Quinta puntata del nostro viaggio tra gli italiani che vivono e lavorano all’estero. Stavolta curiosiamo nella vita di Ubi de Feo, che è “tante cose diverse” ad Amsterdam.

Chi sei, quanti anni hai, da dove vieni, cosa fai nella vita?

Mi chiamo Ubi de Feo, al secolo “Ubaldo” che ho abbreviato per semplificare la pronuncia all’estero, ho 40 anni (ancora per poco). Sono nato ad Agropoli, una piccola cittadina in provincia di Salerno, che ho lasciato circa 20 anni fa per cercare ciò che il posto non poteva offrirmi. Nella vita faccio il curioso. Spesso questo termine viene tradotto in etichette inutili quali “Creative Director”, “Creative Technologist”, “Engineer” (non ho una laurea) e altro. molti mi definiscono “Programmatore” o “Designer”. In realtà non mi è chiaro cosa faccio realmente. So soltanto che faccio un po’ quello che mi passa per la testa.

Attualmente dove ti trovi e da quanto hai lasciato l’Italia?

Vivo e lavoro ad Amsterdam da 13 anni. Ho lasciato l’Italia il 3 agosto del 2002, per qualche mese. Mi sono trasferito definitivamente il 26/27 febbraio del 2003.

Cosa ti ha spinto ad abbandonare l’Italia? (leggi: cosa manca nel nostro Paese che invece hai trovato dove ti trovi ora?)

Non ritengo di aver avuto una ragione per lasciare l’Italia. Quando vivevo e lavoravo a Milano ero circondato da persone che mi piacevano e con cui lavoravo benissimo.
Sicuramente percepivo una sorta di limitazione, dovuta prettamente al fatto che mentre io ed altri amici ci interfacciavamo principalmente con persone all’estero, tutto intorno notavo che le varie agenzie e tanti “professionisti illustri” restavano in questo bossolo confortevole che era il nostro paese e per questo motivo ciò che chiamavano (e tuttora chiamano) innovazione, non era altro che un ritrito di cose eccellenti e “nuove” che provenivano da UK, US, Nord Europa. La cosa che mi infastidiva era che nascevano le star nostrane, ma non c’era nulla di nuovo, sebbene si usasse molto dire “cutting edge”.
Io volevo imparare, e lo facevo su Internet grazie a tante persone conosciute virtualmente e con cui sono ancora in ottimi rapporti, alcune conosciute anche di persona durante i miei viaggi di lavoro.
In Italia c’erano, come dicevo, le star locali, ma molti di questi erano solo fuffa e riciclatori.
Non sentivo il reale bisogno di andarmene. Oltretutto avevo 27 anni e non avevo mai visitato un altro paese (non avevo neanche mai preso un aereo).
Avevo smesso di lavorare per Nurun, per cui ancora conservo un sacco di rispetto e avevo trascorso qualche mese in una piccola agenzia milanese (non faccio nomi). Avevo dato le dimissioni perché oltre a non essere puntuali nei pagamenti (cosa che nel nostro paese ho spesso riscontrato), non mi offrivano l’opportunità di fare progetti che fossero davvero innovativi.
Mi ritrovavo “profeta in patria” ma non mi è mai interessata la fama quanto la gratificazione.
Ebbi un’occasione fantastica: tre giorni prima della fine del mio contratto Niko Stumpo mi chiama e mi fa “vuoi venire ad Amsterdam con me a fare un pitch con Wieden+Kennedy?”.
Non credo di averci pensato più di tre secondi. Sono partito con Niko e mi sono ritrovato in una città bellissima, a lavorare esclusivamente in inglese con tantissime persone provenienti da tutto il mondo.
Quello che ho trovato all’estero è stata una qualità di cui ero privo, e che ho fatto mia: l’umiltà.
Ero spocchioso e pieno di me, ma confrontarsi con persone di talento e riuscire ad ammettere di essere mediocre aiuta a formare il carattere e ti rende una persona migliore.
Ci ho messo un po’ di anni, ma credo di saper riconoscere i miei limiti. Devo aggiungere che la falsa modestia non mi appartiene: se so di essere bravo in qualcosa lo dico apertamente, noncurante delle reazioni altrui.
a 40 anni bisognerebbe sapere chi sei, e cosa sai fare davvero.

