Leggere oggi Y: L’ultimo uomo di Brian K. Vaughan e Pia Guerra fa un effetto piuttosto straniante. Perché è chiaramente una serie di un’altra epoca (la pubblicazione è iniziata nel 2002 in USA, da noi la sta ristampando Panini), ma tratta un tema divenuto centrale nel dibattito pubblico negli ultimi anni (la cosiddetta questione di genere), eppure lo fa con una sensibilità dei primi anni 2000. Un bel corto circuito, che tuttavia non impedisce alla saga post- apocalittica pubblicata sotto l’etichetta Vertigo di risultare tuttora attuale, al punto da meritarsi un adattamento seriale su Disney+ iniziato in questi giorni.

La storia raccontata da Y: L’ultimo uomo è quella di Yorick, l’ultimo essere umano dotato di cromosoma Y rimasto sulla faccia della Terra dopo l’inspiegabile e truculenta morte di qualunque altro esponente di sesso maschile, avvenuta di colpo e in contemporanea sull’intero pianeta. Yorick è giovane, o forse sarebbe meglio dire immaturo, è appassionato di magia (ma sarebbe meglio dire evasione o escapismo), figlio di una rappresentante al Congresso, e mentre il mondo crolla lui sta per chiedere alla sua ragazza Beth, che si trova in Australia, di sposarlo. Poi il sangue inizia ad uscire dalle teste di uomini e animali di sesso maschile, e Yoricksi ritrova l’ultimo uomo al mondo, in compagnia di Ampersand, la sua scimmia, anch’essa maschio. 

In realtà, a questa coppia di maschi sopravvissuta all’apocalisse del cromosoma Y bisognerebbe aggiungere un terzo uomo: lo stesso Brian K. Vaughan autore della serie. Y: L’ultimo uomo è il racconto della fine (violenta e forzata) del patriarcato, osservata però attraverso gli occhi di un uomo. Vaughan sposta nel modo più drastico possibile lo scettro del potere nel campo da gioco delle donne, ma continua a filtrare la narrazione di questa nuova società femminile e femminista attraverso gli occhi di uomini: i suoi e quelli dei suoi due protagonisti. Ancora una volta, un bel corto circuito per un lettore del 2021. 

Y: L'ultimo uomo

L’altro elemento straniante che accompagna la serie a fumetti di Y: L’ultimo uomo  per tutti i 60 numeri che la compongono è il tono leggero, da commedia più che da dramma apocalittico, lontanissimo da quello di un’altra saga che raccontava a fumetti in quelli stessi anni la fine del mondo e con cui abbiamo ormai molta più confidenza: The Walking Dead. A differenza dei personaggi della serie di Kirkman, appesantiti e trasformati dall’avvento degli zombie, Yorick non sembra più di tanto toccato dal destino toccato ai suoi simili. Nemmeno il fatto di essere diventato di colpo oggetto di interesse, a vari livelli dal sentimentale al sessuale, di buona parte della popolazione mondiale lo tange più di tanto: lui è innamorato di Beth e vuole raggiungerla in Australia per chiederle di sposarlo. Anche se ciò dovesse significare l’estinzione della razza umana: è questione di priorità. 

A definire un tono per la serie, a cavallo tra l’approccio scanzonato alla vita di Yorick (non a caso il nome del giullare nell’Amleto) e il dramma delle vicende che si dipanano intorno a lui, ci pensa il tratto grafico di Pia Guerra, artista che si occupa dei disegni per l’intera durata della serie. La disegnatrice canadese ricorda a tratti Mark Bagley, storico disegnatore di un lungo ciclo di Spider-Man, ma senza le esagerazioni anatomiche: le proporzioni sono corrette, i volti espressivi, ma mai esagerati, e gli scenari votati a chiarezza e realismo. In questo senso Y: L’ultimo uomo era già (quasi) una serie tv su carta, grazie anche alla concezione molto televisiva dei dialoghi di Vaughan , fatta di sagaci botta&risposta che accompagnano i frequenti colpi di scena ad effetto, nascosti di frequente dietro un cambio di pagina.

Y: L'ultimo uomo 

A definire però Y: L’ultimo uomo come una serie del suo tempo è soprattutto l’approccio con cui Vaughan approfondisce un mondo popolato – e soprattutto governato – solo da donne. La serie costringe a fare i conti con una realtà che diventa esplicita nel momento in cui gli uomini vengono cancellati dall’equazione: il potere nella nostra società è un attributo prevalentemente maschile. La morte improvvisa e contemporanea di tutti i maschi (tranne uno) porta alla sparizione della quasi totalità della classe politica mondiale, ma anche di altre categorie determinanti come quella dei dirigenti aziendali, dei soldati e dei piloti d’aereo. 

Nel mondo post apocalittico di Vaughan però la fine del patriarcato non ha portato maggiori dosi di giustizia sociale, ma ha solo amplificato le differenze dettate dalla disparita sociale economica e razziale: Gli Stati Uniti che riscopriamo insieme a Yorick nel flash forward che segue di due mesi l’estinzione maschile sono ancora attraversati da un profondo caos, inevitabile anche solo considerando gli ingorghi autostradali causati dalla morte al volante di migliaia di persone, ma tuttora divisi. 

Il governo è in mano a una donna, la più alta in grado rimasta in vita, una sotto-segretaria all’agricoltura, mentre le moglie dei repubblicani morti sono pronte a mettere a ferro e fuoco il Congresso per reclamare i seggi dei loro mariti. Nel paese invece, che Yorick attraversa in cerca di scienziate che possano analizzarlo e scoprire cosa l’abbia salvato, bande di amazzoni dal seno auto-mutilato controllano con la violenza il territorio, mentre intere categorie di donne devono inventarsi una nuova occupazione perché la precedente si basava sull’interesse maschile per i loro corpi. 

In questo senso l’analisi avrebbe potuto essere più profonda o radicale: oggi per me che scrivo è davvero difficile ragionare su Y: L’ultimo uomo senza farmi domande che riguardino la differenza tra sesso biologico, orientamento sessuale e identità di genere, o immaginare il destino delle persone transessuali in una società in cui il cromosoma Y si è estinto: tutti temi che Vaughan nella migliore delle ipotesi sfiora, ma molto più spesso ignora del tutto, al punto che lo stesso autore oggi si ripromette di approfondirli meglio nella trasposizione televisiva in cui è coinvolto in prima persona. 

Eppure non per questo Y: L’ultimo uomo si rivela una lettura meno interessante, perché di fondo vuole raccontare altro, ed è comunque istanza lecita, e in secondo luogo consente un punto d’osservazione privilegiato sulla rapida e repentina evoluzione dell’attenzione e del peso che negli ultimi due decenni abbiamo riservato a tematiche divenute oggi di fondamentale importanza per chiunque ambisca a leggere, comprendere, decifrare, ma soprattutto migliorare la società in cui tutti viviamo. 

 

 

 



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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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