stendhal in un luogo rimasto congelato alla data del più grande disastro nucleare della storia: il 26 aprile del 1986. 

Nonostante l’approccio sia decisamente moderno, la lezione appresa da Chernobylite viene da lontano, da quel Half-Life che non ha introdotto la trama negli sparatutto, come si è superficialmente portati a credere, ma ha cucito intorno al suo protagonista una trama su misura, vero punto di non ritorno imposto da Valve. Come Gordon, Igor è un scienziato, un fisco per la precisione, e la componente sparacchina di Cernobylite non si smuove mai da questo assunto: Igor spara come uno scienziato, e preferisce non farlo se c’è un’altra solyuzionme. A complicare le cose va aggiunta la comprensibile scarsità di materiali , decisamente inevitabile vista l’ambientazione, tra cui figurano naturalmente le munizione, ma anche la Chernobylite, il minerale che dà il titolo al gioco e che costituisce anche un elemento fondamentale per trama e meccaniche.

IL MATERIALE DEL TEMPO

La Chernobylite infatti fa parte da tempo della materia studiata da Igor diventata poi una tecnologia capace di consentire squarci nel continuum spazio tempo, balzi verso il passato iniziato nel giorno della fusione in cui la vita di Igor è cambiata e la chernobylite è apparsa sulla Terra. Mi rendo conto, mentre scrivo, di come le assonanze con Half-Life siano molte di più di quante ne avessi percepite (il mix di nemici composto da creature mostruose e forze paramilitarri, ad esempio), e questa credo sia un’altra nota di merito per The farm 51 che ha saputo citare rielaborando, o copiare senza farsi beccare, a seconda dei punti di vista. Se c’è un appunto, però, che si può fare, è che ritrovare le risorse intantte laddove si è già passati spesso spezza la sospensione dell’incredulità così abilmente costruita. 

Laddove Chernobylite prende invece le distanze dai vecchi modelli per fare qualcosa di unico e solo suo è nella commistione di generi iniziale, che lo porta a rifuggire allo stesso modo la tendenza imperante dell’open world per compartimentare le sue fasi action in missioni strutturate a microzone, al cui interno può dare libero sfogo alle parti action, stealth, RPG ed horror, riservandosi poi un angolo esterno da dedicare all’anima gestionale e strategica del gioco, che costituisce la struttura della componente survival, quella della programmazione su base quotidiana delle missioni di approvvigionamento e dei compiti da assegnare ai compagni di accampamento. 

Nel suo essere più giochi in uno, invece, Chernobylite si rivela un gioco estremamente moderno, capace di travalicare le barriere dei generi, senza sfociare nel banale calderone dell’open world e sfatando persino una di quelle verità popolari che si ripetono quasi senza riflettere sul significato: invece, tutto e bene si può fare. O quasi, insomma. 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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