Qual è la maggiore differenza che hai riscontrato, in ambito professionale, tra il modo di lavorare nel Paese in cui ti trovi e l’Italia?

Tutto il mondo è paese, ad un certo livello, quindi le cose che trovi in italia le trovi anche all’estero, ma l’umiltà (non sempre) e la voglia di migliorarsi e vedere oltre i propri confini, oltre a quelli del proprio paese, li ritrovo molto più qui che in Italia. Alla fine è facile adagiarsi sugli allori, ma è per me estremamente noioso.
Mi viene in mente qualche episodio accaduto in agenzie italiane con le quali ho lavorato: quel vizio di alzare il quaderno per non farsi “copiare” e il tenere per se le proprie conoscenze, i propri tricks.
Io non sono mai stato così, ho sempre provato un grande piacere nell’aiutare gli altri. forse è per questo che insegno da tanti anni e condivido le cose che imparo.
Prendi uno qualsiasi dei miei studenti degli ultimi 15 anni e ti potrà dire che gli/le ho rivelato qualche trucchetto che rende la vita professionale più facile, fosse pure solo un workflow.
Anni fa avevo molto tempo e scrivevo un sacco di tutorial, partecipavo e moderavo forum sia in italia che all’estero, e passavo le notti ad aiutare qualcuno a risolvere un problema di Flash, Director, o altre cose che avevo imparato o su cui avevo sbattuto la testa per settimane.
La condivisione del sapere è importante, e mi scontro ancora con la mentalità di chi (inclusa mia madre) ti dice “questa cosa la devi brevettare altrimenti te la fregano”.
Molto del mio lavoro di ricerca sull’insegnamento della programmazione o della Computer Science si basa sul come insegnare ai miei studenti ad essere curiosi e a condividere le cose che si imparano.

E la differenza “non professionale” (vale tutto: clima, cibo, abitudini, atteggiamento delle persone)?

Qui tocchiamo alcuni tasti dolenti.
Al clima mi sono un po’ abituato, del resto mi sono anche trovato a Mosca a -19ºC o qui ad Amsterdam ad andare in moto a -9, ma per il cibo ancora si può migliorare. Negli ultimi anni la situazione è cambiata, ma un giorno aprirò una bakery. Per ora passo molte ore in cucina a fare dolci o pane. Con le abitudini delle persone non ho problemi, sono fondamentalmente un eremita. Durante i primi due anni uscivo parecchio, poi ho iniziato ad uscire e ad andare alle feste solo se mettevo i dischi, poi credo di aver smesso completamente. Ho una marea di hobbies e mi piace davvero quello che faccio. Mi piace tanto trascorrere un’intera settimana nel mio lab a lavorare su qualche circuito o a imparare una nuova tecnologia. Sono riuscito a raggiungere l’ascesi, nessuno più mi chiede di andare a cena o uscire. Ovviamente tutto ciò che faccio un giorno potrebbe aiutare qualcuno. Per me questo vale molto più che la vita sociale fine a se stessa. Seleziono molto, e il mio tempo resta la cosa più preziosa che ho.

Quali sono le maggiori difficoltà “operative” che si riscontrano quando si lascia l’Italia per andare all’estero?

Non ne ho trovata nessuna. Mi sono sentito subito a casa.
Arrivato qui mi è stato subito offerto un bel contratto a tempo indeterminato (terminato dopo un paio di anni).
Pensa che in Olanda, se vieni riconosciuto come “talento acquisito dall’estero”, hai uno sgravo fiscale del 30% del tuo stipendio lordo. Io ho rinunciato a questa cosa quando mi sono messo in proprio, e ora non posso più usufruirne, ma non mi interessa: sono felice di pagare le mie tasse e godere di benefici che il mio paese non mi ha mai offerto. L’unica vera pecca che posso notare è il loro sistema medico: sono tutti un po’ fuffa.
Per fortuna stiamo bene (da bravo terrone sto puntando le corna verso il basso).

