Ian McDonald possiede l’autentica indole del narratore, sulla pagina di carta come nelle conversazioni quotidiane. È un miscuglio incredibile di ricchezza narrativa e precisione sintetica, di sicurezza in sé e audacia di chi conosce il proprio talento e i propri mezzi.

Corpulento, gioviale, più loquace e incline dell’inglese medio a parlare di sé e del proprio vissuto, durante la sua visita all’ultima edizione di Strani Mondi ha pronuncia una frase che mi ha molto colpita, un passaggio che unisce due momenti chiave della sua carriera. Il punto di rottura è il divorzio dalla prima moglie, che lambisce spesso i discorsi dell’autore e che, seppur mai esplicitamente, s’intuisce essere stato travagliato. Con la vita emotiva sottosopra e un lavoro più o meno regolare come autore televisivo, McDonald decide di scrivere il suo primo romanzo di fantascienza. Correva l’anno 1987: l’incoscienza dell’esordiente si rivela la sicurezza di chi conosce il proprio mestiere e tira fuori un romanzo che non solo viene pubblicato senza intoppi, ma ottiene anche un notevole successo di critica e di pubblico.

Passano gli anni e si susseguono i libri e premi. Ian McDonald si costruisce una solidissima fama di scrittore di fantascienza di alto livello, capace di esprimere sia un valore letterario tutt’altro che banale nella caratterizzazione dei personaggi e nella modulazione della lingua, sia di raccontare storie di altri mondi (alieni o terrestri ma lontani dai centri anglofoni della SFF di grido) con un impiantito scientifico visionario ma estremamente verosimile. Non arriva mai alla consacrazione vera e propria, premi come Hugo e Nebula sfuggono ai suoi romanzi; li vince entrambi nella loro accezione meno prestigiosa, con le sue novelette. Con certi libri e in certe annate si muove addirittura a livelli superiori della media dei due premi totem, in meandri altissimi e forse per questo pieno di chiaroscuri.

Nel circolo dei lettori di genere è molto amato, quasi riverito, ma non così trasversalmente conosciuto. Caso tutto particolare è l’Italia dove, a fronte di pochissime opere tradotte e per lo più di natura breve o brevissima, l’attesa per un romanzo come Il fiume degli Dei è così palpabile che il titolo (pubblicato nel 2013) diventa un long seller per un’Urania appena apertasi al mondo degli ebook. Comincia così la lunga corsa dell’editoria italiana alla sua opera, che viene saccheggiata da una pletora di editori, dai più attenti ai più distratti.

Ian McDonald ha ottenuto quasi tutto quello che uno scrittore di genere possa desiderare: la possibilità di vivere esclusivamente della sua scrittura (traguardo tutt’altro che semplice in ambito SFF), il plauso della critica, la fama, i premi. È il 2015 e Ian McDonald decide che non gli basta. Chissà, forse il successo montante del collega George R.R. Martin (che condivide con lui parecchi tratti caratteriali e fisici, oltre a certo passato televisivo) grazie alla trasposizione della sua saga più celebre gli mette la pulce nell’orecchio, forse è un’idea che cova da tempo. Ha già avuto modo di provare fin dove possa spingersi la sua bravura. Così Ian McDonald si siede davanti al suo computer, deciso a scrivere non un romanzo, bensì una trilogia che possa diventare un prodotto televisivo.

Con la stessa tranquilla sicurezza con cui scrisse il suo romanzo d’esordio, sicuro del traguardo, Ian McDonald lavora a Luna Nuova, il titolo che avvia la sua più recente creatura: la trilogia della Luna. Non è un passo così azzardato, dato che conosce in prima persona i meccanismi televisivi, anche se i suoi riferimenti seriali tradiscono la sua età anagrafica. Laddove i lettori più giovani trovano echi delle lotte fratricide e familistiche di Game of Thrones nel suo nuovo romanzo, lui cita un classico televisivo del 1978, Dallas. Tutto in quella serie texana nel midollo è esagerato, opulento, sfacciato e iperbolico, così come dimostrano di essere i protagonisti e le vicende di Luna Nuova.

Il lettore affezionato di McDonald rischia di rimanere deluso di fronte all’apparente superficialità di Luna Nuova, mentre chi non è avvezzo al genere rischia di annegare nella miriade di personaggi che si muovono sulla superficie lunare. Le lotte fratricide tra petrolieri texani e tra le dinastie di Westeros si sono trasferite sulla Luna. I Cinque Dragoni sono le ricche casate originate da altrettanti uomini e donne che sono stati pionieri della colonizzazione lunare, qualche decennio prima dell’inizio del romanzo.

I Dragoni si nascondono tra i manovali partiti verso la Luna per far fortuna, cercatori di materie prime sopravvissuti alle radiazioni e alla morte per mandare elio e altri materiali su una Terra sempre più affamata di risorse. Tra questi uomini e donne di fatica c’è chi cova ambizioni sfrenate.

