La presente per informarVi degli eventi inerenti la ricomparsa inopinata della Obra Dinn, come da Vostra precedente richiesta.
La nave mercantile varata a Londra nel 1796 e di proprietà della Compagnia delle Indie Orientali ha prestato servizio fino al 1802, anno della sua misteriosa sparizione mentre faceva rotta verso il Capo di Buona Speranza. Suddetta nave riappariva in data 14 ottobre 1807 a largo del porto di Falmouth, visibilmente danneggiata in molte delle sue parti e completamente sprovvista di equipaggio.
La settimana stessa – il tempo bastevole ad avviare le pratiche di rito – in una notte tanto fosca da farmi apparire il mondo in bianco e grigio, l’ispettore assicurativo della Compagnia delle Indie Orientali incaricato delle indagini per indennizzi e risarcimenti veniva traghettato fino alla Obra Dinn assieme ad una piccola valigia, che, stando alle informazioni pervenutemi, era appartenuta ad un membro dell’equipaggio. Il bagaglio consisteva del diario di bordo della Obra Dinn e del misterioso dispositivo del cui funzionamento mi avete incaricato di istruirVi.
Trattasi di un manufatto in tutto e per tutto simile ad un normale orologio da taschino, a eccezion fatta per la macabra decorazione incisa sul dorso della cassa (quale gentiluomo vorrebbe un teschio ridente sul proprio segna-tempo?) e per la sua funzione. L’oggetto in questione infatti si rivela del tutto inservibile nell’impiego che normalmente si riserva agli orologi. Questo perché la sua funzione si esplica non nel segnare il lineare e irreversibile scorrere del tempo di noi vivi, quanto piuttosto nel riavvolgere quello terminale e ciclico dei morti. Non è un caso che il suo inventore (la cui identità mi guardo bene dal rivelare in questa missiva) gli abbia dato il nome di “Memento Mortem”.
Vi prego di non chiedermi ulteriori dettagli sulla natura di questo prodigioso oggetto, tutto ciò che so l’ho appreso osservando l’uso che ne faceva l’ispettore assicurativo sulla Obra Dinn; nella fattispecie, il funzionario si accostava al cadavere di un membro dell’equipaggio, estraeva il suo cronografo e premeva un bottone posto in cima al quadrante. Da quel momento in poi, l’ispettore si paralizzava e poteva rimanere in quello stato di immobilità per interi quarti d’ora. Quando tornava in sé e il suo corpo si rianimava, il ligio investigatore annotava sul diario i progressi ottenuti grazie a quella pratica, che oso accostare ad un vero e proprio rituale, dove un resto mortale veniva sacrificato per un frammento di conoscenza.
Devo confessarVi che osservare di nascosto quell’uomo investire tanta dedizione nell’indagine, nello studio di ogni particolare da tutti i punti di vista possibili, ha suscitato in me un sentimento di autentica simpatia; l’essere spettatore della messa in atto di tali capacità deduttive e, diciamolo pure, di un tale genio, senza mai scomporsi da quell’aria impiegatizia di comune funzionario assicurativo mi ha sinceramente emozionato e mi ha indotto a riflettere sulle grandi storie che ci ritroviamo a vivere, su questi straordinari eroi in cui sovente ci immedesimiamo e dalle cui azioni dipendono le sorti di mondi e galassie non siano dopotutto meno avvincenti di una vicenda dal perimetro circoscritto come questa della Obra Dinn. Ma perdonate la divagazione.
Ora dopo ora, l’indagine assorbiva l’ispettore tanto da farlo somigliare ad un’anima dannata, intanto che la nave ne assorbiva l’essenza, rendendolo di fatto il sessantunesimo membro dell’equipaggio. [OMISSIS] Detto ciò, mi congedo nella speranza di avervi convinto dell’eccezionalità di questo strumento e delle potenzialità ludiche e narrative nel caso in cui il Memento Mortem dovesse entrare in Vostro possesso.
 
Umilmente vostro.
FDP


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