C’è qualcosa nel Paese in cui ti trovi che non è come te lo immaginavi prima di viverci?

Non l’ho mai immaginato prima, come non immagino i posti dove non sono stato. Sono l’antitesi del viaggiatore. Sento che prima o poi il caso mi porterà in altri posti dove non sono stato. Con “caso” intendo “lavoro”.
Pur essendo un curioso, lascio che sia il caso a guidarmi, e non pianifico viaggi. Se non sono mai stato in un posto il più delle volte lo ignoro. Oltretutto: odio viaggiare :)

Cosa ti spingerebbe a ritornare in Italia?

Nulla.
non torno mai nei posti che ho lasciato. Anche ad Agropoli torno molto raramente, nonostante parte della mia famiglia viva ancora lì. Mia mamma è una “tranquillona”. So che le manco, ma so anche che per lei la cosa più importante è che io stia bene. Dopotutto è stata lei la mia più grande sostenitrice, sin da quando ero bambino.
Quando finii il militare mi spinse a trasferirmi a Milano, a studiare cose che non capivo (ancora), sostenendo che fossi rimasto al paese mi sarei spento. Quanto aveva ragione…

Che consiglio daresti ad una persona più giovane di te che volesse intraprendere la tua stessa professione?
più di uno?

Smonta tutto ciò che hai davanti fino a quando non hai capito come funziona.
Non aver paura di lavorare 18-20 ore al giorno, soprattutto se il tuo lavoro e la tua passione sono la stessa cosa.
Impara (ci vuol tempo) ad essere umile e a riconoscere i meriti altrui.
Non forzare le relazioni sociali: filtra bene e impara a capire chi veramente ti rispetta per quello che sei e quello che fai: il resto è rumore.
Impara BENE l’inglese.

Ultima domanda: consiglia, motivandolo, un film/libro/gioco/disco ai nostri lettori (uno in assoluto, non uno per categoria!)

Ve ne do comunque due, scegli quello che preferisci: Elianto (Stefano Benni) / The man who fell to earth (Nicolas Roeg – starring David Bowie)

Se hai un portfolio, blog, sito, pagina social, campagna kickstarter che avresti piacere fosse pubblicata, posta il link qui sotto

Questo articoletto che ho scritto per il lancio del mio sito e il mio ultimo talk a Scratch Amsterdam 2015
quest’ultimo è un pippone di 30 minuti… auguri :D

Le altre puntate di #SoLongItaly

1-COME DIVENTARE SPACECRAFT ANALYST A DARMSTADT
2-COME DIVENTARE INSEGNANTE DI VIDEOGIOCHI A SINGAPORE
3-COME DIVENTARE UN CREATIVO A LOS ANGELES
4-COME DIVENTARE FOTOGRAFO A MELBOURNE
5-COME DIVENTARE CURIOSO AD AMSTERDAM
6-COME FARE IL VISUAL DESIGNER A NEW YORK
7–COME DIVENTARE IMPRENDITORE A HOLLYWOOD
8-COME ANDARE A FARE IL PROGRAMMATORE ALLA WETA A WELLINGTON
9-COME DIVENTARE MEDIEVISTA A LEEDS
10-COME LAVORARE NEI VIDEOGIOCHI A LONDRA
11-COME DIVENTARE PRODUCT DESIGNER A PALO ALTO
12-COME INSEGNARE CULTURA ITALIANA A NEW YORK
13-COME FARE IL DESIGNER A LOS ANGELES
14-COME DIVENTARE ATTORE A LOCARNO
15-COME FARE IL FILOSOFO A SAN FRANCISCO (E UN PO’ OVUNQUE)



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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