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Occorre una premessa: se è vero che questo articolo si occupa, in generale, della simulazione nel mondo dei videogiochi (e quindi della più o meno recente “ondata” di vari “simulator”), è altrettanto vero che non si occupa della funzione sociale che tali simulatori stanno assumendo nel panorama del medium. Ciò significa che non sarà questa la sede per indagini sociologiche sulle degenerazioni di certi usi di un mezzo comunicativo, e quindi non approfondirò la questione delle campagne di crowdfunding per determinati titoli, che hanno attirato le attenzioni di molti, sia in positivo che in negativo. Ad assolvere questo compito ci hanno già pensato diversi articoli, come l’interessante approfondimento di Simone Tagliaferri. Tornerò comunque sull’argomento, almeno per specificare i titoli contro cui molti si sono scagliati (con ragioni differenti, con motivazioni più o meno pregnanti, centrando più o meno il bersaglio, il nocciolo della questione).

Quella che mi interessa proporre qui è una rivalutazione del “Simulator”, una discussione che cerchi di non banalizzare la questione . Spesso i giochi che riportano nel titolo diciture come il suddetto “simulator” tendono ad allontanare una fetta di giocatori piuttosto consistente, per motivi differenti: molti si tengono alla larga da questo settore per semplice pregiudizio, considerando a prescindere tali prodotti come scarti, rifiuti che non meritano attenzione. Che cosa ci sarà mai di divertente nell’essere un operaio di un’impresa di demolizione? Il divertimento c’è, ma il pregiudizio vince. Altri invece, e la questione ci interessa particolarmente in questo caso, vedono con “ironia” ogni simulatore che viene pubblicato. Ironia non necessaria, perché alcuni, molti se vogliamo, di questi titoli non sono assolutamente ironici. L’argomento è più importante di quanto potrebbe apparire, come vedremo, e riguarda il videogioco in generale. Vorrei riuscire a superare la “barriera del sorriso” nell’approccio a questo “genere”, proponendo invece uno sguardo analitico, che sezioni i giochi in questioni e vada a capire quali sono le meccaniche che effettivamente regolano il funzionamento delle opere simulative. Questo varrà sia per le simulazioni “serie” (in particolare ci soffermeremo su Street Cleaning Simulator e Car Mechanic Simulator 2014: una scelta estremamente personale, in quanto una selezione, nel “mare magnum” dei mestieri virtuali, è ontologica, più che necessaria, dal momento che i titoli sono veramente molti e non è possibile provarli tutti. Due titoli, comunque, basteranno a comprendere meglio le caratteristiche cui accennavo), quanto per quelle volutamente “ironiche” (come Goat Simulator, di cui ho già avuto modo di parlare). Uno sguardo che vada oltre il contenuto, per guardare alle dinamiche d’interazione. Il “divertissement” lo lascerò a Youtube e ai sostenitori di un certo modo di fare “critica” videoludica, quello da migliaia di visualizzazioni e poche unità di riflessione.

Euro Truck Simulator 2 Game
Euro Truck Simulator 2.

Due sono le caratteristiche che stanno alla base dei titoli a cui facevo riferimento: l’accettazione dell’errore e la valorizzazione dei tempi morti. Per quanto riguarda la seconda “proprietà”, emblematici sono i casi dei succitati Street Cleaning Simulator e Car Mechanic Simulator 2014.
Il primo, come facilmente intuibile dal titolo, mette il giocatore nei panni di un operaio intento a tenere pulite le strade di una piccola città. Il sistema di controllo si concentra ovviamente sull’uso del veicolo deputato alle pulizie stradali: il giocatore deve dunque “studiare” il funzionamento del veicolo ed imparare ad utilizzarlo, intervenendo su marce, fanali, accensione del motore, freno a mano, luci d’emergenza, cassone ribaltabile e quant’altro. È presente una prima fase d’apprendimento, dunque, come ci darà modo di sottolineare ancora meglio il secondo titolo in esame.

Street Cleaning è costruito tenendo bene a mente il principio già enunciato della valorizzazione dei tempi morti. L’attesa e la pazienza nello svolgimento del lavoro costituiscono il fulcro del gioco. Il veicolo ha una velocità piuttosto ridotta, e ogni segmento di strada necessita di una certa quantità di tempo per una pulizia completa. Rivalutazione del concetto di pausa, di vuoto interattivo. Di “interazione sul nulla”. Il lavoro non ha orari prestabiliti e non è una “corsa contro il tempo”, è fondato semplicemente sul divertimento, sul piacere del lavoro svolto in tutta calma. Un lavoro che, tra l’altro, valorizza anche l’apparentemente semplice compito dell’esistenza virtuale. La macchina (e la macchina intesa sia come veicolo, sia come macchina ludica) ha i propri tempi, che vanno rispettati ed accettati. Ma la macchina ha anche i propri limiti, limiti che vanno egualmente compresi e, perché no, apprezzati, anche per l’onestà con cui vengono esibiti. Il bug, pur presente e talvolta frequente in Street Cleaning, non arriva mai ad inficiare l’esperienza di gioco: la convivenza con l’errore diventa una serena condivisione di imperfezioni, una pacifica accettazione dell’alterità propria del mezzo utilizzato (di nuovo, mezzo inteso sia come veicolo, sia come medium). Il controllo totale è impedito al giocatore, che deve “soggiacere” ai limiti della creazione.