L’australiano Robert MacKenzie arriva 50enne sul satellite e, a dispetto di quanti gli dicevano che non sarebbe nemmeno sopravvissuto al viaggio, fonda una grande compagnia di estrazione dei metalli. La famiglia Taiyang fugge dal Partito Cinese e sviluppa una dominanza tecnologica sul satellite, a suon di intelligenze artificiali sempre più avveniristiche, spingendo ricerca e tecnologia ben oltre le soglie raggiunte dai terrestri. Grazie agli Asamoah e ad AKA, il loro complesso sistema di potere, la Luna prende vita sottoterra e produce da sé ciò di cui ha bisogno. Cibo, animali e lussi biologici ancor più bizzarri: tutto prende vita grazie alla manipolazione genetica e alle colture idroponiche. I russi Vorontsov, ritenuti folli persino dagli altri Dragoni follemente ambiziosi, hanno reso possibile l’arrivo dei terrestri sul satellite in prima istanza grazie alla tecnologia detta Baltran, ancora insuperata nel trasportare persone e merci dalla Terra alla Luna e viceversa.

Le grandi saghe familiari si aprono in momenti di cambiamento o crisi: Luna Nuova racconta il tramonto della prima generazione di conquistatori lunari e le traversie che la loro successione al potere comporta. Robert è un fantasma vivente, capace di arrivare a 100 anni solo grazie alla sete del suo risentimento verso i Corta, la famiglia protagonista dell’epopea. L’ultimo grande dragone è stato fondato da una donna, Adriana, la Mano di Ferro, arrivata dal Brasile alla Luna per fare fortuna. Ci è riuscita a carissimo prezzo, grazie a un’intuizione geniale e alla madre di tutti tradimenti lunari. L’impero dei Corta nasce da una pugnalata a quello dei MacKenzie, a una battaglia legale vinta sul filo del rasoio, all’intuizione della fondatrice che tutto l’elio che i jackaroo australiani gettano come uno scarto dell’estrazione dei metalli è in realtà preziosissimo. I Corta creano la loro città lunare, difendono il loro monopolio sull’elio, costruiscono una rete di alleanze che vede ogni dragone guardarsi le spalle dalla Terra – irritata dall’avere così poco controllo sulla Luna – e dal nemico insidioso in seno alle altre famiglie, da fronteggiare insieme agli alleati.

Adriana e Robert sono anziani e guardano con ansia alla loro successione. La Mano di Ferro ha due figli antitetici: Rafa è amabile e possente, l’erede teorico dell’impero, se non fosse che l’eterno secondo Lucas è un diabolico calcolatore infinitamente più dotato per sopravvivere e trionfare nel complesso sistema politico lunare. La situazione di stasi iniziale precipita proprio quando Marina, una terrestre arrivata sulla Luna nel tentativo di far fortuna, entra per caso al servizio di Ariel Corta, geniale avvocatessa del diritto lunare, lontana dalle mire politiche dei fratelli maggiori. Il tentativo sfumato di uccidere Rafa, le immense ambizioni di Lucas e una serie di macchinazioni che – cresciute nel silenzio del risentimento reciproco tra dragoni – prendono il via all’improvviso e all’unisono portano la stasi lunare a precipitare in una discesa a rotta di collo verso il punto di rottura e di non ritorno. La caduta controllata ma vertiginosa somiglia al volo elegante e mozzafiato dell’Aquila della Luna – una delle tante, bizzarre figure di potere lunari – che apre la saga.

In fondo a Luna Nuova, sotto una lunga scia di sangue, sesso e tradimenti brucianti, c’è il punto di non ritorno, la distruzione e la disfatta per alcuni, l’effimero trionfo per altri. Nella lotta tra Dragoni – tutti impossibilmente belli, carismatici, dotati, dannatamente sexy – ad andare in frantumi è soprattutto un sistema sociale totalmente nuovo e sperimentale, in una colonia che non è uno stato e non ha nemmeno una vera e propria valuta. La Luna di Ian McDonald è l’ibridazione folle tra comunismo più utopico e liberismo più sfrenato; aliena, precaria, nuova, perfetta a modo suo.

Sotto i colpi di scena ad effetto e il ritmo forsennato da best seller, Ian McDonald non ha perso un briciolo della sua ambizione di narratore dalle grandi visioni sociali e dalla grande scrittura. In Luna Nuova però si concede l’eccesso e il colpo di mano, confezionando un progetto assolutamente visionario eppure occultato sotto le vesti di un romanzone un po’ commerciale che si legge davvero tutto d’un fiato sotto l’ombrellone.

La tranquilla sicurezza di Ian McDonald, che qui sa di poter creare personaggi da amare e odiare con ardente intensità e vicende perfette per i ritmi televisivi, riceve poco dopo una nuova conferma. Il suo ambizioso progetto ha già intercettato l’attenzione dei canali via cavo statunitensi e i diritti sono stati prontamente acquisiti. Mentre sulla sua Luna tutto precipita, Ian McDonald si conferma più padrone che mai della sua abilità letteraria, delle sue visioni fantascientifiche e delle sue gentili concessioni agli sviluppi da romanzone appassionante di genere.

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Luna Nuova è attualmente disponibile in due versioni: come volume singolo della collana Urania (ebook) o nella titan edition della Trilogia, che raggruppa in un unico volume i tre romanzi di Luna.
Questo articolo è apparso originariamente sul blog di Elisa, Gerundiopresente, dove trovate anche un’interessante intervista con Ian McDonald. 



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