Ottimamente diretto e interpretato, CODA (acronimo per Children of Deaf Adults) non ha nulla di nuovo da offrire, ma un po’ di tutto da mostrare: è un greatest hits di ogni coming of age e family drama a lieto fine possa venire in mente. La freccia in più al proprio arco è la rappresentazione delle persone non udenti, comunità quasi mai presa in considerazione dall’industria cinematografica. Ma per quello che ci mostra il film, a conti fatti, l’essere una famiglia di non udenti complica sì il normale svolgimento delle attività quotidiane, ma mai quanto il non avere una situazione economica stabile: essere poveri è un fardello peggiore e ben più invalidante di qualsiasi altro handicap.
Gloucester, Massachusetts. La storia è quella di Ruby Rossi (una bravissima Emilia Jones), unica udente di una famiglia di non udenti. La piccola attività – un peschereccio – che il padre manda avanti con l’aiuto della protagonista e del fratello maggiore rischia di essere economicamente strangolata dagli intermediatori che giocano al ribasso sul prezzo del pesce. La ragazza ha abbandonato da tempo l’idea di poter accedere a un college e vede il suo futuro speso a salvare e, possibilmente, rilanciare l’attività di famiglia.
A scuola, dove Ruby è un facile bersaglio di risatine di scherno, il suo unico sostegno è l’immancabile migliore amica, compendio di tutti i cliché della tipa sopra alle righe che non ha peli sulla lingua. A completare il quadro, la presenza del love interest: il classico bellino di buona famiglia che apparentemente non ha nulla a che spartire con la protagonista finché entrambi non entrano a far parte del coro della scuola. L’insegnante di canto spunta la casellina del professore flamboyant che intuisce il talento della protagonista.
Nell’arco delle due ore di film non c’è una sola svolta narrativa che non sia largamente anticipabile, sia nel contenuto che nello svolgimento, e perfino alcune inquadrature (la scena del provino, ad esempio) sono identiche nella composizione del frame a mille altre. CODA, però, si erge al di sopra di prodotti medi della stessa categoria di appartenenza grazie alle interpretazioni di un cast particolarmente azzeccato, così come è risultata appropriata e opportuna la scelta di scritturare attori realmente non udenti, al contrario di quanto accaduto per La Famille Bélier, il film francese del 2014 al quale CODA si ispira.
La bravura di Marlee Matlin non la scopriamo oggi, ma è una piacevole conferma vederla in un ruolo che gioca molto sul registro comico, così come sull’autoironia, soprattutto nelle scene condivise con Troy Kotsur, attore con una solida esperienza teatrale alle spalle che con questo ruolo ha raggiunto il pubblico mainstream raccogliendo nel mentre candidature e premi. Il film ha quindi di fatto lanciato due nuove star: la bravissima Emilia Jones e Kostur per l’appunto.
A Sian Hedler, regista e sceneggiatrice, va comunque dato atto di essere stata attenta a evitare derive ruffiane, anche nei momenti più emotivamente carichi del film, ma il suo merito maggiore è l’aver messo in scena una storia di persone non udenti, piuttosto che una storia su persone non udenti. Peccato essersi limitata a una compilazione accademica della scaletta da eseguire.
Il film, dopo aver fatto il pieno di consensi e premi in occasione dell’edizione 2021 del Sundance Film Festival, è stato oggetto di una gara al rialzo tra Netflix ed Apple+, con quest’ultima che l’ha spuntata per la cifra record di 25 milioni di dollari. Investimento lungimirante vista la pioggia di candidature e premi, inclusa la nomination come miglior film agli oscar. .
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