Street Celaning Simulator Game Bugs 2
Street Cleaning Simulator.

Il parallelo, solo superficialmente assurdo, che si potrebbe istituire, è quello con un grande gioco del passato, che merita di essere ricordato più di quanto non si faccia ora (e non solo per i motivi oggetto di discussione in questa sede…): Seaman, di Yoot Saito (Dreamcast, 1999). Il gioco si incentrava sul rapporto con una strana creatura, un pesce dal volto umano, con cui interagire per mezzo di un microfono, grazie al quale impartire comandi e fare domande alla creatura “che partecipa di due nature diverse”, per dirla con Savinio. Seaman non era direttamente sottoposto al controllo del giocatore, che aveva la funzione di interlocutore con un essere “altro”, appunto, e indipendente. Dunque, come si diceva poco sopra, accettazione dell’indipendenza della macchina, delle sue richieste e delle sue volontà. Non controllo diretto, ma interazione come tentativo di dialogo, reciproco scambio e relazione tra differenti entità. Il mezzo sfugge alla totale e soverchiante potenza della “mano invisibile” del giocatore (fintamente?) onnipotente, il mezzo si fa “anarchico”. E di conseguenza anarchico si fa il rapporto con esso. Un simile uso dell’interattività “castrata” è rintracciabile anche in altre opere, più o meno conosciute: tra quelle meno note vale la pena di citare Room Mania #203 (sempre per Dreamcast, 2000), un simulatore di divinità in cui il giocatore-dio non poteva far altro che condizionare le scelte di un uomo comunque indipendente. Un titolo decisamente più noto è il recente Tomodachi Life di Nintendo, in cui i Mii del giocatore non sono direttamente controllabili, ma “vivono di vita propria”.

Seaman Dreamcast Testo 2
Seaman: un acquario, una wunderkammer d’interazione fondata sul rispetto dell’altro essere vivente e delle sue volontà.

Il secondo titolo proposto è Car Mechanic Simulator 2014. Il “contenuto” del gioco è facilmente prevedibile (ed è la parte che, paradossalmente, meno mi interessa trattare), ma è ancora una volta il funzionamento dell’oggetto a meritare attenzione. Di fatto ci si ritrova nei panni di un meccanico alle prima armi e, dopo un breve tutorial che lascia volutamente molte “lacune”, si studiano veicoli differenti per comprenderne la struttura e i problemi, e per operare di conseguenza. Ogni veicolo può essere smontato e separato nelle singole parti che lo costituiscono, può essere frammentato e ricomposto, alla ricerca del problema da risolvere. Non ci sono molte indicazioni sul “come” e il “dove” operare, il giocatore è lasciato a se stesso. Alla macchina. E la macchina è un essere complesso che va analizzato con cura, un essere indipendente che si impone al giocatore e a cui il giocatore stesso si deve “assoggettare”. Anche qui la pazienza riveste un ruolo fondamentale, poiché non vi sono limiti temporali di sorta e lo studio approfondito richiede una certa quantità di tempo da investire.

Conviene tirare in causa uno splendido romanzo-saggio, datato 1974, in grado di illuminare ancora di più la questione, ovvero Lo Zen e l’Arte della Manutenzione della Motocicletta, di Robert Pirsig. L’autore si concentra sul rapporto che l’uomo dovrebbe intrattenere con la tecnologia, un rapporto di studio attento in virtù di un “coltello analitico”, di un bisturi critico che seziona il reale in parti (costituenti un sistema complesso) e che scopre le relazioni tra i “frammenti” guardando alla “forma soggiacente”, dunque alla struttura razionale che compone un’architettura meccanica (ed elettronica!). Servirebbe un raffronto sistematico tra Lo Zen e Car Mechanic per poter apprezzare tutti i punti di contatto tra le due opere, ma un paio di esempi possono bastare. Nel libro Pirsig si scaglia contro certi giovani meccanici che ascoltano la radio sul lavoro e che non possono, di conseguenza, capire quali problemi abbiano i motori su cui operano: Car Mechanic mette a disposizione una radio in officina, che può essere liberamente spenta o sintonizzata su musica generalmente “rumorosa”. Il gioco lascia dunque la possibilità di scegliere che rapporto avere con la macchina, quale approccio avere alla professione. Sembrano dettagli marginali, ma così marginali non sono, soprattutto se si analizza questa frase estrapolata dal testo: “ Il Buddha, il Divino, dimora nel circuito di un calcolatore o negli ingranaggi del cambio di una moto con lo stesso agio che in cima a una montagna o nei petali di un fiore”. Un riferimento, dunque, a quella calma, a quella accettazione dell’attesa di cui parlavamo. Quella attesa che la macchina richiede per essere compresa.
Tutto senza considerare, poi, la componente metavideoludica insita in questa produzione. In breve: giocare a un videogioco richiede sempre una fase di apprendimento, un periodo di durata variabile in cui si apprende il funzionamento del mondo di gioco. E, in più, il videogioco in quanto tale è una struttura numerica e matematica che può essere analiticamente scomposta e ricomposta, “fatta a pezzi” e poi rimontata dal “coltello analitico” della ragione. E provvedere virtualmente alle riparazioni meccaniche è proprio questo, cioè intervenire su una struttura (quella del veicolo), mentre si interviene su un’altra struttura, la “forma soggiacente” elettronica. Ovvero il videogioco in sé.

