La locandina di Thor: Love and Thunder che richiama l'estetica di una cover di un album metal

In coda alla recensione di Dr. Strange nel Multiverso della follia mi auguravo che la Marvel si lanciasse più spesso in pellicole fuori dagli schemi, affidate a registi in grado di lasciare un loro segno, riconoscibile a prima vista, e lontane da quel meccanismo produttivo spersonalizzate che a lungo è stato il MCU. Era una speranza di facile realizzazione, considerando che il film successivo sarebbe stato Thor: Love and Thunder di Taika Waititi, seguito spirituale del precedente a apprezzato Ragnarok, e così è stato. Il nuovo capitolo della saga cinematografica del dio del tuono è di sicuro una produzione che porta forti i segni del suo autore, ma non si può dire riuscita al pari delle altre appena citate. 

Nella sua favola moderna Taika Waititi ci presenta un Thor fuori dal mondo, estremizzazione del depresso fuori forma di Avengers Endgame: recuperati i muscoli, il figlio di Odino (Christopher Hemsworth) non è riuscito a ricucire le delusioni e le perdite delle ultime avventure e ha deciso di dedicarsi a ciò che sa fare meglio, ovvero vincere battaglie. Il suo nuovo scanzonato stile di vita trova tuttavia sulla propria strada Gnorr (Christian Bale) e la sua Necrospada, l’arma che l’ha trasformato nel Macellatore di dei. In questa battaglia Thor troverà però un’inattesa allenata: Jane Foster (Natalie Portman) divenuta la Potente Thor grazie all’attrazione esercitata da Mjolnir. 

Thor in abbigliamento casual sulla nave dei Guardiani della Galassia.

Nel suo processo ormai inarrestabile di cannibalizzazione dello stardom hollywoodiano, il Marvel Cinematic Universe si ciba questa volta di Christian Bale e Russell Crowne. Il primo regge praticamente da solo tutta la seconda parte del film, quando i toni virano verso il drammatico con uno slittamento repentino e imprevisto delle tematiche verso argomenti e trattazioni di colpo più profondi. Crowne invece presta il fisco a uno Zeus tracotante e spaccone, emblema della prima metà di Love & Thunder in cui è la comicità sopra le righe e nonsense a farla da padrone. 

Se vi state chiedendo come convivano queste due anime, tranquilli, la domanda è legittima, e la risposta è tutta in una scena in cui – letteralmente – il film passa da un tripudio di colori a un emblematico bianco e nero. La sceneggiatura e la regia di Waititi vanno dritte al sodo, senza troppi giri di parole o immagini: in fondo è un film di gente che vola nello spazio sopra una barca vichinga trainata da due enormi capre spaziali che corrono su un arcobaleno generato da un’ascia magica. Le cose succedono perchè è così, e non c’è bisogno di sprecare più di un paio di righe di dialogo per spiegarle. 

Thor al fianco della Potente Thor in Thor: Love and Thunder

Seguendo una massima che gli anglofoni sintetizzerebbero con cut the bullshit, basta una scena a Jane Foster per ricomporre il Mjolnir infranto e diventare la nuova Thor e una manciata di secondi per ricapitolare il percorso di Thor nel MCU fino ad ora. A tratti però il prendersi poco sul serio di Love and Thunder è quasi eccessivo, sul confine della parodia, senza tuttavia mai risultare davvero efficace né negli intenti comici nè in quelli sarcastici. Quando il film entra dunque nella seconda parte che vuole essere più drammatica risulta difficile entrare nel giusto mood, considerando che fino a pochi minuti prima Thor stava gestendo una scenata di gelosia della propria ascia. 

La prima ora di film, per di più, scorre a un ritmo surreale, un’impilarsi di scene una più wtf dell’altra, rese possibili solo da stralunate interazioni tra i personaggi ridotti all’occorrenza a cartonati bidimensionali sacrificati sull’altare di una gag lunghissima, e che non fa nemmeno così sbellicare a essere onesti, stroncata poi dall’improvviso cambio di tono del finale. Mentre scorrono i titoli di coda in attesa delle immancabili due scene post credit, ho realizzato di aver assistito a una sorta di bizzarro musicarello, uno di quei film concepiti come collage di video musicali, in questo caso realizzati sopra le onnipresenti musiche dei Guns N’ Roses, che mi ha lasciato più spiazzato che divertito. 

Christian Bale nei panni di Gorr il Macellatore di dei guarda cupo verso lo spettatore

Partendo dal presupposto che ci aspetta un film Marvel ogni 2-3 ancora almeno per qualche anno, continuo a credere che sia meglio una pellicola strana e a suo modo ambiziosa come questo Love and Thunder rispetto ad altri esempi di film MCU che appaiono “preconfezionati”, però il quarto capitolo di Thor funziona davvero solo a sprazzi, e non regala nemmeno scene così graffianti o memorabili come fatto da Raimi col suo Dr. Strange.  



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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