Terminato da pochi giorni, Kakushigoto è un anime che si farà ricordare.
Tratto dall’omonimo manga shōnen scritto e disegnato da Kōji Kumeta, serializzato da Kōdansha su Monthly Shōnen Magazine a partire dal 5 dicembre 2015, Kakushigoto è uno slice of life che racconta la bizzarra vita di un mangaka che ha ottenuto un discreto successo con un’opera piccante e demenziale, ma che teme che il suo lavoro possa mettere in imbarazzo la piccola figlia Hime, orfana di madre, e fa così di tutto per nasconderle la sua reale professione.

Ad una prima, fugace, impressione Kakushigoto potrebbe sembrare il classico anime demenziale e divertente (alla Nozaki-Kun, per intenderci, altra opera che racconta la vita di un mangaka), ma fin dalle prime puntate si capisce che c’è di più. La fine di ogni episodio è infatti un flashforward che vede Hime oramai cresciuta e maggiorenne, tornare nella casa dove ha passato l’infanzia e ricordare il padre…come se fosse scomparso? La risposta all’enigma arriverà solo nell’ultima, splendida, puntata, ma tutta la serie, nonostante faccia spesso sbellicare dalle risate, è giocata su un registro agrodolce che la rende unica e appassionante.

Kakushigoto propone due distinti livelli narrativi: il primo, è quello del rapporto genitore/figlia, ottimamente raccontato e denso di riflessioni sull’importanza della paternità, specie in un contesto in cui la madre è assente, le difficoltà nel crescere un figlio e vederlo diventare più grande ogni giorno che passa e sul concetto di famiglia (che, in questo caso, è allargabile alla variegata moltitudine di colleghi, conoscenti e amici che orbitano attorno alla coppia). Temi importanti quindi, ma sempre trattati con efficacia e leggerezza, senza scadere nel melodrammatico.

Altro piano di lettura, molto interessante, è quello relativo a cosa voglia dire essere mangaka oggi in Giappone: le scadenze da rispettare, il rapporto coi colleghi, i fan e gli editor, le crisi creative, l’uso della tecnologia. Tra una gag e l’altra Kakushigoto è un vero e proprio manuale d’istruzioni per chi vuole affrontare non solo la carriera di mangaka, ma qualsiasi attività professionale che abbia a che vedere con la creatività.

Si ride spesso e di gusto: l’umorismo poggia le sue basi su trovate demenziali e sul rapporto tra il protagonista e le persone che lo circondano (spesso donne e che spesso equivocano le sue richieste, quasi tutte orientate a ricevere dritte su come crescere la figlia) e funziona sempre. Il climax finale, quando gli aspetti “drammatici” della storia sembrano prendere il sopravvento su quelli più leggeri, è scritto alla perfezione e chiude come meglio non si potrebbe una storia breve, ma intensa.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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