Quante volte vi sarà capitato di sentire “siamo amici da tanto, questo progetto è nato davanti ad un caffè”. Pensate a: “George Clooney is inside”, e poi, “Matt Damon is inside”. Ecco, na tazzuriella e’ café e ti tirano fuori un film capace di creare tanto scalpore, a Berlino e da noi, pur essendo un film mediocre, Monuments Men, quinta fatica da regista di George Clooney che ha messo insieme una brigata di amici tra cui manca solo Brad (Pitt).
Damon faceva già parte degli Oceans (Eleven & Co) e con George ha fondato l’associazione no profit Not On Our Watch. Bill Murray pare si piazzi sul divano di Villa Oleandra, a Laglio, un paio di settimane all’anno, di solito d’estate e, comunque è un’icona, e poi doveva già andare al festival berlinese con Wes Anderson e, così, ha preso due piccioni con una fava. Poi gli serviva un inglese impavido e ha chiamato Hugh Bonneville, cuore britannico, attore shakespeariano, ma soprattutto Conte di Grantham nella serie Downton Abbey. Non poteva non esserci “il Clooney d’oltralpe” Jean Dujardin, che ultimamente interpreta personaggi francesi nei film hollywoodiani (vedi The Wolf of Wall Street di Scorsese), per il quale qui è stata scritta una parte ad hoc per un passo a due con il partner da Oscar John Goodman. E poi ancora, Robert Balaban – il nome non vi dirà nulla, ma lo riconoscerete – e Cate Blanchett completano il cast esplosivo.
Ma tutta sta gente per fare cosa esattamente? Tra una missione in Darfur e una manifestazione a sostegno di Yulia Tymoshenko, George Clooney rimette l’elmetto, dopo La sottile linea rossa, per raccontare la vera storia di una divisione dell’esercito alleato voluta dal presidente Roosevelt, formata da esperti d’arte, professori, collezionisti, scultori, architetti, curatori di musei, pronti a rischiare la vita per recuperare opere d’arte rubate dai nazisti in mezza Europa durante la Seconda Guerra Mondiale con l’intento di adornare il Fuhrermuseum.
Il film è tratto dal libro di Robert M. Edsel Monument Men. Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia, Clooney lo legge e lo propone a Grant Heslov con il quale nel 2006 ha fondato la Smokehouse Pictures – che ha finanziato, oltre ai precedenti film dell’inarrestabile cinquantatreenne del Kentucky, Argo di Ben Affleck e il film in questi giorni nelle sale I segreti di Osage County di John Wells – si accorgono di avere tra le mani un pezzo di storia mai raccontato sul grande schermo e lui decide di fare il regista, attore, produttore e sceneggiatore.
Ne è venuto fuori un film troppo spensierato in cui la guerra fa da sfondo e non se ne percepisce fino in fondo la tragicità. Poco equilibrato nelle emozioni, alterna brevi e intensi momenti drammatici a siparietti comici non sempre esilaranti. Il ritrovamento della michelangiolesca Madonna di Bruges è la scena più commovente e Murray è in gran forma. Ma l’idea è che sia tutto un po’ finto e stereotipato: ci sono i buoni, gli Americani, i cattivi, i Nazisti e quelli gabbati, i Russi. Al ritmo delle marcette trionfali tutte da fischiettare di Alexandre Desplat, il manipolo di improbabili soldati a stelle e strisce non più giovanissimi va a caccia di opere d’arte ricordando Indiana Jones, anche se il divo George dice di essersi ispirato ai film che ha amato da piccolo, Il Ponte Sul Fiume Kwai (1957), I Cannoni Di Navarone (1961), La Grande Fuga (1963), Quella Sporca Dozzina (1967).
Quello che rimane è il nobile intento dell’operazione, far rivivere un’impresa dimenticata e che è necessario ricordare, specialmente dopo ritrovamento di qualche mese fa, a Monaco, del tesoro di Hitler, ma soprattutto perché la Storia continua a ripetersi, come dimostrano la demolizione dei templi buddisti ad opera dei talebani o del museo archeologico di Bagdad.
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