Una delle ragioni del ritardo di questa recensione, rispetto alla data di uscita del film, ha sicuramente a che fare sia con la noia che ha accompagnato la visione, sia con l’amnesia intervenuta nel post visione. Chiariamoci subito, Crudelia (Cruella, Craig Gillespie, 2021) l’ultimo live action targato Disney – incentrato sull’ “esegesi riabilitativa” dei villain storici – è un prodotto ben realizzato, studiatissimo, accattivante – almeno sul piano della vendibilità – mentre si rivela poverissimo se si guarda al costrutto narrativo, composto da figure prive di struttura ed evoluzione e perlopiù contraddistinte da una schematicità emotiva e una rigidità comportamentale impossibili da compensare anche attraverso le prove attoriali più brillanti (Stone e Thompson).
Inamidati nei loro bei costumi o alterati dal bisturi virtuale della CGI, nulla sembra andare in direzione di una costruzione (o decostruzione) dell’habitus – accorgimento fondamentale se si intende dar credito all’intera operazione, o se si vuole quantomeno offrire un/a protagonista credibile – al contrario tutto sembra ruotare attorno alla fiacca idea che la cattiveria, ereditata o meno, sia una scelta che ti colloca nel mondo e definisce il tuo stile. Più il secondo che il primo se riconosciamo che il film, di stile, altro non è che un mero esercizio. Lo si avverte anche nella gestione della colonna sonora catchie, ricca di pezzi pop orecchiabili inseriti – con piglio pubblicitario – senza alcun rispetto per le atmosfere e/o le dinamiche narrative, risultando così tanto slegati dal contesto, quanto fastidiosamente ruffiani.
La sceneggiatura è contrassegnata da momenti di estrema e vacua enfatizzazione e tempi morti dall’attrito stridente, in cui le incalcolabili ripetizioni (di gag trite, di primissimi piani sugli sguardi malefici, di soluzioni telefonatissime) finiscono per compromettere un assetto teatrale (fatto di spazi chiusi, fondali fiabeschi, costumi magnifici, movimenti coreografati) assolutamente curato e gradevole, catturato mediante una regia opportunamente meccanica (quando non del tutto imprigionata dai suoi stessi schematismi).
Il problema del film – a mio avviso evidentissimo – risiede nell’incapacità di operare una vera scelta di campo, anche quando il tracciato sembrerebbe segnato e scontato (da un film d’animazione prima e un live action meno ambizioso ma più centrato dopo), cavalcando un’ambiguità espressiva che si trasforma presto in una più generale mancanza di coraggio che fa di Crudelia uno shottino di Joker (Todd Phillips, 2019) diluito in un barile di Il Diavolo veste Prada (David Frankel, 2006) a cui manca sia lo “spirito” ardito (del primo), sia il “bilanciamento” appagante (del secondo).
Insomma, nonostante i suoi interminabili 134 minuti, Crudelia non risponde mai alla domanda scottante posta dalla sua stessa esistenza: come ha fatto Estella a trasformarsi in Cruella (la scuoiatrice di cuccioli de La Carica dei 101)? Non è dato saperlo, ma forse i dalmata se la sono un po’ cercata…
Il formato composito che la Disney ha scelto per raccontare il passato di Cruella e offrire una spiegazione plausibile al suo delirante futuro – diversamente da quello approntato per il buon Maleficent (Robert Stromberg, 2014) – appare disorganizzato, frammentato e drammaticamente inerte, e visto che la stessa non è in grado di accogliere e abbracciare l’oscurità che sempre meno convincentemente minaccia lungo tutto il film, tanto valeva farne un musical in cui annegare (con mestiere e raziocinio) gli scomodi e ingestibili “cattivi sentimenti”
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