Un teschio in primo piano, dettaglio della cover di Glitch.

La copertina di GLITCH di Officina Infernale per Feltrinelli Comics.

La buona notizia è che abbiamo sconfitto la morte. La cattiva è che non ci sono altre buone notizie. Nel futuro di Glitch, graphic novel di Officina Infernale (aka il padovano Andrea Mozzato) pubblicata da Feltrinelli Comics, i medicinali sovvenzionati dal governo hanno risolto il problema del trapasso, riducendo l’invecchiamento a un inganno. L’esterno è una sconfinata pista di volo per droni, che consegnano a domicilio tutto ciò di cui ciascuno ha bisogno, mentre l’umanità vive sicura al chiuso. La brama di violenza però non è scomparsa, ma è stata sintetizzata nell’Hypertube e relegata nei ghast frame, sadiche e soddisfacenti rievocazioni digitali di massacri reali.

Carlo Mayer è un arzillo 86enne nel corpo di un rude cinquantenne (sempre quella storia dell’invecchiamento superato…), ama definirsi un giornalista vecchio stampo, ma la realtà è che per necessità o per rassegnazione si è ormai piegato al nuovo andazzo. La sua vita si mantiene su un equilibrio sottile, sull’orlo del licenziamento per l’ennesimo pezzo in perenne ritardo, finché il suo contatto abituale non lo mette su una pista promettente, talmente promettente da condurlo prima a un pacco stranamente caduto da un drone, poi a un omicidio reale, vero, in carne, ossa e un sacco di sangue. L’omicidio di una divinità pop, per altro, che sarebbe stata comunque condannata a vedere la sua flebile fiamma di notorietà esaurirsi in breve tempo, per proseguire la sua esistenza però in un lago di autocommiserazione, non di sangue sgorgato dalla sua gola. Solo uno della vecchia scuola come Mayer può pensare che sia tutta una coincidenza.

Ci sono opere nella carriera di un artista che segnano un punto di rottura. Officina Infernale è un nome noto dell’underground fumettistico italiano e Glitch è il suo punto di rottura, l’opera esplosiva che lo rivela a un pubblico ampio, in cui il suo percorso artistico giunge a una maturazione attraverso uno strappo netto, brusco, brutale, come il suo Mayer, come il suo Glitch. Lo stile grafico è sporco, ruvido, contaminato da alterazioni grafiche, punta alla sintesi, ma lo fa graffiando. La scrittura è pulp, nervosa, ma salda sui punti fermi del genere riletti in chiave cyberpunk e perfettamente plasmati su una estremizzazione credibilissima del presente. 

Glitch è un’altra delle tante, ottime, graphic novel proposte da Feltrinelli Comics, etichetta che sotto l’abito istituzionalizzato (nella promozione, comunicazione e commercializzazione) della casa madre, cova un animo irrequieto, curioso, molto spesso anche sperimentale. Il merito senza dubbio va riconosciuto a Tito Faraci, che ha saputo prestare il suo nome come garanzia in avvio dell’avventura per preparare la strada a uno stuolo di fumettisti giovani e/o emergenti, energici iconoclasti che ingannano col vestito buono e colpiscono l’animo borghese del fumetto italiano: l’etichetta Comics è la Roman Roy della grande famiglia Feltrinelli.


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Claudio Magistrelli

Pessimista di stampo leopardiano, si fa pervadere da incauto ottimismo al momento di acquistare libri, film e videogiochi che non avrà il tempo di leggere, vedere e giocare. Quando l'ottimismo si rivela ben riposto ne scrive su Players.

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