Ci sono film che nascono grandi. Perché si occupano di temi importanti, o perché sono tecnicamente avanzati o perché sono esteticamente magniloquenti. Poi ci sono i piccoli film, quelli che per diventare grandi hanno bisogno di tempo, di crescere nella memoria collettiva. Capita poi che questi film, occupandosi di situazioni, personaggi e sentimenti semplici e spesso naif, finiscano col trasformare in autentiche gesta anche i gesti più comuni. Anzi, più gli avvenimenti narrati saranno ordinari e insignificanti, più la loro scalata verso l’immaginario risulterà sublime, facendo guadagnare loro una peculiare dignità. E’ senz’altro il caso del piccolo film e oggi oggetto di culto che proprio in questi giorni festeggia il suo trentesimo compleanno, un film che ha trasformato il semplice bigiare la scuola in quell’atto eroico capace di innescare epiche avventure: Una Pazza giornata di vacanza (Ferris Bueller’s Day Off, John Hughes, 1986). Con tutta probabilità, prima di questa pellicola, marinare la scuola era appannaggio di outsider e delinquentelli con ben altre gatte da pelare…

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Come sia riuscito John Hughes a fare di questo film un autentico cult è difficile dirlo, quel che è certo è che con il suo Ferris – una faccia da schiaffi, quella di Matthew Broderick, assolutamente adorabile – egli ha sdoganato un modello diverso dell’high-school popular student – da sempre incarnato da personaggi frustrati e un po’ stronzi – un modello positivo, quello del liceale amico di chiunque, con una buona parola per tutti, pronto ad assumersi le responsabilità delle sue azioni, ma non prima di aver lottato/giocato contro il fato avverso (naturalmente battendolo). Lungo il film, non a caso, sono disseminate simpatiche dimostrazioni d’affetto, di stima e solidarietà provenienti da numerose persone e istituzioni, da quelle più vicine alla scuola fino a quelle più estranee – la Facoltà di lettere e filosofia, lo stadio di baseball, il quotidiano di Chicago, la stazione di polizia, etc. – che contribuiscono, man mano che la storia procede, a enfatizzare e comicizzare la fama di Ferris Bueller. Si tratta di una trovata iperbolica capace di trasformare l’ordinario in straordinario e un giorno di vacanza in un’impresa eroica, con una donzella da salvare (da tediose lezioni), un amico da spronare alla battaglia (timoroso del padre), un vigoroso destriero da cavalcare (una Ferrari 250 GT California Spider), un’arma da brandire alla conquista del mondo (un microfono) e un cattivo da sgominare (il preside della scuola).

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Alla stessa maniera del teatro epico, Hughes opta per un effetto straniante della recitazione, che se da un lato tiene lo spettatore lontano dall’immedesimazione, dall’altro mette in risalto lo speciale statuto del protagonista. La narrazione è spesso spezzata dal ricorso all’interpellazione. Non di rado, infatti, Ferris guarda in macchina, si rivolge allo spettatore – qui destinatario complice – affermando la sua esistenza dentro e fuori la storia, esprimendosi in quanto personaggio e narratore, burattino e burattinaio degli eventi e quindi, contemporaneamente, vittima e deus ex machina della narrazione.

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Il tutto, poi, è rafforzato dalla sapiente fotografia di Tak Fujimoto, che assegna a Ferris una caratterizzazione di prestigio all’interno dell’inquadratura, tutta giocata sull’illuminazione, sui cambi di fuoco e sui frontali – tecnica poi riutilizzata anche in molti film di Demme e Shyamalan a seguire. Le ragioni di siffatta costruzione – già affrontate all’interno del pezzo dedicato ai film sugli adolescenti – hanno poco a che vedere con quelle politiche del teatro epico, ma tradiscono la medesima ambizione, quella cioè di opporsi criticamente alla narrazione tradizionale, scandita nei suoi tempi e nei suoi spazi, per dare maggior respiro alla soggettività, a “una visione in cui i crucci e i desideri dell’adolescenza rappresentano una faccenda abbastanza urgente”.

E’ proprio su queste trovate e queste modalità espressive che si fonda la comicità e l’originalità di Una Pazza giornata di vacanza, un film che ha raccontato meglio di qualunque altro il lato leggero l’adolescenza, e che oggi continua a raccontare il magico e sconfinato potere della gioventù.



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