Per la recensione mi sarei potuta fermare al caricare l’immagine di copertina perché la forza dirompente di Terminator: Dark Fate è tutta lì, racchiusa nel campo magnetico generato da due protagoniste straordinarie: Linda Hamilton e Mackenzie Davies prendono sulle loro spalle tutto il peso di un franchise che dopo Judgement Day ha arrancato attraverso altri tre progetti ciascuno dei quali è naufragato nel tentativo di tirare fuori qualcosa da una storia priva di una reale mitologia e quindi difficile da espandere. Salvation ha avuto dalla sua alcune intuizioni interessanti, ma anche in quel caso la pellicola è collassata sotto il peso di un’ambizione priva di un reale obiettivo.

James Cameron, tornato a occuparsi attivamente della sua creatura, ha avuto l’avvedutezza di optare per quello che i fan della saga avevano già deciso in cuor loro da tempo: fingere che dopo Terminator 2 non fosse stato realizzato nessun altro seguito. Dark Fate è quindi il secondo sequel ufficiale della saga e va a inserirsi cronologicamente dopo i fatti narrati da Judgment Day.

La seconda intuizione di Cameron è stata quella di volere di nuovo Linda Hamilton. Il regista ha raccontato di aver convinto l’attrice a riprendere il ruolo di Sarah Connor dopo quasi trent’anni dicendo:You can come back and show everybody how it’s done“, tra l’altro in aperta polemica con Patty Jenkins e il suo Wonder Woman. Ma questa è una storia per un altro giorno, quello che è importante sottolineare è che Cameron ha capito che Terminator è soprattutto la storia di Sarah Connor perché se la faccia del franchise è quella di Schwarzenegger, il suo cuore pulsante e centro nevralgico risiedono in Linda Hamilton: non a caso due dei tre sequel messi fuori canone non sono stati salvati dalla presenza dell’ex governatore della California, né da quella di una Sarah Connor interpretata da Emilia Clarck all’epoca già popolarissima per il ruolo di Daenerys in Game of Thrones.

terminato dark fate

Terminator Dark Fate è quello che The Force Awakens è per Star Wars, ovvero un modo per declinare, aggiornando, tutto quello che è stato il primo film da cui si è originato il franchise, ma se Star Wars può contare su un intero universo, Terminator è essenzialmente la storia di una persona in fuga da qualcuno, o meglio qualcosa, che vuole ucciderla. Il paradosso temporale, il terminator di Schwarzenegger, l’evoluzione di Linda Hamilton e gli effetti speciali che hanno segnato un’epoca hanno reso le prime due pellicole iconiche permettendo a Judgment Day di entrare nell’esclusivissimo club formato dai pochi sequel all’altezza, se non superiori, al film originale che seguono. Ma per tirare fuori da queste premesse un intero ciclo di film si è finito solo per sfilacciare l’idea originaria fino a svuotarla di fascino e attrattiva.

La strada per questo ritorno è stata dunque quella di rimettere in scena il primo film, anche se i toni sono del secondo, puntare tanto sul ritorno dei protagonisti storici – Hamilton e Schwarzenegger – quanto sui nuovi volti, e la Grace interpretata da Mackenzie Davis è una di quelle scelte benedette dagli dei del casting. Natalia Reyes, al contrario, è carina e in parte ma ben lontana dal lasciare un segno indelebile anche se l’aver inserito una storyline che desse risalto ad attori e attrici di origine latina è un altro segno di quanto Cameron e il regista Tim Miller abbiano saputo puntare non solo sugli elementi giusti per aggiornare la saga, ma farlo anche nel migliore dei modi.

terminator dark fate

Non entrerò nei dettagli di una trama esile che però riserva almeno due sorprese da scoprire in presa diretta, vi anticipo però che in un paio di occasioni, una in particolare, è il caso di mettere al minimo il volume dell’attività cerebrale per poter continuare a godere di questo spettacolo appassionante ed elettrizzante.

Purtroppo i numeri al botteghino parlano di un mezzo flop ed è quindi probabile che l’idea di sfornare una trilogia a (ri)partire da Dark Fate resti lettera morta, e questo è un peccato perché dopo aver ritrovato una Linda Hamilton così in forma non vorresti più lasciarla.



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Mara Ricci

Serie tv, Joss Whedon, Jane Austen, Sherlock Holmes, Carl Sagan, BBC: unite i puntini e avrete la mia bio. Autore e redattore per Serialmente, per tenermi in esercizio ho dedicato un blog a The Good Wife.

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