Car Mechanic Simulator 2014 Game
Una funzione non ancora presa in considerazione: conoscere meglio ciò che spesso si dà per scontato. “L’uomo nuovo desidera l’automobile e ne gode; però crede che sia un frutto spontaneo di un albero edenico” (J. Ortega y Gasset, La Ribellione delle Masse)

Dell’altra caratteristica “tipica” dei simulator si è detto ancora poco: la convivenza con l’errore. È questo un principio portato alla massima espressione da Goat Simulator, che abbandona la componente di realismo simulativo in favore di un mondo aperto all’imperfezione e al bug. Il titolo è un continuo scontrarsi con gli errori del gioco, studiati per essere vivibili e, addirittura, divertenti. Un’operazione non dissimile da quella proposta da altri titoli indie piuttosto recenti, come Surgeon Simulator, il valido e sconosciuto Ampu-Tea (qui la mia recensione), Grezzo 2 e Octodad. Tutti giochi che fanno del limite un vantaggio e trasformano l’elemento negativo per eccellenza del mondo videoludico nel proprio fiore all’occhiello.

Si accennava in apertura al superamento dell’ironia, pure molto presente nei titoli appena elencati. Ciò non significa che il ruolo dell’elemento comico, parodistico e talvolta “polemico” venga negato, ma in questa sede si è voluto scoprire (è ancora un semplice tentativo) quali fossero le caratteristiche alla base di certi prodotti oltre la loro presentazione e il loro contenuto. Si è cercato di proporre una riflessione sul funzionamento, sui meccanismi regolativi di queste realtà.

Surgeon Simulator 2013 Testo
Surgeon Simulator 2013 e le sue impossibili operazioni chirurgiche.

In quest’ottica, e l’affermazione potrebbe apparire forte, addirittura insensata agli occhi di alcuni, si arrivano a capire certi progetti come Tree Simulator e Rock Simulator (che, come sottolinea Chris Priestman nel bellissimo articolo Rock Simulator 2014 and the Persistence of the Anti-game, non sono i primi esperimenti del genere, se si pensa a Elevator Simulator o a Sitting Simulator, e l’elenco potrebbe continuare a lungo, risalnedo addirittura al 1991 con Brick Sim, di Sensible Software). Andando oltre la “patina” della parodia al genere, si scopre che in realtà il “simulatore di albero” e il “simulatore di roccia” non sono altro che l’estrema conseguenza di una sottrazione al medium, l’estremo risultato di quella valorizzazione dei tempi morti di cui si è tanto parlato. Tutto il gioco diviene “tempo morto”, diventa un grande vuoto colmato dai cambi di visuale su un mondo spoglio. In questo non c’è nulla di male, anzi. Il negativo si può riscontrare, semmai, nel modo in cui tali opere hanno ottenuto successo: questi lavori sono stati osservati solo dal punto di vista del “divertissement”, quello che, purtroppo, ha decretato il successo non tanto degli “originali”, quanto degli innumerevoli epigoni di queste idee. Di fatto Rock Simulator ha raccolto appena mille dollari per la campagna su Indiegogo, non certo una cifra astronomica, a fronte del guadagno accumulato dall’esercito dei cloni che, vista la risonanza, ha invaso le piattaforme di crowdfunding. Un successo non dovuto a una riflessione sul medium, ma all’ilarità scatenata da un “cazzeggio”. Guardando le cose da questo punto di vista, ci si sottrae anche all’ingiusta attribuzione a Goat Simulator della “paternità” su questo genere di produzioni. Goat Simulator sfruttava la proprietà dell’accettazione nei confronti dell’errore videoludico, Tree e Rock Simulator sono “figli” dell’estremo ampliamento della pausa, dell’assenza videoludica. Dal “simulatore di capra” i suddetti simulatori d’albero e roccia prelevano solo un aspetto contenutistico, non strutturale, quello legato alle risate suscitate da una situazione d’assurdo. L’elemento più facile da evidenziare per attirare visualizzazioni sul proprio canale Youtube. E la “colpa” sta tutta nel modo in cui questi lavori sono stati discussi, modo che ha portato poi alle degenerazioni di cloni prodotti sulla scia del successo altrui al solo scopo di guadagnare. Un modo di affrontare realtà nuove che si combatte parlando della struttura profonda delle cose, non rimanendo agli aspetti “superficiali”.

Tree Simulator Treeloaded Oculus Rift
Tree Simulator: Treeloaded, in versione Oculus Rift.


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Gabriele Raimondi

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